Come abbia fatto a far presa nella coscienza dei cittadini e dei sindacati la panzana di una sanità italiana corrotta e sprecona sarebbe interessante materia di studio
Probabilmente la torbida ideologia che mancherebbero le risorse è passata anche per l’insistente propaganda, non più, o male contrastata, che da almeno vent’anni bombarda senza tregua: “ vivete sopra le vostre possibilità, dovete fare sacrifici”. A partire dal 1992 con la “ Casa che brucia” di Amato poi al “ Disastro economico incombente” di Dini, e dal “Recupero del rigore” di Ciampi al “ Baratro incombente” di Monti , passando per quel “ Tutti devono fare i sacrifici, anche i meno abbienti” di Napolitano (in “Contro i sacrifici” G. Mazzetti 2012) per arrivare al “Sono otto mesi che siamo al governo, o facciamo uno sforzo insieme o l’Italia non ha futuro” profferito da Renzi l’ottobre scorso alla trasmissione televisiva di Barbara D’Urso.
“La spesa sanitaria italiana - riporta Roberto Polillo il 18 giuno su quotidianosanità.it - negli anni Novanta risultava già tra le più basse in Europa: ad esempio, secondo i dati OCSE, nel 1990 la spesa sanitaria italiana totale pro capite ammontava a 1.355 $ all’anno, rispetto ai 1.442 $ della Francia e ai 1.781 $ della Germania. I dati relativi alla crescita annuale della spesa sanitaria per abitante mostrano che dall’inizio degli anni Novanta al 2012 l’Italia ha registrato dinamiche di spesa sanitaria inferiori a quelle riscontrate negli altri Paesi europei utilizzati come termine di paragone”.
Cioè la spesa sanitaria italiana, che partiva da un livello molto più basso di quella francese e tedesca, in questi ultimi venticinque anni ha avuto un trend di crescita inferiore rispetto a quei paesi di riferimento!!!
Nel suo intervento in aula, per la recente manovra sanitaria, il capogruppo in commissione sanità al senato per il PD, Nerina Dirindin “ Quell’intesa è stata sottoscritta il 2 luglio, purtroppo molto tardi rispetto a quanto era previsto ( cioè i tagli di 2,3 miliardi verranno ad incidere pesantemente sulla gestione sanitaria degli ultimi 5 mesi, nota mia). Essa si sarebbe dovuta raggiungere molto prima, dal momento che è in attuazione di quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015. Quell’intesa, tanto per citare una cifra, porta la spesa programmata per il 2015 a meno di 110 miliardi di euro – grossomodo a 109,7 miliardi di euro – quando in occasione dell’approvazione della nota di aggiornamento del DEF del 2013 (governo Letta, nota mia), cioè un anno e mezzo fa, avevamo previsto una spesa programmata, per il 2015 di 115,4 miliardi di euro. In un anno e mezzo abbiamo dunque programmato di tagliare al settore sanitario oltre cinque miliardi di euro di finanziamento.” (sottolineatura mia)… “ dopo tutti i tagli che sono stati fatti e le restrizioni che sono state imposte al servizio sanitario da molto tempo – sottolineo che nel 2014 abbiamo speso meno di quanto abbiamo speso nel 2010 - , ricordo solo che l’OCSE ci dice che la spesa pubblica per la sanità in Italia è troppo bassa e mette a rischio la tutela dei cittadini. Spendiamo due punti di PIL in meno di Francia e Germania (ricordo che un punto di PIL è sui 16 miliardi, nota mia)” … “ Lo dice l’ISTAT e si tratta di un evento nuovo per l’Italia: l’11% dei cittadini, pur avendo bisogno, rinuncia ad una prestazione sanitaria per ragioni economiche o perché manca l’offerta sul territorio” quotidianosanità.it del 28 luglio
Eppure la supercazzola con scappellamento a destra, a 40 anni da “Amici miei”, viene ancora ripetuta impunemente: “C’è la posssibilità di recuperare risorse grazie ad una maggiore efficienza e a una nuova organizzazione. Si calcola una cifra intorno ai 30 miliardi ma se riusciamo a trovarne 10, mi accontento” ha dichiarato le ministra Lorenzin dopo la recente intervista a Repubblica di Yoram Gutgeld.
“ Com’è possibile questo? – si domanda sempre Polillo, l’esperto del quotidianosanità.it, il 29 luglio - E allora delle due l’una: o il Ministro delle finanze tedesco Schauble usa sprecare le risorse pubbliche del proprio paese, fatto questo che allo stato attuale sembra estremamente improbabile o le ipotesi del Ministro (Lorenzin, nota mia) sono prive di fondamento.”
Forse, per trovare un qualche fondamento di classe (si sarebbe detto una volta), è opportuno rileggersi l’intervento di un politico lungimirante, troppo presto imbalsamato e messo da parte. Diceva Enrico Berlinguer sull’austerita e i sacrifici
“L'austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l'austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è così per noi. Per noi l'austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l'esaltazione di particolarismi e dell'individualismo più sfrenato, del consumismo più dissennato. L'austerità significa rigore, efficienza, serietà e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi si manifestano in Italia in tutta la sua drammatica portata. […] Ma l'austerità, a seconda dei contenuti che ha e delle forze che ne governano l'attuazione, può essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure, come occasione per uno sviluppo sociale nuovo, per un rigoroso risanamento dello Stato, per una profonda trasformazione dell'assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e di liberazione dell'uomo di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse, sprecate.” E. Berlinguer al teatro Eliseo il 15 gennaio 1977 “Austerità. Occasione per trasformare L'Italia”.
Dopo l’intervista concessa al giornale della “ditta” dal comissario alla revisione della spesa Yoram Gutgeld, successore di Cottarelli, Il ministro Lorenzin: “ sono perfettamente d’accordo con la road map indicata dal commissario. Niente tagli lineari, anche perché non c’è più niente da tagliare: c’è invece la posssibilità di recuperare risorse grazie ad una maggiore efficienza e a una nuova organizzazione. Si calcola una cifra intorno ai 30 miliardi ma se riusciamo a trovarne 10, mi accontento”. Cifre che secondo Gutgeldarelli “possono essere utilizzate per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica”, ( dopo le recenti imposizioni della UE alla Grecia si ommette il classico “ce lo chiede l’Europa”). Di rimando la Lorenzin ritira fuori la frasetta che usa da due anni: “Io mi batterò perche le risorse rimangano nel sistema (nelle precedenti edizioni era usa aggiungere “come un leone”), poi se si riducono le tasse è evidente che questo è un beneficio per tutti (intende l’Irap che non è una tassa ma un contributo sanitario cioè salario accessorio del lavoratore, sono soldi suoi, che l’imprenditore versa direttamente allo Stato per sostenere, per ben il 33%, la sanità, in alternativa deve darli al lavoratore perché si faccia l’assicurazione sanitaria, nota mia) . Una parte potrà andare nel ridurre le tasse ma il resto va a personale, ricerca e nuove tecnologie, e in generale a migliorare i servizi”
Così sul Fatto Quotidiano sanità del 27 luglio in articolo con il titolo “ Sanità, arrivano dieci miliardi di tagli per decreto: stop a visite e medici”
Il 27 luglio Cesare Fassari, direttore di “quotidiano sanità.it ”, in un articolo “Quanti numeri a vanvera attorno alla spesa (e ai tagli) in sanità”
“La querelle su queste cifre ci interessa poco, perché da questo bailamme di numeri sparati con molta nonchalance (come i famosi 10 o 13 miliardi che costerebbe la medicina difensiva, derivanti da un vecchio studio del 2010 dell’Ordine dei medici di Roma, e che ormai vengono ripetuti come un mantra insieme ai 5/6 miliardi imputati alla presunta corruzione in sanità), temiamo derivi solo una granconfusione.
Una sola cosa è ormai certa: la sanità sarà tagliata anche nella prossima legge di stabilità”
Scrive Antonio Sciotto sul Manifesto del 29 luglio:
“ … il taglio è pari esattamente a 2,352 miliardi di euro per il 2015 (e cifre analoghe sono già previste per il 2016 e 2017) è stato inserito nel DL enti locali grazie ad un maxiemendamento presentato dal governo. Nel maxiemendamento si dispone inoltre che << con decreto del Ministro della salute da adottare entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono individuate le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale>>
In altre parole, sarà un ulteriore decreto emesso dal Ministero della salute, a stabilire quali prestazioni siano considerate appropriate e quindi prescrivibili a seconda della patologia da cui è affetto il paziente, e quali no: divenendo queste ultime a pagamento.. Il maxiemendamento non entra nella specifica definizione dei nuovi criteri per l'appropriatezza delle prestazioni disciplinando solo che << le prestazioni erogate al di fuori delle condizioni di erogabilità previste dal decreto ministeriale sono a totale carico dell'assistito >> cioè quello che verrà prodotto dalla ministra Lorenzin. Inoltre , per i medici << in caso di comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni e alle indicazioni, l'ente richiede al medico prescrittore le ragioni della mancata osservazione delle predette condizioni ed indicazioni, in caso di mancata risposta o di giustificazioni insufficienti l'ente adotta i provvedimenti di competenza, applicando al medico prescrittore dipendente del servizio sanitario nazionale (Ssn) una riduzione del trattamento economico accessorio, nel rispetto delle procedure previste dal contratto collettivo nazionale e dalla legislazione vigente >>....Beatrice Lorenzin ha spiegato che l'eccesso cautelativo di ricette (quelle prescritte per evitare eventuali denunce) costa al sistema sanitario << 13 miliardi all'anno >>, e proprio per tendere una mano ai dottori la ministra ha annunciato << riforme ad hoc, volte ad attenuare l'effetto delle denunce >>.
L’intervento in aula della presidente Dem della commissione sanità del senato Emilia Grazia Debiasi merita una più lunga citazione perché utile alla discussione: “ Noi ci stiamo avviando ciecamente (sic), se non ci fermiamo e non guardiamo all’innovazione, verso chi vuole una sanità fatta con la terza gamba e magari con le assicurazioni o la sanità integrativa per cui chi può paga e chi non può si arrangia (forse Debiasi non c’era al convegno a Roma nel novembre 2009 quando Enrico Letta nella sua relazione affermò: ”Un partito come il nostro, che vuole contribuire alla formazione di Welfare realmente moderno e riformista deve almeno prendere in considerazione una possibile diversificazione delle fonti di finanziamento. La sanità, come le pensioni, è finanziata a ripartizione. Sono, cioè gli attivi a pagare per tutti. E come per le pensioni dobbiamo scrivere un quadro di regole per la formazione di un pilastro privato complementare, tanto per la fiscalità quanto per il funzionamento degli strumenti. In questa prospettiva, i costi della sanità possono diventare un’opportunità di sviluppo”, (ovviamente per il capitalismo finanziario in questo paese, nota mia)”… “ Avremmo certamente preferito un decreto invece che un emendamento; ciò sarebbe stato più logico e su di esso avremmo potuto esprimere un parere (anche perché, ancora una volta, Renzi ha imposto la fiducia! Il prof. Canfora in una recente intervista al F.Q. del 15 maggio, alla domanda, c’è chi evoca il rischio di derive autoritarie, risponde “ E’ un ragionamento totalmente sbagliato, perché allude al fascismo. Ma l’autoritarismo è già in atto, equamente distribuito tra chi governa a colpi di fiducie e tra chi dall’Europa gli dà gli ordini. Non c’è bisogno del manganello”. L’Europa ci opprime? Il colpo di Stato bianco che nel 2011 portò al governo Monti è stato quasi mortale. All’epoca saremmo dovuti andare a votare, e poi batterci per ridiscutere i parametri di Maastricht. Andò diversamente, con Napolitano che cinicamente bloccò il voto e ridicolizzò il Pd. Il sottinteso era chiaro: il Parlamento non conta più nulla, comanda solo Bruxelles. Fine della democrazia”)”… “Ho l’impressione- osserva la Debiasi- che guardiamo troppo spesso alla sanità e al servizio sanitario nazionale con lo specchietto retrovisore. Guardiamo ad una sanità che non sempre corrisponde al cambiamento della società italiana, alla cronicità che è aumentata e alla longevità che è aumentatta anche grazie alla qualità del Ssn (si ma dove eri quando il governo ha programmato per il 2018 il 6,5% del Pil spesa sanitaria e tre anni fa era 7,2%,? Quando l’OMS dice che con quella percentuale di spesa sanitaria incomincia a ridursi l’aspettativa di vita) ” … “siamo consapevoli che la manovra che va fatta è molto seria e deve guardare al futuro. Noi abbiamo di fronte questi problemi: l’invecchiamento della popolazione, la cronicità, i nuovi farmaci che sono quelli salva vita”…. “ Da chi saranno pagati e come saranno erogati? Saranno dati a tutti o no? Lo dico in uno slogan: il nostro universalismo si sostanzia nell’essere tutti uguali di fronte all’aspirina o nell’essere tutti uguali di fronte al cancro? Io penso di fronte al cancro. In questo sta l’universalismo di cui noi stiamo parlando. Non parliamo di un universalismo immobile come Moloch del passato, un egualitarismo inutile, visto e considerato che il 33% degli italiani si paga di tasca sua medicinali e prestazioni e che c’è una diminuizione secca delle persone che vanno a curarsi per via della crisi (la crisi, Emilia Grazia, non è una punizione divina, non è caduta improvvisamente dal cielo sui lavoratori come la pioggia nel temporali estivi, ma bensì è la conseguenza di una precisa organizzazione dell’economia; scrisse Marx 167 anni fa: “ Basti ricordare le crisi commerciali, che nei loro ritorni periodici sempre più minacciosamente mettono in forse l’esistenza di tutta la società borghese. Nelle crisi commerciale viene regolarmente distrutta una grande parte non solo dei prodotti già ottenuti, ma anche delle forze produttive che erano già state create. Nelle crisi scoppia un’epidemia sociale che in ogni altra epoca sarebbe apparsa un controsenso: l’epidemia della sovraproduzione. La società si trova improvvisamente ricacciata in uno stato di momentanea barbarie; una carestia, una guerra generale di sterminio sembrano averle tolto tutti i mezzi di sussistenza, troppa industria troppo commercio. Le forze produttive di cui essa dispone non giovano più a favorire lo sviluppo della civiltà borghese e dei rapporti della proprietà borghese; al contrario, esse sono divenute troppo potenti per tali rapporti, sicchè ne vengono inceppate; e non appena superano questo impedimento gettano nel disordine tutta la società borghese, minacciano l’esistenza della proprietà borghese: i rapporti borghesi sono diventati troppo angusti per contenere le ricchezze da essi prodotte. Con quale mezzo riesce la borghesia a superare le crisi? Per un verso, distruggendo forzatamente una grande quantità di forze produttive; per un altro verso, conquistando nuovi mercati e sfruttando più intensamente i mercati già esistenti. Con quale mezzo dunque? Preparando crisi più estese e più violente e riducendo i mezzi per prevenire le crisi.” “ Il Manifesto del partito comunista”.
Per quanto riguarda l’unversalismo in sanità pur condividendo il concetto di “ universalismo in movimento”, della senatrice Dibiasi, ricordo che, sempre da esponenti importanti del PD, sono state date definizioni più esaurienti dei valori e basi sociali dell’universalismo in osservanza dell’art. 32 della Costituzione italiana:
“…è un patto che tiene unito l’immigrato ed il più grande contribuente, il pensionato ed il libero professionista, la casalinga ed il piccolo artigiano, uniti non soltanto nel momento del finanziamento, ma anche nella fruizione delle prestazioni. Ipotizzare, viceversa, uno Stato sociale che sostenga le componenti più deboli della popolazione, permettendo in modo più o meno strisciante la secessione delle parti più forti, significherebbe rompere quel patto e spezzare il legame della solidarietà, ma anche l’equità e l’efficienza che dobbiamo garantire al servizio pubblico:” Rosy Bindi Ministro della Sanità : Prima Conferenza nazionale della Sanità 1999
e più chiare: ““Noi restiamo convinti che il valore della salute non può essere affidato alle disponibilità economiche dei singoli ed al libero gioco del mercato: Questa è una scelta di fondo- se mi è consentito un principio etico- perché in questo campo il rapporto tra la domanda e l’offerta è un rapporto troppo squilibrato e chi domanda si trova quasi sempre in una condizione di fragilità e debolezza di fronte a chi offre.” Massimo D’Alema Presidente del Consiglio: Prima Conferenza Nazionale della Sanita’ 1999
Sul decreto ad hoc sulla appropriatezza continua Emilia Grazia, la presidente Dem della Commissione Sanità del Senato “ Si parla della appropriatezza. La responsabilità in campo medico è l’appropriatezza. Dobbiamo decidere cosa intendiamo per appropriatezza (sic). Ci sarà un decreto ad hoc su questo e deve esserci una lista molto chiara di cosa significhi appropriatezza, per fare in modo che il cittadino non cada nella trappola. Ma che non cada nella trappola, non del medico, ma del fai da te e dell’autoprescrizione (sic), del decidere di fare alcune analisi totalmente inutili e alcune TAC molto costose. E ci sono dei DRG che significano una bella remunerazione, soprattutto per il privato. Stiamo attenti. L’appropriatezza è un valore, che riguarda anche il farmaco”.
Quella della appropriatezza è cosa seria ma con “la lista molto chiara di cosa significhi appropriatezza” cioè con i protocolli imposti dal Ministero della Lorenzin siamo, se non fosse l’ennesimo tragico taglio mascherato delle prestazioni sanitarie per i lavoratori, alle comiche della bassa politica.
Sul diritto-dovere del medico di valutazione indipendente la Corte Costituzionale ha già sentenziato più volte qui ne riporto due sintesi di due processi:
Corte di Cassazione n. 1873/2010 quarta sezione
-“…la direttrice del medico non può che essere quella di riportare le proprie decisioni solo alle condizioni del malato, del quale è, comunque, responsabile, i principi fondamentali che regolano… l’esercizio della professione medica, richiamano da un lato il diritto fondamentale dell’ammalato di essere curato ed anche rispettato come persona, dall’altro, i principi della autonomia e delle responsabilità del medico, che di quel diritto si pone quale garante nelle sue scelte professionali…
-nel praticare la professione dunque, il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità…
-a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, ne di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze, dell’ammalato
-il medico, che risponde ad un preciso codice deontologico, ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria proffessionalità e la propria missione a livello ragionieristico”.
Un anno dopo, il 2 marzo 2001, la Corte di Cassazion condannava, per omicidio colposo, un cardiologo per aver dimesso un paziente cardiopatico e deceduto poco dopo. Il medico si era difeso dicendo che aveva applicato i protocolli regionali.
Corte di Cassazione n° 8254 2 marzo 2011 :
“Nel praticare la professione medica il medico deve, con scienza e coscienza, perseguire un unico fine: la cura del malato utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura, da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive che non siano pertinenti rispetto ai compiti affidatigli dalla legge ed alle conseguenti relative responsabilità. Il rispetto delle “linee guida”, quindi, nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente… D’altra parte, lo stesso sistema sanitario, nella sua complessiva organizzazione, è chiamato a garantire il rispetto dei richiamati principi, di guisa che a nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Mentre il medico, che risponde anche a un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragioneristico”
Più chiaro di così! Non vi è dubbio alcuno che al Ministero conoscano bene queste sentenze che di fatto disarmano il percorso repressivo. Perseguire, quindi, da parte del Governo, sulla strada dei protocolli imposti fa parte di quell’autoritarismo e perdita di democrazia ricordati sopra dal prof. Canfora.
Si vuole da un lato intimorire quegli operatori sanitari ostinati nel proprio credo professionale e restii alle blandizie economiche e dall’altro far passare il concetto che il sistema, drasticamente ridotto finaziariamente, può permettersi solo limitate prestazioni, le altre si possono avere con le assicurazioni integrative (per chi può permettersele).
C’è alternativa? Certo! E’ quella sancita dalla nostra Carta Costituzionale all’art 32 e articolata in leggi dai Parlamenti democratci riformisti. Leggi che dicono proprio quello che la senatrice del PD Emilia Grazia de Biasi ha sintetizzato così bene con i farmaci: “l’universalismo non è l’aspirina gratis per tutti, ma gli anticancro per tutti”. Infatti, così come l’aspirina, farmaco del inizio del ’900, deve essere integrata, nel nostro Ssn, dai farmaci più moderni come quelli che curano la cirrosi da epatite C e alcuni tipi di cancro; così le specialità mediche e chirurgiche, sorte al inizio del ‘900, devono essere integrate dalle superspecialità che la moderna medicina ha individuato per risolvere la complessità della medicina moderna. A tale scopo il Parlamento italiano ha varato leggi, come la 229/’99 e 120/’07, che impongono ai Direttori generali di organizzare il lavoro nelle Ulss in modo che con l’impegnativa il medico di famiglia possa indirizzare il lavoratore, suo assistito, al superspecialista esperto nella cura della patologia di cui esso soffre, con tempi d’attesa eguali a quelli a pagamento.
Questa è la via moderna e democratica alla costruzione di un buon servizio sanitario e al risparmio!
Scrìveva 17 anni or sono il chirurgo americano Atul Gawande:
“I tassi di soppravivenza dei pazienti dopo un intervento di cardiochirurgia vascolare e di molte altre operazioni sono direttamente collegati al numero di volte che il medico ha eseguito quella procedura. Venticinque anni fa, i chirurghi generali effetuavano isterectomie, asportavano tumori del polmone e inserivano baypass nelle arterie delle gambe. Oggi per ogni problema c’è uno specialista che ripete all’infinito un numero limitato di procedure… Prendiamo per esempio un intervento chirurgico semplice, la riduzione di un’ernia che ho imparato a fare nel primo anno del mio tirocinio… Nella maggior parte degli ospedali, ridurla richiede circa novanta minuti e può costare più di quattromila dollari. Nel 10-15 per cento dei casi, l’operazione non riesce e l’ernia si riproduce. Ma c’è una piccola clinica alla periferia di Toronto, lo Shouldice Hospital, dove questa percentuale statitisca viene smentita. Allo Shouldice per eseguire una riduzione di ernia impiegano dai trenta ai quarantacinque minuti. E, sorprendentemente, il tasso di ricaduta è appena dell’1 per cento. Inoltre l’operazione viene a costare la metà che altrove. Qual’ è il segreto del successo di questa clinica? In breve, è che i chirurghi della Shouldice eseguono solo interventi di ernia. Ognuno di loro riduce tra le seicento e le ottocento ernie al anno, più di quanto riduca un chirurgo generale in tutta la sua vita”. In “ Con cura” edizioni Einaudi 2000
Cioè la modernità che le belle leggi italiane hanno normato con in più la nostra democrazia costuzionale.
“ La Riforma non è stato un atto autocratico nel chiuso di una stanza da un pugno di burocrati. Fu invece l’esecuzione di un mandato puntuale e puntiglioso del Parlamento al Governo. (…) vi fu un lungo e complesso confronto parlamentare accompagnato da numerose audizioni e da un serrato dibattito, non privo di asprezze polemiche e di momenti di duro scontro. (…) La riforma non fu una scelta solitaria, ma un lungo e complesso processo politico, guidato da una idea forte: mettere al centro della sanità il cittadino, l’ammalato, la persona. (…) Il patto per la salute superava la vecchia e ancora radicata, impostazione paternalistica che assimila il sostegno ai più svantaggiati “alla beneficenza di Stato”. (…) L’ idea del patto fa leva sul legame inscindibile tra salute, democrazia e giustizia sociale .” Rosi Bindi
E’ giusto protestare contro i tagli in sanità ma non basta lanciare i soliti slogan, validi per tutte le stagioni. Bisogna saper dire ai lavorati per quali obiettivi immediati devono lottare per innovare l’organizzazione sanitaria e perché resti al passo di prestazioni sanitarie appropriate dal punto medico ed economico.
Bisogna chiedere di lottare per la legalità costituzionale contro l’anarchia delle classi dirigenti: pago il ticket perché c’è una legge che me lo impone, non la condivido e farò il possibile perché il mio partito politico in parlamenro cambi quella legge, ma fin che c’è pretendo che mi vengano applicate anche quelle leggi che con quel ticket permettono che il mio medico di medicina generale possa guidarmi nella scelta dello specialista da cui farmi curare e che i tempi d’attesa per la prestazione, con quel ticket, siano uguali a quelli a pagamento.
Se si continua con “Siamo i primi a volere un SSN più sostenibile. Ma tagliare non vuol dire razionalizzare”…. “Basta tagli, per cambiare la sanità serve innovazione organizzativa e sviluppo professionale. Non si può chiedere altro se non ha scapito della qualità del Servizio Sanitario Nazionale. Serve una vera riorganizzazione dei percorsi di cura e dei processi di lavoro: più integrazione fra le professioni, più adeguatezza nelle prestazioni, più attenzione ai bisogni delle persone, meno sprechi e meno gerarchia. E’ così che si generano economie da renivestire a vantaggio di tutti: operatori e pazienti”…”ecc ecc.”. (Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fp, Fials, Fsi, Nursind, Nursing-up), senza prendere posizione sulla legalità già conquistata i lavoratori continueranno a credere che i riformisti, anche quelli che si definiscono radicali, hanno abbandonato le loro riforme.