L'ora di religione cattolica è incompatibile con la laicità

di Antonia Sani, Comitato Nazionale Scuola e Costituzione - 19/02/2015

Mentre la Circolare Ministeriale n. 51 per le iscrizioni all’anno scolastico 2015-16 presenta il consueto involucro di contraddizioni e discriminazioni per coloro che non si avvalgono dell’Insegnamento della religione cattolica (IRC) nella scuola dello Stato, un esempio inedito di laicità ci giunge da una scuola privata svizzera della città di Bergamo.

L’Istituto, pur non tenuto all’osservanza del Concordato italiano con la Chiesa cattolica, per compiacere la maggior parte dei genitori frequentanti, portava inserito nella programmazione didattica l’insegnamento della religione cattolica. Quest’anno – a quanto apprendiamo dalla stampa – il capo dell’Istituto – visto il numero crescente di appartenenti ad altre confessioni religiose, di agnostici, atei, non credenti, ma anche di cattolici laici non favorevoli a un insegnamento religioso nella scuola – ha deciso di cancellare l’ora di religione cattolica dall’orario scolastico sostituendola con un’ora di “Etica” destinata all’intera popolazione scolastica.

A fronte di questa decisione, che colpisce per la sua coerenza e semplicità, ma soprattutto per la laicità di cui è espressione, la scuola pubblica italiana continua a dibattersi tra le maglie di un Concordato partorito all’Art.9 dal cedimento acquiescente dello Stato italiano disposto a dirsi appagato dall’introduzione di una facoltatività di facciata in luogo del vecchio obbligo/esonero.

I moduli di iscrizione che dal 2011 si susseguono invariati nella parte relativa all’IRC, di tale acquiescenza sono la rappresentazione plastica.

La CM n. 110 del 2011 introdusse infatti in aggiunta alla norma contenuta nell’Art.310 del T.U. della legislazione scolastica (possibilità di modifica della scelta di anno in anno) la seguente dicitura: “esclusivamente su iniziativa degli interessati”. Quale l’obiettivo di questa sibillina disposizione? Evidentemente ridurre al minimo il numero di coloro che vorrebbero abbandonare l’IRC. L’iniziativa degli interessati può essere bloccata se la scuola non informa annualmente della possibilità prevista all’Art.310 del T.U., resa nota soltanto all’atto dell’iscrizione al primo anno.

Contestualmente, la CM n.110 del 2011 introdusse un’altra disposizione fortemente discriminatoria: il modulo C relativo all’indicazione delle opzioni alternative all’IRC dovrà essere consegnato dagli interessati nel primo mese del nuovo anno scolastico, anziché all’atto dell’iscrizione, come era stabilito dalle CM degli anni precedenti.

Le prime CM in materia emanate dalla ministra Falcucci (1986) disponevano, sì, l’organizzazione delle attività alternative nel primo mese di lezione, ma allora le iscrizioni avevano luogo dopo la fine delle lezioni; da alcuni anni, invece, le iscrizioni sono anticipate al mese di gennaio, e inoltre la sent. del Consiglio di Stato del 7 maggio 2010 definisce non discriminante l’IRC solo in presenza di attività alternative.

Ci sarebbero dunque le concrete condizioni per la raccolta delle preferenze espresse da genitori e studenti nel mod. C – certo, dopo la scelta relativa all’IRC che non deve configurarsi come opzione tra religione cattolica e altro insegnamento – ma comunque entro un breve termine dalla data dell’iscrizione. I Collegi dei docenti potrebbero così ottenere tempestivamente un quadro delle opzioni e procedere agli adempimenti, in modo da iniziare il nuovo anno scolastico con pari dignità di tutte le scelte espresse.

Con il provvedimento in corso si è sancita una volta di più la discriminazione di chi non si avvale dell’IRC. Chi sceglie l’IRC avrà da subito un insegnante a disposizione, mentre i non avvalentisi dovranno attendere l’esame delle proprie opzioni per un’adeguata collocazione che tenga conto delle richieste di genitori e studenti, come previsto dalle disposizioni vigenti. Intanto vagheranno per la scuola senza fissa dimora.

Ma sul versante dell’IRC c’è un’altra importante questione avvolta nell’ambiguità: lo status delle scuole paritarie private di fronte all’IRC.
All’epoca della firma del Nuovo Concordato non esistevano, ossia esistevano come scuole private. Le scuole paritarie sono state partorite durante il ministero di Luigi Berlinguer con la Legge 62/2000.

Il sistema scolastico “statale” è stato trasformato in sistema scolastico “nazionale” comprendente scuole statali e Scuole paritarie private e degli Enti Locali. Un oltraggio alla Costituzione che all’Art.33 prevede una chiara distinzione tra scuole statali e istituti privati.

Per quanto concerne l’IRC, le scuole degli Enti Locali , da sempre scuole “pubbliche”, erano state assimilate alle scuole statali a partire dall’entrata in vigore del Nuovo Concordato, e pertanto tenute, sia pure con modalità autonome, al rispetto del regime concordatario. (2 ore di IRC nella scuola dell’Infanzia!).
Non così le scuole paritarie private. Esse svolgono un servizio pubblico ma mantengono le prerogative di istituti privati loro riconosciute dalla Costituzione. Un vero rompicapo.

Il Nuovo Concordato (L.121/1985) e l’Intesa applicativa(DPR 751/1985) si riferiscono esclusivamente alle scuole pubbliche , ma essendo la stragrande maggioranza delle scuole paritarie private istituite dalla Chiesa cattolica, “l’ora di religione” è comunque parte integrante della programmazione e, in regime di concorrenza- ciò avviene anche in scuole private non confessionali.

La casistica è assai variegata. Vi sono scuole paritarie in cui la valutazione per l’IRC viene effettuata tramite voti numerici che fanno media con le altre discipline e contribuiscono all’assegnazione del “credito scolastico”. In altri casi non viene consentita la facoltà di non avvalersi dell’IRC essendo indicata la formazione religiosa come il cuore del progetto educativo dell’istituto.

A questo proposito, le autorità amministrative interpellate hanno fornito spiegazioni non univoche: secondo alcuni uffici l’applicazione del Concordato deve essere attuata anche nelle scuole paritarie private poiché svolgono un servizio pubblico, ricevendo contributi pubblici a fronte del rispetto dei principi costituzionali peraltro elencati nella legge 62 (insegnamento improntato ai principi di libertà, anche nell’”eventualità” di “ispirazione di carattere culturale o religiosa”); secondo altri, lo status di scuole paritarie non cancella l’identità di scuola privata, pertanto non soggetta al Concordato, libera di definire il proprio progetto educativo sottoscritto dai frequentanti (i quali a volte sono costretti nella loro scelta dalla natura di queste scuole, “sostitutive”, non “aggiuntive” di scuole pubbliche).

Contraddizioni, discriminazioni, ambiguità: sempre più ci rendiamo conto dell’incompatibilità di questo Concordato con la complessità del mondo della scuola di oggi, sia pubblica che privata, dove diverse etnie, diverse confessioni religiose, oltre al rispetto del principio di laicità, non possono continuare a soggiacere ai privilegi concessi a una sola religione.
La decisione della scuola privata svizzera in una città come Bergamo è un segnale da non sottovalutare.

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