Nel corso di un'intervista a una delle principali emittenti tedesche, la Zdf, il vice cancelliere tedesco e ministro dell’economia, Sigmar Gabriel, ha sorpreso molti, annunciando il fallimento dei negoziati sul TTIP, ovvero il Trattato di libero scambio tra Usa e Unione europea.
“Ritengo che i negoziati con gli Stati Uniti siano “de facto” falliti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente”, ha detto Gabriel, sottolineando che in 14 round di colloqui le parti non hanno trovato un’intesa su un solo capitolo dei 27 sul tavolo.
Le parole di Gabriel, che ha detto che l'Europa non si piegherà supinamente alle richieste americane, non vanno però lette come una rottura.
A stretto giro il ministro del Commercio francese, Matthias Fekl, che dopo aver affermato che per il progetto "non c'è più il sostegno politico della Francia", ha annunciato che Parigi chiederà lo stop dei negoziati già al prossimo Summit previsto per il 16 settembre a Bratislava.
Uno stop, non una rottura. Infatti il ministro degli esteri francese, Jean-Marc Ayrault, ha in parte corretto il collega di governo, dichiarando che “la Francia non è contro il libero scambio, ma pone le sue condizioni.”
Non è un caso che la Commissione europea, dopo le parole di Gabriel, si sia affrettata a smentire l'ipotesi di un fallimento, sostenendo che, semplicemente, non ci saranno ulteriori round negoziali nelle prossime settimane.
In Italia l'unico a esporsi è stato il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: "sarebbe in ogni caso estremamente difficile trovare una ragione che giustifichi l'interruzione delle trattative con il nostro principale partner economico e politico dopo appena due anni e mezzo di negoziato, quando per chiudere un accordo meno ambizioso con il Canada ce ne sono voluti ben 6. Ed è evidente che se ciò accadesse l'Europa non avrebbe più alcuna credibilità per condurre un qualsivoglia negoziato commerciale".
Calenda ha inoltre spiegato che il Consiglio europeo ha dato all'unanimità alla Commissione il compito di negoziare, per cui è l'esecutivo di Bruxelles a condurre i negoziati, non il Consiglio. Il Consiglio, il Parlamento Europeo e le Assemblee Parlamentari nazionali saranno chiamati, poi, ad approvarne gli esiti.
Il rebus del TTIP è dunque ancora aperto, anzi apertissimo, comprese le questioni molto delicate in tema di sicurezza alimentare, riconoscimento di standard e controlli sul cibo, riconoscimento delle tutele per le denominazioni di origine.
Le ragioni che hanno portato al rallentamento, se non al congelamento, dei negoziati sono tutte politiche.
Barack Obama aveva puntato tutto sull'annuncio dell'accordo entro fine luglio ma le posizioni negoziali sono apparse troppo distanti per giungere alla firma.
Le posizioni politiche del prossimo Presidente degli Stati Uniti saranno dunque determinanti sul proseguo dei negoziati e le posizioni tra i due candidati, Trump e Clinton, sono assai diversificate. Era quindi inutile proseguire il dialogo “al buio”.
Stessa situazione in Europa. Nella primavera 2017 ci saranno le elezioni politiche in Francia e Germania. In Francia anche quelle presidenziali. Il quadro politico è quindi incerto, tanto più dopo la Brexit, e alla luce anche di quanto accadrà in altri paesi europei. All'inizio di ottobre vi sarà l'elezione del nuovo Presidente austriaco. A fine novembre il referendum sulla Costituzione italiana. Prima della fine dell'anno, forse, nuove elezioni politiche in Spagna.
Il TTIP, con tutto il suo carico di potenzialità e incertezze, non è morto. E' stato messo solo in un cassetto in attesa di momenti migliori.