Altri analizzeranno i numeri. Io vorrei tenermi su un livello diverso di riflessione, perché è vero, sì il «dato è netto, chiaro e inequivocabile», come scrive il Fatto Quotidiano e a Napoli il PD tracolla, ma la disfatta, è questo che mi interessa, non giunge «nonostante la presenza ossessiva di Matteo Renzi in città», come scrive il giornale di Travaglio. E’ proprio il contrario: la disfatta giunge soprattutto per le ripetute scorribande di Renzi, dei suoi ministri e di un alleato contro natura come Verdini. La disfatta nasce da un problema culturale, prima ancora che politico. Renzi è troppo ignorante e guitto per capire Napoli e Napoli è una città che respinge nauseata chi non la capisce.
Con Renzi è andata come spesso va con i professori che hanno la puzza sotto il naso nelle scuole di periferia: i ragazzi lo sentono a pelle, si coalizzano, mirano tutti allo stesso bersaglio e i professori diventano lo zimbello degli alunni. E’ giusto così e i docenti non hanno scelta: se ne devono andare. A Napoli puoi comprare per fame lazzari e disperati, ma quella è prostituzione e devi saperlo: l’amore non te lo danno. L’amore non si compra. Renzi non lo sa e nemmeno s’è sforzato di capirlo: Napoli non ama i fanfaroni pericolosi. E’ una città di mare con una storia antica. E’ smaliziata, furba, ma soprattutto intelligente. Se minacci si scansa, se circuisci diffida, se ti fai sprezzante si ribella e ti mette a posto. Qui, da noi, il Fürher diventò «’o furiere» e la sua armata prussiana, che si credeva invincibile ed era soprattutto barbara, s’illuse di averci in pugno. «’O furiere» ci affidò a un colonnello, proprio come Renzi ci ha mandato un commissario, e pensò di averci fregati. Era il 12 di un settembre lontano, il colonnello raccontò frottole alla Marchionne, grande amico di Renzi, promise lavoro in Germania, chiese disciplina, minacciò punizioni per i riottosi, proprio come s’è fatto con Mimmo Mignano e i suoi compagni operai, ma poco più di due settimane dopo, il 28 settembre, i tedeschi si trovarono circondati da un’intera città. Com’è accaduto a Renzi il 5 giungo, il colonnello commissario scoprì che Napoli è una fabbrica di dignità. Quattro giorni di lotta, poi l’invincibile armata contrattò una resa senza onore con un popolo che aveva fatto di ogni vicolo una fortezza.
Renzi non ha studiato, è un «furiere» da operetta, un caporale travestito da generale che a Napoli non ha radici, né storia. Troppo pieno di sé per capirlo, non ha sentito il campanello d’allarme che sveglia l’Italia e non a caso lo batte un uomo colto, onesto, che s’è fatto le ossa combattendo i colletti bianchi e le mafie di Stato, un uomo che sa di diritto, ama la libertà, difende la Costituzione e ha governato bene una città difficile senza un centesimo e con mille nemici esterni. Un politico eletto e non è poco in un Paese che Roma governa con «portoghesi» e «abusivi» senza mandato popolare. Un uomo che si è sempre sottoposto al vaglio degli elettori. Un napoletano di qualità, che vale mille volte più del pupo fiorentino.
Mi spiace per il giornale di Travaglio,
ma non sono d’accordo. il PD perde soprattutto perché lo guida Renzi con
l’arroganza, l’ignoranza e la violenza di Renzi. Poi, certo, c’è anche
la forte responsabilità del partito. A luglio, davanti Santa Chiara, il
PD è stato avvertito. Io c’ero e sono stato chiaro. Più chiaro di me
quel giorno fu Luigi De Magistris: Renzi vi porterà alla rovina, ma non
consentirò che distrugga Napoli. Mi ricordo la gente: fummo costretti a
intervenire ripetutamente per consentire agli esponenti del PD di
parlare. Non vollero ascoltare. E’ venuto il momento di farlo. E’ venuto
il momento che siano loro, i giovani del PD soprattutto, a chiedere che
il partito si metta in regola con la democrazia, a rompere sulla
questione della Costituzione, che è decisiva per il futuro del Paese.
Ho un sogno: i giovani del PD che si rivoltano contro la nostra stampa e
le chiedano di piantarla con la disinformazione. I giovani del PD
consapevoli del fatto che, prima ancora di Renzi, più responsabile del
bambolotto fiorentino è, se possibile, la «grande stampa» napoletana,
che in cinque anni è riuscita in un’impresa quasi impossibile: scendere
al di sotto del livello praticamente osceno di quella nazionale, che su
180 Paesi, è piazzata al 77° posto, ed è fanalino di
coda dell’UE, avanti solo a Cipro, Grecia e Bulgaria. E’ una stampa
grande soprattutto per spudoratezza, una stampa che s’è inventata una
narrazione delirante, un incubo che l’ha intrappolata: il sindaco
Masaniello, il sindaco ciarlatano, il sindaco della pista ciclabile, il
sindaco, il sindaco, il sindaco… Mario Appelius si sarebbe vergognato.
Siano i giovani del PD i primi a dirlo: questa stampa non serve a nessuno, nemmeno al PD. Fa bene solo ai Caltagirone di turno.