Uscire dalla Storia

di Francesco Baicchi - 03/01/2015

Il 7 gennaio, praticamente fra poche ore, il Senato dovrà esaminare nuovamente la proposta di nuova legge elettorale che il Presidente del Consiglio e Segretario del PD vuole approvata con la massima velocità, o, come dice Lui, col massimo ‘ritmo’. Volontà che corre il rischio di trovare attuazione, vista la attuale composizione del Parlamento, costituito grazie a una legge dichiarata incostituzionale perché non consente ai cittadini di esercitare la sovranità riconosciuta loro dall’articolo 1 della Costituzione.

La nuova legge manterrebbe sostanzialmente gli stessi caratteri di incostituzionalità della precedente, consentendo la deformazione della volontà espressa dagli elettori fino a rischiare di capovolgerla e potrebbe assegnare la maggioranza della (unica) Camera a un partito che abbia ricevuto una percentuale minima di voti al primo turno, purché sia arrivato secondo e il primo non abbia ottenuto almeno il 45% dei voti, consentendogli di partecipare al ‘ballottaggio’, valido qualunque sia il numero degli elettori partecipanti. Inoltre prevede che molti degli eletti siano sottratti alla valutazione degli elettori grazie alla priorità assegnata ai capilista, scelti dalle segreterie dei partiti, e la possibilità che un’alta percentuale di votanti non sia rappresentata nell’assemblea a causa del meccanismo delle ‘soglie’ e del ‘premio’ che, assegnando al vincitore molti più seggi, li sottrae alle altre forze politiche.

La sostanza della sentenza n.1/2014 della Consulta viene così elusa, in una visione che privilegia una discutibile ‘stabilità’ (tutta da dimostrare, viste le divisioni interne anche agli stessi partiti) al criterio essenziale e irrinunciabile della rappresentanza democratica, sconfinando in una prospettiva presidenziale e autoritaria che contraddice i fondamenti della nostra Costituzione.

Se appare comprensibile, anche se non accettabile, la scarsa attenzione di gran parte della opinione pubblica sottoposta al bombardamento mediatico-propagandistico di quasi tutti i mezzi di informazione, impegnati in una gara accanita a chi dedica più tempo agli annunci, ai proclami, perfino ai twitter e alle vacanze di Renzi, meno giustificabili appaiono le esitazioni di esponenti politici che continuano i loro esercizi di contorsionismo fra la critica verbale e il rifiuto di una indispensabile unità di tutti coloro che nella difesa delle Istituzioni democratiche potrebbero trovare un denominatore comune.

La percentuale ormai altissima degli astenuti ha dimostrato che il degrado morale e l’arroganza dei attuali professionisti della politica rischia di cancellare la credibilità degli stessi meccanismi democratici; dovendo scegliere fra le attuali proposte del quadro politico, sempre di più sono gli elettori che si rifiutano di dare il proprio avallo a quella che è ormai una oligarchia impegnata a ridisegnare ‘regole del gioco’ per la propria auto-conservazione.

E’ invece indispensabile recuperare una piena coscienza delle conseguenze di questa deriva autoritaria, anche per opporsi efficacemente alla involuzione di una Europa colpevolmente asservita a un modello di sviluppo suicida e alle logiche liberiste della finanza internazionale, per rilanciare, come accaduto nell’ultimo dopoguerra, un grande movimento di civiltà, che rimetta al centro della cultura politica pace, solidarietà, eguaglianza, giustizia come fondamenta di una nuova convivenza e di un impegno comune per la salvezza del pianeta.

Gli effetti della nuova legge elettorale, minando alla base i principi costituzionali e sottraendo ai cittadini il diritto alla autodeterminazione, rischiano di andare ben al di là di una, già grave, esplicita concentrazione del potere, soffocando nel nostro Paese quella ricerca di alternative culturali e civili che si sta diffondendo e acquistando dimensioni significative in molte altre Nazioni. Sarebbe come uscire dalla Storia.

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