Berlusconi non tollera la limitazione di non potere aggredire la magistratura nella sua “singolare” campagna elettorale da ex-tutto; il suo ex ministro dell’interno Scajola si avvale della facoltà di non rispondere davanti al Gip per l’imputazione di favoreggiamento per la quale la Direzione distrettuale antimafia aveva chiesto l’aggravante dell’art.7 previsto per chi arreca vantaggi alle cosche. Mentre il beneficiato del reato, Filippo Matacena, ex parlamentare di FI, latitante a Dubai per una condanna definitiva per associazione mafiosa ed in procinto di riparare a Beirut, annuncia che ritornerà presto, saluti e baci.
Intanto sempre da latitante in Libano, nella terra promessa dei nostri ex rappresentanti delle istituzioni in fuga dalla giustizia, Dell’Utri ha incassato dalla Cassazione la conferma dei sette anni per concorso esterno e in tempi non brevissimi dovrebbe essere estradato in Italia.
E il giorno dopo gli arresti che hanno riesumato protagonisti di Tangentopoli attivi per un ventennio e perfettamente integrati ed affaccendati nei rispettivi partiti, Pd e FI, come Primo Greganti e Gianstefano (alias Carlo per potersi ricandidare) Frigerio, il commissario unico dell’Expo “tradito” dal suo vice Angelo Paris ha dichiarato di voler dimettersi, ma poi è rimasto al suo posto.
Insieme ai corrotti e corruttori seriali e ad un faccendiere della “statura” di Luigi Grillo (FI), già sottosegretario, e con un ruolo non secondario nell’estate del 2005, in cui la bicamerale degli affari ha tentato di spartirsi banche e grande informazione.
E dalla mole documentale dell’inchiesta emerge di giorno in giorno come la rete affaristica mirasse ancora una volta al filone più appetitoso della sanità e volesse mettere le mani sulla “città della salute”, il megacomplesso che dovrà occupare l’area ex Falk che rimanda immediatamente al sistema di appalti e corruzione di Filippo Penati “il sistema Sesto” e così il cerchio degli affari e mazzette targato Pd si chiude in un perfetto eterno ritorno: Greganti nel 1992, Penati dal ’94 al 2001 da sindaco e poi da Presidente della Provincia e ancora l’eterno “Compagno G” nel 2014.
In casa Pd e soprattutto tra i renziani doc, naturalmente, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, nessun imbarazzo. La linea che sta passando è “Primo Greganti chi?”, un signor nessuno, anche se era nelle prime file alla convention per Chiamparino, e poi come ha rivendicato con orgoglio Edoardo Fanucci, giovane deputato renziano a Nigth Desk su La7: ”Noi non buttiamo fuori nessuno” a differenza naturalmente di quel despota di Grillo, “pronto a tutto e capace di niente per spaccare il Paese”.
E la preoccupazione è semmai che sul fronte della cultura della legalità il M5S porti avanti la battaglia che fu dell’Idv. Il giovane parlamentare Pd ha detto testualmente “voglio sperare che Grillo non voglia sostituirsi a Di Pietro” anche perché “dovrebbe ricordare che Di Pietro ha fatto una brutta fine“.
Il problema però è che Di Pietro dopo aver avuto il merito indiscusso dal 2001 di aver contrastato non solo a parole Berlusconi e il regime di corruzione e impunità che ha promosso e diffuso, si è suicidato politicamente lasciando indelebile il ricordo di un partito dei De Gregorio, dei Razzi, degli Scilipoti e dei vari transfughi da Udeur e dintorni.
Grillo almeno per il momento sembra che faccia seguire alle parole roboanti i fatti concreti: da ultimo la sospensione da parte del Movimento del consigliere regionale Defranceschi sanzionato a dalla Corte dei Conti per spese non giustificate.
A Genova, pochi giorni fa per infondere ottimismo, oltre ad attaccare ancora Grillo, Matteo Renzi è ricorso anche alla rima baciata: “l’Italia più forte delle nostre paure, l’Italia più grande dei nostri timori, l’Italia più bella dei nostri rancori”.
Martedì prossimo nella Milano terremotata dall’Expo della vergogna, chissà se gli basterà ancora attingere alla sua vis poetica e prendersela contro “lo spread del populismo” , perifrasi di nuovo conio per stigmatizzare il fenomeno deteriore di cui ovviamente Grillo sarebbe il primo e peggiore agente.