....Io non credo, come ha scritto ieri il direttore de "Il
Mattino" che quello di Renzi, a proposito della elezione di Sergio
Mattarella alla presidenza della Repubblica, sia un "paso doble", in
poche parole un capolavoro politico. Penso piuttosto che sia stato dettato
dalla disperazione di vedersi sparire gran parte del PD, considerando anche il
suo continuo calo di consensi.
Lo so, può apparire paradossale quel che dico, con l'osanna di tutta la stampa nazionale e locale. Eppure, il ragionamento non è astruso: quando si parla di minoranza del PD che cosa si intende? Si indica solo il numero di coloro che siedono in Direzione? Quanto territorio è ascrivibile a tale minoranza? L'astensione dell'Emilia Romagna alle ultime elezioni regionali dovrebbe già da sé dare una risposta ed essere indicativa della opposizione di gran parte del partito a Renzi.
Dopo l'elezione del capo
dello stato, forse molti pensano che il premier abbia un progetto di lunga
gittata per il paese e non un navigare a vista, giorno dopo giorno, cosa di cui
personalmente sono convinta, dati gli immani problemi dell'Italia. Problemi che
non possono essere risolti con enunciazioni da imbonitore, allo stesso modo di
come faceva Berlusconi.
A questo punto, il prodotto di quella "scelta
disperata", ovvero Mattarella, contrariamente a Napolitano, di sicuro non
lo asseconderà nelle sue disinvolte "riforme" per cui ha necessità
dell'alleanza con la destra, qualsiasi essa sia e perciò anche non
berlusconiana, mentre rimarrà intatta la spaccatura all'interno del PD.
Allora
Renzi farà autocritica sulla sua scelta, tenterà di azzerare ogni opposizione
interna, ma non avrà molte vie di scampo rispetto ad una situazione creata da
lui stesso ed alla quale non potrà porre rimedio, se non quello di
"cacciare" i suoi oppositori interni. Non a caso "Il
Mattino" di Napoli, quotidiano notoriamente governativo, ad impronta
democristiana tramite il suo direttore, Alessandro Barbano, ieri dichiarava che
il premier deve evitare che l'asse della maggioranza si sposti a sinistra.
Ma il direttore de "Il Mattino" si spinge molto al di là, parlando di una compiuta transizione ideologica, verificatasi allorché la minoranza del PD si è ricompattata sul nome del presidente della Repubblica, di fatto annullandosi. E aggiungerei io: "dando vita così ad un grande monocolore democristiano?" Le cose, nel nostro paese, sono molto pù articolate e complesse di quanto spera ed auspica "Il Mattino" ed anche il commentatore meno avveduto può pensare che tutto sia stato normalizzato dalla elezione di Mattarella. Adesso comincia un non fiorito sentiero per Renzi.
Di seguito l'articolo del Mattino di Napoli
Il
paso doble del premier e il dovere delle riforme
PER APPROFONDIRE: quirinale; colle; sergio mattarella;
di Alessandro Barbano
Un
paso doble improvviso ma non inatteso, 665 voti nell'urna, che sono quasi un
plebiscito, ed ecco il miracolo. Adagiando Mattarella sul Colle, Renzi in una
sola mossa ha «smacchiato il giaguaro» e ha «chiuso la ditta». Ha domato il
Cavaliere in maniera definitiva e ha azzerato la residua ipoteca postcomunista
sulle istituzioni. È riuscito in un'impresa che più generazioni di leader della
sinistra hanno sognato negli ultimi vent'anni senza mai portare a segno. Ma,
perché il suo capolavoro di tattica si traduca in una strategia politica di
respiro, il premier deve evitare che l'asse della maggioranza si sposti a
sinistra e che il cammino delle riforme si fermi. Perciò il difficile viene
adesso.
La democrazia italiana s'è mossa, in pochi giorni, di molti anni. L'elezione di
Mattarella combacia, come una faccia sovrapposta, con l'esclusione di tutti gli
ex segretari diessini. Cancella l'anomalia italiana per cui, dopo la caduta del
muro di Berlino e a differenza di ciò che accadde negli altri Paesi europei,
gli sconfitti della storia continuarono a sentirsi, e in parte ad essere,
egemoni a sinistra. Sta qui il valore simbolico della mossa di Renzi: il
compattamento della minoranza Pd coincide con il superamento della sua
identità.
La transizione ideologica è compiuta. Al pari di quella politica. Perché lo
sgambetto a un Cavaliere convalescente non prova solo l'inevitabile dose di
cinismo di una leadership che s'impone a un'altra, ma smaschera anche gli
ultimi fantasmi della vecchia sinistra. A chi storceva il naso indignato sugli
incontri del Nazareno, Renzi ha dimostrato che, dialogando con l'avversario, ha
scavalcato di slancio il muro contro cui per vent'anni i suoi predecessori
hanno sbattuto la faccia. L'archiviazione dell'antiberlusconismo è anche
l'archiviazione di Berlusconi. Il premier ha insegnato alla sinistra che la
pretesa ed esibita intransigenza di marca berlingueriana era un totem di
cartone. Perché con gli avversari, e talvolta anche con i nemici, si tratta.
Renzi ora non dimentichi che con i vinti non si stravince.