Retaggio
del fascismo, il Concordato continua a essere la palla di piombo che
pesa sullo Stato italiano in un eccellente paradosso di soggezione
consenziente. Il Concordato, infatti, legittima il Vaticano a esercitare
una sovranità indiretta sugli organi istituzionali della Repubblica e a
propagare su essa un illimitato potere di controllo politico-sociale,
per giunta ricevendo anche lauti finanziamenti per questi privilegi.
In
origine nella Chiesa c’era lo scandalo del Discorso della Montagna.
Oggi lo scandalo è la montagna di miliardi, che il Vaticano accumula con
i finanziamenti prelevati dalle imposte degli italiani, con quelli per
l’istruzione cattolica, con le esenzioni dal pagamento di consumi
energetici e smaltimento rifiuti, con la dispensa da imposte e tasse
sulla miriade delle sue redditizie attività commerciali: miliardi non
pagati sull’imprenditoria turistica (si pensi solo all’Opera
pellegrinaggi), sugli immobili di proprietà ecclesiastica adibiti a
scopi commerciali, come ex-conventi ed ex collegi trasformati in case di
cura, centri sportivi, case di riposo, residenze, pensionati... nonché
in lussuosissimi alberghi a più stelle. E sono solo alcuni esempi!
Eppure
il Vaticano non è certo povero come il Vangelo a cui si ispira
vorrebbe. Tralasciando lo Ior e i suoi affari internazionali, solo sul
territorio della Repubblica italiana possiede un immenso patrimonio
immobiliare che costituisce il 20% di quello dell’intera nostra Nazione.
Si pensi ad esempio, che solo la Congregazione di Propaganda Fide (ex
Sant’uffizio) a Roma possiede ben 725 fabbricati con circa 2000 uffici e
appartamenti per un valore commerciale stimato in 9 miliardi di euro.
Eppure
l’Italia grazie al Concordato continua a essere – la più grande
benefattrice del Vaticano, anche nel compiacerlo nei confessionali
dictat su famiglia, sessualità, riproduzione, testamento biologico,
diritti civili... e tanto altro ancora.
Poteri economici,
politici e sociali della Chiesa inestricabilmente s’intrecciano
nell’incompiuta separazione tra Stato e Chiesa, che avviata
infaticabilmente dalla classe dirigente liberale post Unità d’Italia
veniva arrestata da Mussolini, l’ateo Mussolini, che alla Chiesa l’11
febbraio 1929 regalava i Patti lateranensi, ovvero «Il Concordato».
Questi
comprendevano: - un Trattato che proclamava «la religione cattolica
come sola religione dello Stato», vietando - in una strutturale
defezione di sovranità da parte dello Stato italiano - ogni qualsivoglia
«ingerenza da parte del governo italiano nella Santa Sede» a garanzia
della «assoluta indipendenza nella sua missione»; - un Concordato per
regolare «le condizioni della religione e della Chiesa in Italia», ma
dove i diritti erano tutti per la Santa Sede; - una Convenzione
finanziaria, che caso unico nella Storia, vedeva lo Stato vincitore a
Porta Pia (20 settembre 1870), l’Italia, impegnarsi a risarcire la Santa
Sede «per la perdita del patrimonio di San Pietro». Insomma lo Stato
chiedeva scusa per essersi ripresa Roma, mettendo fine anche al potere
temporale della Chiesa (come noto edificato per altro sul falso storico
della Donazione di Costantino, opera della curia vaticana nel Medioevo.
Il
Concordato era «l’alleanza fra il manganello e l’aspersorio» come la
definì il libero pensatore Ernesto Rossi. Il fascismo cercava la
benedizione papalina, utile ad attenuare agli occhi delle masse il suo
totalitarismo, chiarissimo finanche ai ciechi dopo l’assassinio di
Giacomo Matteotti (mandante Mussolini); la Chiesa rilanciava il suo
sogno teocratico, anche grazie alle rendite che lo Stato italiano le
avrebbe garantite, e che il governo Mussolini inaugurava versando al
Vaticano in contanti ben 750 milioni di lire (circa 600 milioni in
euro), a cui aggiungeva anche «un consolidato del valore nominale di 1
miliardo di lire» (circa 800 milioni di euro).
Pio XI esultava e commentava: «Ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare!».
I
Patti lateranensi venivano propagandati “dall’uomo della provvidenza”
come sanatoria della «questione romana». Già, la «questione romana»! Il
cruccio di Garibaldi e di tanti patrioti per essa morti nelle battaglie
per la presa di Roma, che per il giovane Regno d’Italia dalla sua
proclamazione (1861) aveva significato il compimento dell’Unità
d’Italia, che il Concordato chiamava adesso «risarcimento» ribaltandone
la storia.
Il Regno d’Italia, se proprio si volesse usare il
termine «risarcimento», l’aveva già operato con la Legge delle
Guarentigie del 13 maggio 1871, con cui il Vaticano era sovrano
nell’area che lui stesso si era data, e riconoscendo al papato esenzioni
tributarie e numerose proprietà immobiliari, assicurandogli anche, per
il sostegno del clero, ben 3.225.000 lire annuali rivalutabili. Una
cifra stratosferica per l’epoca!
Il fascismo crollava, ma il suo
Concordato restava, macchia nera sulla Costituzione repubblicana, anche
se non è parte integrante, ma solo menzionato, come ha ricordato nel
1971 la sentenza n° 30 della Corte Costituzionale stabilendo che esso
«non può avere forza di negare i principi supremi dell’ordinamento
costituzionale dello Stato». Il che significa che l’applicazione del
Concordato è subordinata comunque e sempre al supremo valore
costituzionale della laicità dello Stato! Cosa che, politici
chierichetti spesso e volentieri mettono tra parentesi.
Nel 1984
il patto concordatario era rinnovato per volontà del capo del governo
Bettino Craxi, che s’impegnava nella restaurazione socio-politica post
’68, e per questo offriva alla Chiesa l’opportunità di riconquistare il
terreno perduto in una società sempre più laicizzata e secolarizzata,
che otteneva con le sue lotte leggi di civiltà: dal divorzio alla
legalizzazione della pillola, al nuovo diritto di famiglia,
all’interruzione volontaria di gravidanza, allo Statuto dei diritti dei
lavoratori....
In questo contesto anche il Concordato era ritenuto
superato e nel Paese cresceva la mobilitazione per la sua eliminazione
anche all’interno del mondo cattolico.
Di contro, il rinnovo
craxiano, offriva alla Chiesa un formidabile trampolino per tornare a
permeare la società italiana: «riconoscendo i principi del cattolicesimo
parte del patrimonio storico del popolo italiano». Una formulazione che
legittimava in tutto e per tutto quella sovranità indiretta che già il
Concordato mussoliniano aveva consentito al Vaticano, tributando
addirittura, adesso, una pariteticità Stato-Chiesa nella «reciproca
collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese».
Dove
in quella «promozione dell’individuo» si ribadiva l’identità di essere
umano con l’essere cattolico, con cui la Chiesa da S. Paolo ai nostri
giorni giustifica il suo universalismo.
Con la revisione
craxiana del Concordato, l’emancipazione della nostra Repubblica dal
Vaticano, richiesta dal paese reale si allontanava ancora una volta.
La
religione cattolica, non più religione dello Stato italiano (questo
veniva espressamente affermato), paradossalmente lo permeava come parte
integrante del popolo.
La Chiesa veniva riconosciuta puntello della
Nazione, fulcro dell’identità-nazione di ogni cittadino. Un falso
ideologico, che legittimava la Chiesa a parlare non solo a nome e per
conto dei suoi fedeli, ma addirittura per tutti gli italiani.
Anche
ben oltre il nuovo “uomo della provvidenza”, unti dal signore e coorti
di untorelli all’olio santo, si lanciavano, e si sarebbero lanciati
negli anni, per erogare sempre più privilegi e fiumi di denaro alla
Chiesa vaticana. Si pensi al sistema paritario d’istruzione introdotto
nel 2000, che apriva al finanziamento delle scuole private, elevandole a
“paritarie”. Un paradosso giuridico per aggirare la Costituzione che
individua nella scuola statale un proprio organo costituzionale, e per
questo esclude con quel «senza oneri per lo Stato» all’articolo 33 che
le scuole private posano essere finanziate col pubblico denaro. Oppure
si pensi all’immissione in ruolo nel 2003 degli insegnanti di religione
cattolica, che pur continuando a dipendere in tutto e per tutto dai
vescovi - tranne che per lo stipendio da sempre a carico dello Stato, e
per giunta più alto di quello degli altri docenti - adesso possono
finanche transitare su altre cattedre e posti dirigenziali. (Insomma, le
“infinite vie del signore” passano per quelle clientelari vaticane!)
Il
nuovo Concordato del 1984, fin dalla sua promulgazione evidenziava il
vergognoso favoritismo di Stato almeno per due sfacciati meccanismi: Il
prelievo fiscale dalle imposte degli italiani pro Chiesa cattolica (8 ‰)
e quello della facoltatività dell’insegnamento della religione
cattolica (IRC).
Il primo era quel perverso e truffaldino
meccanismo dell’8 ‰ che spacciava per democrazia la destinazione di
questa quota individuale di imposta sul reddito (Irpef) alla propria
chiesa, ma che in realtà consentiva a quella cattolica di fare l’asso
pigliatutto, grazie all’introduzione di questa formuletta dalla parvenza
garantista: «in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti
la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse».
Allora, nonostante sia solo mediamente un 30% di italiani a firmare pro
Chiesa cattolica, questa minoranza, rappresentando la maggioranza delle
scelte espresse, fa sì che Santa Romana Chiesa arrivi a intascare il 90%
dell’intero 8 ‰ in una moltiplicazione esponenziale di denari, che
attualmente, solo con l’8 ‰, arriva a oltre un miliardo di euro ogni
anno. Inoltre, diversamente da quanto le suadenti campagne pubblicitarie
della Conferenza Episcopale italiana vorrebbero far credere, questo
gruzzolo viene impiegato soprattutto per il mantenimento del clero e dei
suoi apparati. Quindi, anche per il mantenimento delle strutture degli
scandali più disgustosi: dalle centrali dello Ior a quelle della
pedofilia clericale.
L’altro meccanismo riguardante l’ora di
religione nelle scuole statali, propagandato al pari del primo come
libertà di scelta, ha creato nelle scuole lotte di religione
incredibili, con intervento della Magistratura, per arrivare fino alla
Corte Costituzionale, onde consentire a chi non sceglieva l’IRC di non
essere sequestrato a scuola mentre i compagni frequentavano l’ora di
dio.
La Suprema Corte chiariva infatti, non solo la legittimità di
non seguire l’ora di cattolicesimo, ma neppure un insegnamento ad esso
alternativo. (sentenza n°203 del 1989). E la sentenza n° 13 del 1991
avrebbe fissato definitivamente la non negoziabilità dello «stato di non
obbligo» a restare dentro le mura scolastiche.
Vale appena
sottolineare che attualmente, soprattutto alle scuole superiori (licei)
ci sono intere classi dove nessun ragazzo ha scelto di avvalersi
dell’IRC. Ma, mistero della fede, le nomine dei docenti di religione
sono in aumento!
Per uscire da questa e da altre operazioni di
colonizzazione vaticana c’è solo una cosa da fare: abrogare il
Concordato. Per realizzare finalmente la separazione tra stati e chiese,
per la costruzione di mondo senza dogmi né padroni. E la Chiesa il
vizio del dogmatismo e del totalitarismo li ha entrambi.