E adesso Renzexit col No al referendum

di ilsimplicissimus - 26/06/2016

A tutto c’è un limite. E quel limite è stato raggiunto da un ceto politico il cui unico pensiero è la propria stessa esistenza in vita, in poltrona e in affari opachi, che fa mostra della propria subalternità e dunque nullità in maniera tanto palese da dover essere vietato ai minori. E non mi riferisco all’argomento grotesque di Renzi e famiglia allargata secondo cui la catastrofe del Pd è stata causata dal non aver intercettato la domanda di cambiamento e che dunque l’elettorato avrebbe  punito il guappo per non essere stato abbastanza guappo. Queste sono le battute microcefale di un buffone nella tragedia e la loro idiozia non viene meno per il fatto che i cortigiani dei media le ripetano come fossero immacolate perle di saggezza, il vero limite raggiunto consiste nella frenesia con cui dentro il Pd è partito il tam tam per una revisione dell’Italicum perché “era stato pensato in una situazione diversa”. Ovvero quando si pensava che il Pd potesse sbancare e prendere tutto il potere, ma che ora, dopo il bagno di sangue delle amministrative, diventa un pessimo affare che rischia di ridurlo a pattuglia di minoranza.

La governabilità, l’efficienza, la modernità ovvero i pretesti delle “riforme”non erano gli abbagli di modesti politicanti in forma di pappagallo, ma le parole d’ordine di venditori di roba taroccata e ora i piazzisti porta a porta si ritrovano con un movimento 5 stelle forte nel Paese, ma ancora più forte nei ballottaggi che sono la caratteristica precipua della nuova legge elettorale. Dunque la minoranza del Pd chiede un ritorno alle coalizioni per evitare il disastro, anche se è davvero arduo mettere mano all’Italicum prima di conoscere il risultato della consultazione popolare e di capire se conserveremo il bicameralismo o avremo il semi monocameralismo banditesco studiato per conservare il Senato quale camera d’impunità.

Tutto questo è penoso e allo stesso tempo comico, ma presenta anche caratteri da commedia  nera: in realtà al fine di eliminare l’alea di incertezza sui ballottaggi, la cosa migliore per un Pd in picchiata dai fasti delle europee di due anni fa sarebbe paradossalmente quella di lavorare  perché il referendum voluto dall’abominevole ometto di Rignano si becchi un bel No dopodiché tutto l’Italicum dovrà per forza essere rivisto dal momento che i ballottaggi sono un non senso in una logica bicamerale, anzi D’Alema già sembra suggerire questa soluzione. Ma di certo Renzi non può imboccare questa strada  che lo smaschererebbe definitivamente e che accartoccerebbe tutto il suo disegno. A questo punto gli conviene andare avanti, promettere la reintroduzione delle coalizioni ai peones spaventati dalla prospettiva di perdere il posto, ma solo dopo il referendum: rischia grosso, ma se dovesse vincere il Sì al massacro costituzionale avrebbe la grande chances di risucchiare, con la scusa della coalizione contro i cinque stelle, tutta la destra berlusconiana allo sbando e di costituire finalmente il partito della nazione, il quale mettendo assieme generoni de sinistra, maggioranze silenziose e camerati opportunisti potrebbe arrivare a governare senza  ostacoli.

Insomma il renzismo è in bilico, ma non è certo sconfitto e sarà il referendum a decretare l’uscita di scena del guappo e di questo Pd oppure il suo rafforzamento. Come si vede a tutto questo manca un protagonista ovvero la sinistra che da una parte  dona gratis i suoi pochi voti al guappo, ma contribuisce potentemente a conferirgli una ambigua e falsa patina progressista presso un elettorato tradizionale e a fornire una scusa a giornali e tv per creare una polarità politica inesistente . Questo era il discorso  fino a qualche giorno fa, ma con la vittoria del Brexit molte cose possono cambiare: il referendum costituzionale italiano e la legge elettorale legata alla vittoria del Si diventano più importanti, Renzi è stato immediatamente convocato a Berlino (dopo un tavolo bambini con Hollande) per fargli fare la parte di chi ora conta qualcosa semplicemente perché le “riforme” umiliano la Costituzione e la partecipazione democratica, sono dunque una garanzia per tenere l’Italia ben dentro il recito della Ue, senza scossoni o sorprese oggi di certo più possibili dopo il gran rifiuto della Gran Bretagna.  Siccome i tempi sono stretti e non si può cambiare cavallo in corsa possiamo prevedere che Bruxelles eserciterà tutta la sua forza mediatica e di ricatto economico perché dalle urne esca fuori il risultato che auspica e un Renzi rafforzato. Per contro diventerà sempre più evidente chi è il mandante della manipolazione della carta fondamentale e il no al Referendum avrà la posta ulteriore di uno stop ai poteri forti dell’Europa finanziaria, qualcosa di auspicabile anche se per caso si credesse davvero nelle qualità taumaturgiche di quell’ignobile pasticcio di riforma messo insieme.  Insomma il no diventa un Renzexit molto più connotato di prima, intanto perché una sua sconfitta lo priverebbe dei santi nel paradiso della Ue e resistere a Palazzo Chigi diventerebbe più difficile, ma soprattutto perché l’entità della posta in gioco renderebbe difficile una ennesima e indolore sostituzione di palazzo.

Con la Brexit tutto torna in discussione e salvare la nostra Costituzione, cacciare il “governatore” Renzi , Masaniello istituzionale salvo che nei voltafaccia, avrà anche l’effetto di ricominciare il cammino del Paese verso una maggiore autonomia ormai vitale: più si rimane attaccati al cartongesso della Ue più i tempi saranno bui. La Gran Bretagna è uscita per la coincidenza di molti fattori, un voto popolare con valenza di classe da una parte, ma dall’altra anche  una posizione per così dire incerta dell’establishment britannico il quale avverte il cambiamento dei tempi e si prepara ad affrontare un mondo multipolare con parecchi protagonisti nel quale un continente straordinariamente produttivo come l’Europa non può castrasi rimanendo nel recinto americano con Nato ed Ue che ne sono i guardiani.

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