Slogan e riforme

di Francesco Baicchi - 05/07/2014

Le strategie comunicative di Renzi sono ormai assolutamente uguali a quelle del miglior Berlusconi d'annata: ripetizione ossessiva di slogan non dimostrati, affidata a unatruppa di frequentatori dei talk show. Prima o poi tutto diventa credibile e quindi vero: 'l'Europa ci chiede le riforme' (si, ma certo non quelle istituzionali), 'cambiamo verso' (ma si continua a fare regali agli evasori e alle banche, a ignorare il conflitto di interessi e a legittimare il più ricco pregiudicato d'Italia), eccetera .

L'ultima trovata è: 'negli ultimi venti anni non si è fatto niente, ora noi facciamo le riforme'.

In realtà il presunto immobilismo degli ultimi decenni è il risultato della resistenza (anche se con la r minuscola) del Paese all'attacco eversivo della malavita organizzata, collusa con settori dello Stato i cui contorni sono ancora da definire, alla guerra economica promossa dalla grande speculazione internazionale (ricordate i giochini sullo spread?), al tentativo di cancellare i presidi di legalità, solidarietà, eguaglianza scritti nella Costituzione nel nome del sacro ‘mercato’.

Certo gran parte della 'casta' politica, anche del cosiddetto centro-sinistra, su questi temi non ha brillato per efficacia. Ma fortunatamente un pezzo importante dello Stato, la Magistratura, dai tribunali ordinari alla Consulta, ha in genere continuato a svolgere la funzione che la Costituzione le ha assegnato: giudicare imparzialmente anche i potenti, difendere la propria autonomia, valutare la coerenza costituzionale delle norme.

Un impegno che non è accettabile sottovalutare, costato vite umane, carriere spezzate, tentativi di delegittimazione anche sul piano personale, cui si è affiancata una buona parte del mondo della cultura, dell’arte, dei cittadini più responsabili.

Negli ultimi anni forse non sono state fatte grandi 'riforme', ma in fondo è stato meglio, visto l’interesse esclusivo dei governi berlusconiani per i problemi giudiziari dell’ex-cavaliere e l'esito della modifica del Titolo V, che ora si vuole cancellare insieme a buona parte delle conquiste degli anni '70 del secolo scorso, quando le riforme si sono fatte davvero e nell'interesse dei cittadini meno fortunati.

Siamo però riusciti a rimanere una democrazia e abbiamo evitato di ritornare a un regime autoritario e accentrato il cui ritorno i Padri Costituenti (quelli veri, del 1946) cercarono di rendere impossibile.

Ora questa strana maggioranza trasversale sta annunciando mirabolanti 'riforme', una al mese.

Speriamo che nella fretta non si finisca semplicemente con l'accettare l'involuzione autoritaria, il dilagare della criminalità (soprattutto finanziaria) e l’esplosione delle sperequazioni sociali da cui siamo riusciti sin qui a difenderci.

Rinunciare alla difesa della Costituzione e accettare semplicemente i testi di legge nati dagli accordi segreti di Renzi con Berlusconi è certo più facile, ma, rimanendo nel clima calcistico in auge di questi tempi, sarebbe come fare un autogol per evitare i tempi supplementari.

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