Sono certo di non essere l’unico a vivere questo momento come un incubo e a chiedermi come sia possibile uscirne, mentre siamo sottoposti a un continuo bombardamento mediatico di annunci trionfalistici del governo (spesso seguiti da sommesse smentite) e il parlamento procede a tappe forzate in direzione di un regime centralistico e autoritario, sotto la spinta di poteri opachi e eversivi.
Un parlamento che, è bene ricordarlo, non rappresenta la volontà degli Italiani, perché, grazie ai meccanismi incostituzionali della legge ‘Calderoli’, vede quasi raddoppiata la rappresentanza di un partito che non è nemmeno uscito primo dalle urne, avendo ottenuto meno voti del M5S.
Un parlamento in cui circa 300 membri hanno cambiato bandiera almeno una volta, dominato da una maggioranza che sta realizzando un programma opposto a quello presentato alle elezioni del 2013 e composta prevalentemente da personaggi interessati solo a mantenere il più a lungo possibile i loro privilegi.
Mentre la disastrosa approvazione di una nuova legge elettorale (incostituzionale come la precedente), che cancella ogni rapporto fra elettori e eletti assegnando alle segreterie di partito il potere di nominare i propri fedelissimi, rende irrilevante anche la crescente espressione di dissenso da parte di aree sempre più vaste della opinione pubblica rispetto a un mosaico di ‘riforme’ coerenti nel rimuovere l’aspirazione a una società giusta e solidale su cui è nata la nostra Repubblica, democratica e antifascista.
In questi giorni in Senato assistiamo alla recita di una grottesca caricatura della democrazia, che nasconde con l’apparente rispetto formale delle procedure la continua violazione dei regolamenti e della stessa Costituzione, che viene progressivamente demolita.
In questo quadro appare ogni giorno più evidente la responsabilità delle forze, anche di sinistra, che non hanno saputo o voluto opporsi efficacemente a una involuzione, che, a partire dagli anni ’90, ha esasperato la degenerazione dei partiti in comitati elettorali, interessati solo alla occupazione dello Stato e alla gestione del potere economico che ne consegue. La corruzione dilagante, la difesa corporativa di personaggi eticamente indifendibili ma in grado di garantirsi voti in aree opache della nostra società, i protagonismi individuali che hanno impedito la nascita di un soggetto politico aggiornato e realmente alternativo, hanno consentito la prevalenza di una classe dirigente spesso impresentabile e priva di un reale consenso popolare.
L’esplosione dell’astensionismo ne è l’effetto più visibile.
Ora le conseguenze sociali della crisi del sistema economico-finanziario internazionale rischiano di rendere non più sufficiente la pur indispensabile difesa delle istituzioni democratiche, che hanno inevitabilmente perso credibilità in alcuni strati della nostra società, tentati da sempre dalla figura del leader che decide per tutti, tagliando i tempi e le incertezze del confronto parlamentare.
Di fronte al susseguirsi di scelte sbagliate di governi, che, pur con le oggettive distinzioni, non hanno saputo far fronte efficacemente al dramma della disoccupazione, alla crescita delle disuguaglianze e al dilagare della illegalità, può non bastare più evidenziare i rischi della cancellazione degli spazi di pluralismo e partecipazione, e della trasformazione in senso accentrato e autoritario delle nostre istituzioni: è ormai necessario contestare sistematicamente nel merito i disastrosi provvedimenti dell’attuale esecutivo e la loro trionfalistica narrazione, presentare proposte diverse, credibili e efficaci, dimostrando l’esistenza di una alternativa politica praticabile e potenzialmente vincente.
Compito questo che non può efficacemente essere svolto dai protagonisti degli ultimi decenni, che ne portano, sia pur differentemente, la responsabilità.
E’ indispensabile che i tentativi in corso di costruire un fronte unitario di opposizione portino finalmente alla emersione di una nuova classe dirigente, competente e responsabile, eticamente inattaccabile, che dimostri di non interpretare l’impegno politico come professione privilegiata, capace di costruire una piattaforma comune non basata solo sullo scambio e sulla composizione di temi identitari, che renda efficacemente espliciti i rischi connessi con lo stravolgimento irreversibile in atto del nostro sistema parlamentare e restituisca dignità al confronto delle idee.
Per uscire dall’incubo.