Maria Paola Patuelli ha vissuto tante vite. È stata dirigente del PCI e Assessore alla Cultura del Comune di Ravenna in tempi lontani di vivaci dibattiti intellettuali sui rapporti fra cultura e potere e fra intellettuali, partito e popolo. È stata insegnante appassionata e rigorosa di stuoli di giovani. E negli ultimi 15 anni - dopo essere uscita dalla poltica attiva di partito - si è spesa con dedizione e con forza a diffondere e a difendere con le parole e con le opere la causa della Costituzione Italiana.
Un lavoro quasi missionario il suo, che l'ha portata come responsabile di Associazioni e Comitati sorti per la Difesa della Costituzione nelle scuole e nelle sezioni, nei mercati e nelle istituzioni. Un lavoro indefesso per cercare di far capire i principi e i valori sempre validi della nostra carta costituzionale a persone dalle più disparate formazioni e con i più diversi interessi. Non è facile sintetizzare il pensiero di Maria Paola Patuelli, perchè lei con la sua aria sempre un po' professorale, ama riflettere, argomentare in modo ampio, spiegare, e certo non è per le semplificazioni a cui, per forza di cose, un'intervista la costringe. Ma almeno ci proviamo.
Paola Patuelli, anche a te lo chiedo: che cosa è accaduto il 4 marzo nelle urne in Italia?
"Potrei risponderti che si è abbattuto sull’Italia uno tsunami. Ma sarebbe una risposta di comodo, una scorciatoia, una semplificazione. Perché gli tsunami sono improvvisi e – per quanto ne so – imprevedibili. Invece, è accaduto quello che chi si presenta – spesso molto impropriamente – come politico di professione avrebbe dovuto prevedere. L’accaduto ha cause lontane nel tempo, e fenomeni ben visibili nel presente. Il fatto è che per vedere è necessario avere occhi e testa ben funzionanti. Che dire? Merce rara."
Te l’aspettavi in questi termini il risultato del 4 marzo, anche qui in Emilia-Romagna e a Ravenna, dove i Cinque Stelle sono il primo partito e dove il centrodestra in molte realtà supera il centrosinistra?
"Sì, me lo aspettavo. Anche se non con numeri così massicci."
C’erano stati tanti segnali. In Emilia-Romagna l’astensione record alle regionali del 2014, ma il segnale principale è stato quello arrivato con il referendum del 4 dicembre 2016. Perché il PD non li ha colti o non li ha voluti cogliere?
"Per il discorso di prima. Mancano occhi e teste. Inoltre, se un segretario di partito – Renzi – dopo le regionali del 2014, disse, tutto contento, cosa importano le percentuali dei votanti (il 37%, in Emilia-Romagna!), importa vincere. Considerai la cosa agghiacciante, data la storia da cui provengo. In realtà, quello che un tempo la politica riteneva fosse indispensabile, avere cioè una visione di mondo, di società a cui avvicinarsi, ora è merce introvabile. O, meglio, la si trova in luoghi accademici, scientifici, di analisi politologica, sociologica e antropologica. Ma in chi “fa” politica? Una “visione” di società è più facile trovarla in forze economiche e finanziarie, non propriamente orientate alla cultura dei commons, che è quella che pervade tutta la nostra “utopica” Costituzione."
Tu hai partecipato con passione alla battaglia sul referendum sulla Costituzione e, quindi, alla sconfitta di Renzi.
"Sì. E la sconfitta – per me vittoria – del 4 dicembre 2016, si spiega con lo stile di Renzi. Presunzione, egolatria, estendere in avanti l’euforia del suo momentaneo successo alle primarie del PD. Sembrò in quel momento, non a me, ma agli elettori del PD, essere l’unico giovane e vivo in un parterre o dormiente o morente. Uso parole forti, a me non consuete. Il suo essere diventato Presidente del Consiglio nel momento in cui era su un'effimera cresta dell’onda ha fatto il resto. L’egolatria è un disturbo grave. Ancora più grave è, in ambito politico, che un popolo, che si pensa di sinistra, se ne innamori. Ma, a essere sinceri, non è la prima volta che accade. In breve tempo si poté vedere che ben pochi – partiti, associazioni, movimenti – lo seguivano nella riforma costituzionale. Ma fra egolatria e innamoramento, caratteristiche velenose in ambito politico, non si si sono accorti che l’onda diventava risacca e scompariva. Mentre altre onde si stavano alzando."
In definitiva qual è il tuo giudizio sul PD oggi? Molti dicono che non ha più nulla a che fare con la sinistra classica che abbiamo conosciuto. Che cos’è, secondo te?
"Ma sono gli stessi aderenti al PD che - tranne qualche anziano militante - per primi dicono di non avere più nulla a che fare con la sinistra classica. E non è certo per questo che il mio giudizio sul PD è molto negativo. La sinistra classica ha avuto robuste ragioni nell’Ottocento e in una parte del Novecento. Il tempo che stiamo vivendo è ben altro, e non ci sono nostalgie da evocare. Che cosa è il PD? Proviamo a chiederlo ai militanti. Darebbero risposte diverse e confuse. È, per parafrasare il titolo di un recente ottimo libro di Carlo Galli, una “democrazia senza popolo”. Una contraddizione in termini."
Cioè?
"Il PD ha portato a livelli elevati un fenomeno che è visibile – e non solo nel PD, ma in tutti i partiti – già dagli anni Ottanta. Professionisti della politica autoreferenziali, diventati “ceto separato”. Impegnarsi per ciò che si ritiene giusto? Non scherziamo. Lo si fa per vincere."
Molti segnali erano arrivati al PD e al suo governo. Ma come spieghi il fatto che Liberi e Uguali, lista nata in rottura e in alternativa al PD, sia andata così male nelle urne? Perché non sono riusciti a intercettare le istanze di protesta e di cambiamento?
"Perché l’elettorato che voleva rottura e alternativa non ha visto in LeU né rottura né alternativa. Ha visto – purtroppo è stato così, lo dico non a cuor leggero – una operazione “fredda” compiuta da piccoli “ceti separati”, che hanno improvvisato una alleanza elettorale eterogenea, senza “visione” convincente, senza o quasi persone convincenti. Persone convincenti, è questa, forse, la ragione principale. La vita e le azioni passate continuano a pesare nel presente."
L'onda ha trovolto anche loro.
"Solo chi ha poco passato e assenza o quasi di azioni di governo può nell’immediato - in questo momento è il caso dei 5 Stelle - riscuotere fiducia. In LeU vi sono non poche persone corresponsabili di politiche, a mio avviso, devastanti. Mi limito solo a tempi molto recenti: Governo Monti, Governo Letta, rielezione di Napolitano. Quando un drappello esiguo, all’inizio del 2017, uscì dal PD, un amico mi telefonò. Cosa ne pensi? La mia risposta fu “Era ora. Ma troppo tardi”."
La distinzione destra – sinistra per dirla con Norberto Bobbio resta un punto di riferimento valido o è superata? Si va verso un mondo definitivamente post ideologico dove vincono i Cinque Stelle che si definiscono né di destra né di sinistra?
"Questa è la domanda per me più difficile. Le parole e i loro significati vanno sempre calati nella storia. D’altra parte, destra e sinistra nell'accezione politica, sono parole molto giovani, non esistevano prima della rivoluzione francese. Ma alcuni valori, anche se raramente emersi nel corso della storia, ci sono fin dall’inizio della vicenda umana e in culture diverse. Inoltre, sia destra che sinistra si sono manifestate nel corso del tempo in modo cangiante, basta pensare al nostro Risorgimento e, in seguito, alle varie declinazioni di socialismo, di democrazia, di liberalismo. C’è, oggi, grande confusione sotto il cielo. Da tempo, ormai, c’è una sinistra, e non solo in Italia, che ha fatto scelte politiche che molti studiosi definiscono di destra. Movimenti o partiti di destra urlano slogan che un tempo potevano sembrare di sinistra."
Allora torniamo a Bobbio.
"Certo Bobbio, uomo di una certa sinistra, laica e azionista, individua, a mio avviso,la questione fondamentale. La sinistra è impegno per l’uguaglianza, art. 3 della Costituzione. Penso che si dovrebbe studiare molto a fondo il presente, per riposizionare nella realtà la grande questione dell’uguaglianza. Uguaglianza fra gli umani, non fra gli italiani. Chi se ne sta occupando veramente e seriamente, fra le forze politiche arrivate in Parlamento? Non mi riferisco solo a documenti scritti, a dichiarazioni rilasciate. Mi riferisco alla vita quotidiana, alle pratiche nel sociale, all’impegno culturale. Sono molto più attive e coerenti, nel quotidiano, le forze politiche che vogliono la disuguaglianza fra gli umani e l’uguaglianza solo fra gli italiani. Casa Pound porta le sportine di cibo ai poveri, purché siano poveri italiani. In questi anni di impegno sociale e culturale per dare corpo all’art. 3 della Costituzione, nella realtà e non solo in dichiarazioni, non abbiamo visto militanti di partiti di “sinistra”. Basti questo per dire che “questa” sinistra è sul viale del tramonto. E visto che sia nella fisica che nella politica i vuoti sono riempiti, c’è chi li riempie."
Ha ancora senso dirsi di sinistra, battersi per la sinistra e cercare di ricostruire la sinistra? Se sì, da quali parole tu proponi di ripartire?
"Come ti dicevo, dall’uguaglianza. Uguaglianza e eguale dignità di tutti gli umani, di ogni “genere”, e nel più grande rispetto possibile dei viventi e dei luoghi, naturali e storici, in cui i viventi abitano. Chi è in grado di avere un lavoro dignitoso, è in grado di vivere con dignità. Chi, per ragioni le più varie, non ha lavoro o non può lavorare, deve essere messo in condizioni di vivere dignitosamente. Senza disuguaglianze. E senza essere circondato da chi nuota nel privilegio, che può essere di varia natura. Privilegi antichi, privilegi recenti, diseguaglianze a seguire. Nel passato i diseguali, in genere, pensavano che la loro condizione fosse una naturale condanna a cui era impossibile opporsi. Oggi, per fortuna, anche per merito della sinistra si è diffusa la cultura dei diritti. Molto meno quella dei doveri, senza i quali però i diritti non stanno in piedi."
Insomma, uguaglianza, giustizia sociale, e poi diritti e doveri.
"Ma non so se sarà ancora la parola sinistra a indicare tutto questo. Nella sinistra “storica” questo mio aggiornato concetto di uguaglianza non era del tutto presente, ma nella Costituzione c’era e c’è, in ampia misura. L’aggiornamento è venuto dal di fuori, da cultura e stili di vita sorti autonomamente nel mondo, non all’interno di culture partitiche spesso miopi. Venute da fuori. In buona misura estranee o sentite come estranee. Magari fiori all’occhiello quando servivano. Un grande limite dei partiti, in particolare negli ultimi decenni. Hanno avuto una grave presunzione di autosufficienza."
Tu ti sei spesa da sempre per la difesa della Costituzione e della democrazia. In che cosa ha sbagliato e sta sbagliando la sinistra su questo terreno? Che cosa occorre fare?
"Le persone di sinistra dovrebbero in primo luogo studiare, e tanto, la storia, e non solo la storia italiana. E non stancarsi mai di interrogare il passato e il presente. La Costituzione è storia. Solo chi ignora il significato della Costituzione del 1948 nella storia italiana può pretendere di maneggiarla in modo spregiudicato e ignorante, come anche una sedicente politica di sinistra ha fatto, e non solo in tempi recenti. Maneggiare in modo spregiudicato non significa dire che non bisogna fare modifiche puntuali, quando la storia lo chiede. Ma continuo a preferire la tradizione americana dell’emendamento, che aggiunge alla loro Costituzione del Settecento e non toglie."
Anche sui temi della diversità di genere e dei diritti delle donne tu sei sempre stata in prima linea. In che cosa non ci siamo ancora a sinistra? Fra i difetti della politica, c’è anche quello di essere ancora troppo ancorata a pratiche, schemi, categorie maschili?
"La prima ventata autentica in merito alla cultura della diversità di genere arrivò nell’allora PCI attraverso una iniziale fertile collaborazione di Livia Turco e delle donne del PCI, nella seconda metà degli anni Ottanta, con il femminismo, grande e autonomo movimento in atto, in forme dirompenti e rivoluzionarie, dagli anni Settanta. Ma l’architettura del Partito ne fu solo scalfita. Le forme del potere maschili sono state le uniche e dominanti, da millenni. Impensabile riuscire a dissolverle in breve. Senza poi illuderci che l’essere biologicamente donna porti naturalmente con sé il cambiamento. Non l’ho mai pensato. Di fronte alle nuove, autonome e spesso radicali culture, o a giganteschi spostamenti di persone in movimento o in fuga, i poteri, di impianto storicamente patriarcale e verticale, si chiudono, alzano muri, stanno in difesa, generano paura."
Muri fra uomini. Muri anche fra uomini e donne?
"Fra sessismo e razzismo esistono nessi molto forti. Donne libere fanno paura, come la violenza sulle donne continua a testimoniare in modo tragico. Fenomeni inediti – immigrazione, profughi – soprattutto quando la politica non cerca strade inevitabilmente inedite per affrontarli, generano paura e violenza. Per contrastare tutto questo ci vuole molto pensiero, molta empatia, molta etica. Per etica non intendo “una” morale. Intendo comportamenti coerenti e trasparenti, intendo la “questione morale” di Berlinguer, mai affrontata e quindi mai risolta. Non sempre, nella sinistra storica, queste tre dimensioni - pensiero, empatia, etica - hanno fatto strada insieme."
Il mondo di chi lavora non è più o non si sente più rappresentato dalla sinistra. Ma gli operai esistono ancora. E vuoi per rabbia e per protesta o vuoi per indifferenza votano Cinque Stelle o Lega. Mentre per la sinistra votano i ceti più abbienti, gli abitanti dei centri storici, dei quartieri bene… Un rovesciamento paradossale, o no?
"Paradossale in teoria, non in pratica. Se la sedicente sinistra non si occupa principalmente - sarebbe questa la sua prima missione - dei penultimi e degli ultimi, diseguali per eccellenza, ma si occupa prevalentemente dei primi o dei quasi primi, e quando la fiducia si è consumata, chi è e si sente ai margini, cerca nuove strade. Speranze? Certamente. Che, per quanto riguarda la Lega, considero illusioni. I 5 Stelle? Non ho capito chi siano. Sono in attesa di capire. Ma chi non è chiaro in politica mi crea diffidenze."
C'è un'evoluzione dei Cinque Stelle? Possono ereditare valori e contenuti di sinistra e diventare una nuova forza della sinistra dopo avere preso così tanti voti? Oppure sono decisamente un’altra cosa?
"Come dicevo prima, non ho compreso la “visione“ di società che questo movimento ha. Mentre mi sembrano chiare le ragioni di chi li ha votati in massa. Fra speranza e desiderio di metterli alla prova. Molto elettorato di sinistra, orfano da tempo, ha pensato: “proviamoli”. Ma se dovessero fare una alleanza con Lega e Forza Italia? Credo che non piccola parte dell’elettorato non li seguirebbe più. A meno che non avvengano miracoli. Ma sono lontani i tempi di fedeltà elettorali a tempo indeterminato."