L’Italicum è quasi legge nel peggiore dei modi

di Daniela Gaudenzi - Il Fatto Quotidiano - 23/04/2015

Con l’approvazione scontata della maggioranza in commissione Affari Costituzionali alla Camera la riforma di Renzi orfana di Berlusconi, che ora tuona contro la peggiore elettorale di tutti i tempi come se lui l’avesse avversata dalla prima ora, è prossima al varo definitivo a meno che il voto segreto in aula possa provocare sfracelli.

Comunque vada, e naturalmente chi da sempre ha individuato nell’Italicum abbinato al Senato dei non eletti una grave involuzione del sistema democratico si augura che non sia approvato, si tratta di una pessima pagina.

Il ministro Boschi, dopo la sostituzione d’imperio dei dieci dissidenti in Commissione rivendicata come scelta doverosa di Renzi in qualità di segretario, anche da costituzionalisti “riformisti”del Pd come Stefano Ceccanti, ha lanciato un anatema contro la richiesta di voto segreto. E che il confronto sulla legge elettorale, il meccanismo che traduce i voti in seggi a cui è rimessa in sostanza la realizzazione tramite la rappresentanza della volontà popolare, avvenga “a viso aperto” più che auspicabile dovrebbe essere scontato.

Si potrebbe solo aggiungere che non sembra nemmeno molto comprensibile perché sia previsto dai regolamenti parlamentari il voto segreto su una materia che non interroga le coscienze individuali ma regola il meccanismo fondamentale della partecipazione democratica: i cittadini elettori avrebbero quanto mai il diritto di sapere come ha votato ogni singolo parlamentare.

Quello che la Boschi, Renzi e Guerini che liquida la presa di posizione un “po’ tardiva” della minoranza Dem come “cagnara” ignorano con ostentata arroganza è il contesto istituzionale e parlamentare  che hanno determinato e in cui si sono portati a casa l’approvazione dell’Italicum.

Non solo il partito del presidente-segretario ha rottamato 10 dissidenti per sostituirli con 9 fedelissimi, qualcosa di tutt’altro che scontato almeno finché non viene riformato e/o abrogato il divieto costituzionale del vincolo di mandato, “una forzatura” anche secondo una sentenza interpretativa della Corte Costituzionale. Con l’abituale ipocrisia, il Renzi-partito dopo aver additato Grillo al pubblico ludibrio come un pericoloso dittatore quando con qualche fondamento, ha messo in dubbio l’attualità e la necessità di mantenere in vigore il divieto posto allora dai costituenti per garantire al massimo livello l’autonomia dei singoli parlamentari, ha rivendicato ed esercito “il diritto-dovere” di  ritirare e rimpiazzare i non allineati.

Ma, dettaglio di non poco conto, l’approvazione del testo, già dichiarato “intoccabile” su premio di maggioranza e capilista bloccati, che venivano spacciati come un diktat berlusconiano, Renzi l’ha ottenuta dai suoi mentre tutte le opposizioni hanno abbandonato la commissione. E come se non bastasse sul voto in aula dove l’Italicum approda il 27 aleggia in modo tutt’altro che virtuale il voto di fiducia, un’opzione che se non è formalmente incostituzionale andrebbe a gravare pesantemente in termini politici su una legge che non manifesta la discontinuità con il Porcellum richiesta chiaramente dalla Consulta.

Insomma gli scenari ipotizzabili al momento spaziano tra l’approvazione con voto di fiducia di una pessima legge elettorale, il suo teorico affossamento in aula  grazie alle “imboscate” con il voto segreto già “annunciato”  da Fi e l’esito incerto della “trattativa” lanciata last minute dal Pd: approvazione dell’Italicum da parte delle  minoranze in cambio della rinuncia al voto di fiducia da parte del governo.

Non so se come ripete un po’ ossessivamente buona parte dell’informazione i cittadini sono così disinteressati alla legge elettorale e alle riforme costituzionali perché comprensibilmente assillati da ben altri problemi. Purtroppo anche questa volta a segnalare in tempo e con coerenza la posta in gioco con Italicum e riforma costituzionale sono stati sempre i soliti noti: i “professoroni”, Il Fatto Quotidiano, quelli che per dirla con Renzi “vedono solo ciò che non va e si chiamano fuori”.

Ormai i giochi sono quasi fatti e per come si annuncia il voto finale in aula non sembra che i cittadini avranno dalla politica qualche motivo in più per apprezzarla.

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