Dopo 10 anni di assedio e guerre devastanti, la recente decisione di Israele di ridurre a Gaza il già scarso rifornimento di elettricità, arrivando a erogarla per solo due ore al giorno, sta infliggendo enormi sofferenze alla popolazione della Striscia perché ha effetti gravissimi sulle sue stesse possibilità di sopravvivenza.
Il Comitato internazionale della Croce rossa ha già annunciato che la
mancanza di elettricità mette in pericolo "servizi essenziali tra cui
l'assistenza sanitaria, il trattamento delle acque reflue e la fornitura
di acqua". Concretamente, significa l’impossibilità di effettuare
dialisi, operazioni chirurgiche, terapie intensive, rifornimenti di
sangue, di far funzionare altri servizi essenziali come le incubatrici
per i neonati prematuri e avere accesso all'acqua pulita con i
conseguenti, ulteriori problemi per la salute. Oltre ad avere effetti
devastanti sulle condizioni umanitarie di Gaza, la mancanza di energia
ne potrebbe compromettere anche il futuro, perché rischia di renderla
inabitabile, infliggendo il colpo finale alla sua già fragile economia e
lasciandola con danni ambientali permanenti (a seguito, per esempio,
dell'infiltrazione di acque reflue nel terreno e nella falda acquifera, o
riversate nel mare).
Tutto questo sta avvenendo nel silenzio, inerzia e indifferenza della classe politica e dei media internazionali.
Mahmoud
Abbas, presidente dell'Autorità nazionale palestinese, a causa del
conflitto di potere con Hamas, non ha colpevolmente saldato il conto per
l'elettricità di Gaza invitando il maggior fornitore – Israele – a
ridurne l'erogazione. Tuttavia, questa contingenza non assolve il
governo israeliano dall’obbligo di garantire alla popolazione i mezzi
per vivere dignitosamente. Infatti, nonostante il suo disimpegno da
Gaza, il blocco continuo che Israele impone alla Striscia, con le
conseguenti e ferree restrizioni all’import-export, il suo ampio
controllo sulle vie di comunicazione terrestri (vedi apertura e chiusura
dei valichi), marittime (limitazioni alla navigazione e alla pesca
oltre i 3 km dalla costa) e aeree rendono Israele responsabile, di
fronte alla legge internazionale, delle condizioni di vita degli
abitanti di Gaza.
Si rischia inoltre che simili circostanze
degenerino in una nuova conflagrazione, che si trasformerebbe in
un’ecatombe forse ancor più grave delle precedenti con gli abitanti
della Striscia che non hanno né vie di scampo né rifugi.
Tali eventi
si stanno producendo nel contesto più ampio della drammatica situazione
in cui versa tutta l’area, dove la Cisgiordania è occupata militarmente e
colonizzata da Israele da oltre 50 anni, in dispregio delle molteplici
risoluzioni votate dalle Nazioni Unite, e la popolazione vive sotto un
regime di apartheid.
Chiediamo dunque all’Unione europea, e a tutti i
paesi membri d’intraprendere azioni decisive per costringere alla
ragione il governo d’Israele.
S’impongono con estrema urgenza i seguenti provvedimenti:
- l’immediato afflusso dell’energia elettrica necessaria a evitare ulteriori vittime fra gli abitanti della Striscia.
- La cessazione dell'assedio che soffoca l'economia di Gaza.
- la fine dell’occupazione militare della Cisgiordania e della sua colonizzazione da parte di Israele.
È
venuto il momento di porre un termine definitivo a una situazione che
dura da troppo tempo e impone a un’intera popolazione, sotto varie
forme, condizioni di vita insopportabili.
È venuto il momento di ripristinare, in quella terra, i principi della giustizia e le regole del diritto internazionale.