Servono un milione di firme per dare sostanza alla meno discutibile delle volontà popolari, quella di evitare di morire avvelenati. Servono cittadini europei motivati ad ottenere risposte da un’Europa più democratica. Sul piatto ci sono affari per circa 8,8 miliardi di dollari all’anno (entro il 2019, secondo uno studio della società americana Transparency Market Research, sarà questo il mercato globale del glifosato), la potenza di fuoco di alcune tra le più influenti multinazionali dell’agrochimica e una certa “permeabilità” delle istituzioni europee agli argomenti di una comunità scientifica non sempre al di sopra delle parti.
A disturbare i manovratori, c’è una Iniziativa dei cittadini europei (Ice) per chiedere alla Commissione europea il “bando totale” dell’uso del glifosato, che per l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) è una sostanza “probabilmente” cancerogena. L’Ice è sostenuta da decine di organizzazioni ecologiste di 15 paesi e chiede anche – scrive Greenpeace – “di riformare il processo di approvazione dei pesticidi e fissare obiettivi vincolanti per ridurre l’uso dei pesticidi in Europa”. La campagna è partita ieri in tutto il continente con appuntamenti a Roma, Berlino, Bruxelles, Madrid e Parigi. Non sarà una passeggiata. L’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), tre mesi fa ha ribadito il suo parere: “Riguardo la cancerogenicità, è improbabile che questa sostanza sia cancerogena”. Il dibattito, annoso, è apertissimo.
Il glifosato è l’erbicida più utilizzato e venduto nel mondo, soprattutto dalla statunitense Monsanto (appena acquistata dalla tedesca Bayer con un’operazione da 66 miliardi di dollari) che produce anche i semi delle piante geneticamente modificate che resistono al pesticida. Il Roundup è il più tristemente famoso. Gli altri produttori sono DowAgro e DuPont (Usa), l’australiana Nufarm, la svizzera Syngenta e alcuni colossi cinesi della chimica. Negli Stati uniti, anche se la California dopo una battaglia legale lo ha appena inserito nell’elenco delle sostanze potenzialmente cancerogene, il glifosato è stato autorizzato senza alcun problema dall’Environmental protection agency.
In Europa è stato approvato nel 2002 ma la Commissione europea, messa sotto pressione dall’opinione pubblica e da diversi studi qualificati che ne denunciano il potenziale cancerogeno, entro la fine di quest’anno dovrà decidere se prorogare l’autorizzazione al commercio. Il parere vincolante verrà espresso dall’Agenzia chimica europea, con sede in Finlandia. Nel frattempo, lo scorso 22 agosto, in via precauzionale, l’uso del glifosato è stato pesantemente limitato in tutti i paesi europei. In Italia, con un decreto del ministero della Salute che ha imposto il ritiro di 85 prodotti fitosanitari e che ha vietato l’utilizzo del diserbante in “parchi, giardini, campi sportivi, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”. Una buona notizia e una bruttissima: significa che la sostanza potenzialmente cancerogena comunque è stata utilizzata nelle città e nei campi fino a pochi mesi fa (in Italia è il prodotto fitosanitario più venduto e nel mondo – dato relativo al 2012 – ne sono state vendute 718.600 tonnellate). Solo in Lombardia è attivo un sistema di monitoraggio del glifosato nelle acque: tracce della sostanza sono certificate nel 31,8% dei luoghi dove si analizzano le acque superficiali.
“Quest’anno – spiega Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace – abbiamo finalmente l’opportunità di togliere il glifosato dai nostri campi e dai nostri piatti. Sono sempre di più i corsi d’acqua in Italia e in Europa contaminati con questo diserbante, classificato come cancerogeno dallo Iarc. Si trovano tracce nel cibo, nelle bevande e persino nelle urine. Il messaggio alla Commissione Ue e ai paesi membri è chiaro: l’interesse e la salute delle persone devono venire prima dei profitti delle aziende agrochimiche”. In Italia la campagna è sostenuta dalla Coalizione #StopGlifosato, un raggruppamento di 45 associazioni che da più di un anno sta facendo pressione sul governo. La portavoce, Grazia Mammuccini, già rivendica qualche successo. “Grazie al lavoro svolto in Italia per tutto lo scorso anno – sostiene – e soprattutto grazie alla mobilitazione di decine di migliaia di cittadini, il nostro governo ha tenuto il punto contro la proroga di 15 anni per l’uso del glifosato. Il periodo di esame dell’erbicida di un anno e mezzo richiesto dalla Commissione Ue scade alla fine di dicembre. La raccolta di firme europea è un importante strumento per ottenerlo”. La Commissione, di fronte a un milione di firme, dovrà impegnarsi se non altro a dare una risposta formale per dire in che modo vorrà soddisfare (o meno) la richiesta dei cittadini.
Nel frattempo, proprio dove Monsanto dovrebbe giocare in casa, la presunta innocuità del glifosato ha appena ricevuto un duro colpo se non altro di immagine. Un giudice della California, Kristi Capetan, in seguito al pronunciamento dello Iarc, ha imposto di inserire l’erbicida nella lista americana delle sostanze cancerogene, una decisione che potrebbe obbligare la multinazionale di St.Louis (Missouri) a segnalare l’informazione sconveniente sulle etichette dei prodotti.
I cittadini europei possono già firmare la petizione sul sito www.stopglyphosate.org, dove si trovano indicazioni e formulari tradotti in tutte le lingue. Per farsi sentire senza timore di non essere compresi.