L’abbraccio fra Pisapia e Boschi e la coerenza del Sì

di Alfonso Gianni - Huffingtonpost - 24/07/2017

C’è qualcosa di profondamente malato nella politica di questo nostro paese, se, a distanza di giorni, tiene ancora banco l’abbraccio tra Giuliano Pisapia e Maria Elena Boschi alla Festa dell’Unità. Addirittura si discute attorno alla intensità del gesto, se doveva essere solo di convenienza o esprimere condivisione. Il dito e la luna. Non ha torto, purtroppo, Massimo Giannini quando afferma che una sinistra si rivela morente se considera “mortale” tale abbraccio.  Ma per motivi opposti a quelli che egli adduce. Lo scambio plateale di affettuosità politiche fra Pisapia e la Boschi era quasi un atto dovuto. L’ex sindaco di Milano ha votato Sì al referendum costituzionale. L’altra sera alla partecipatissima assemblea alla Camera del Lavoro di Milano aperta da Tomaso Montanari, Gad Lerner, che di Pisapia è sostenitore da lunga data, ha rivendicato con orgoglio mal riposto quel voto. Sapeva benissimo con non incontrava affatto il comune sentire dei presenti, ma lo ha fatto ugualmente, per ribadire che quella scelta resta un punto di identità per Campo Progressista. Più chiaro di così.

E allora perché stupirsi dell’abbraccio fra Pisapia e la Boschi che della sciagurata deforma costituzionale sconfitta il 4 dicembre è stata la madrina? Quell’abbraccio suggella una realtà e una scelta di campo già noti. E qui bisogna decidersi. O si ritiene quel voto in difesa della Costituzione un clivage culturale, politico e programmatico, oppure si vogliono solo intorbidire le acque. La lista Arcobaleno (peraltro maturata in condizioni diversissime dalle attuali) non fu un successo, ma una lista bigia ove tutte la vacche hanno lo stesso colore sarebbe peggio.

Mi si potrebbe obiettare che il 4 dicembre votò anche la destra per il No. Vero, ma questa lo fece per motivi puramente strumentali, tanto che per farlo dovette difendere un testo costituzionale che nel 2006 lei stessa aveva cercato di manomettere con la famosa controriforma sul premierato, respinta anche in quel caso dalla maggioranza degli aventi diritto al voto e dei votanti. In ogni caso questa destra si appresta ad andare in campagna elettorale con una proposta su un punto cruciale della contesa politica e sociale – se volessimo finalmente stare ai contenuti – quale la flat tax, inventata da Milton Friedman nel ’56 e ripescata per l’occasione da Nicola Rossi, ex deputato Ds, oggi all’Istituto Bruno Leoni, think tank del neoliberismo italiano, che oltre che essere un insulto alle crescenti diseguaglianze, sarebbe una misura anticostituzionale, entrando in collisione evidente almeno con gli articoli 2 e 53 della nostra Carta. La sinistra che ha difeso la Costituzione il 4 dicembre dovrà quindi tornare a farlo nel corso della prossima campagna elettorale, riunendo tematiche democratiche con quelle sociali.

Ma per farlo bisogna che una sinistra esista ed abbia una consistenza credibile e convincente. Ed eccoci al punto. Cosa propone Pisapia? Non è facile comprenderlo nel dettaglio, visto che tra i discorsi di Piazza Santi Apostoli il suo è stato quello più inconsistente. Ma quanto alla formula politica non lascia dubbi: il centrosinistra, pudicamente rivestito con l’insignificante aggettivo “nuovo”. Pisapia lo ribadisce ad ogni occasione, non ultima l’intervista odierna sul giornale che lo sponsorizza, cioè Repubblica. E centrosinistra vuole dire una cosa sola – se le parole hanno ancora un senso -: alleanza con il Partito di Renzi. Non importa che questo sia ormai chiaramente un partito pigliatutto di centro con lo sguardo fisso a destra. Il mantra del centrosinistra viene ripetuto ossessivamente. Anzi praticato, visto che malgrado le dichiarazioni sulla discontinuità si continua ad appoggiare il governo Gentiloni ed i suoi provvedimenti, Sarebbe bene che gli esponenti del Mdp ne traessero le definitive conclusioni e scegliessero cosa fare.

Anteporre la scelta delle alleanze alla costruzione del soggetto che le dovrebbe praticare, significa strozzarlo nella culla. Il passaggio elettorale – al di là degli sbarramenti in basso la cui entità non è nota – dovrà dire se esiste o no una sinistra capace di dotarsi di una rappresentanza nelle istituzioni civili e politiche del paese.

A questo lavora il tentativo promosso da Anna Falcone e Tomaso Montanari di costruire una lista di cittadinanza di sinistra. Dove programmi e candidature possano trovare un consenso popolare non solo a posteriori, ma nel percorso stesso della loro definizione A questo sono finalizzate le assemblee di questi giorni e l’appuntamento di due giorni per il 29 e 30 settembre, già annunciato da Montanari nell’assemblea della camera del Lavoro milanese. Un percorso non facile, certo, ma se si vuole discontinuità, questa è la strada.

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