E’ in atto anche a Parma un gigantesco attacco al mondo del lavoro.
Industrie conserviere, Nestlè, Tecnopali sono artefici di tracotanti 
piani industriali, che puntano al ridimensionamento dell’organico e/o al
 trasferimento di interi comparti produttivi.
I lavoratori non sono certo impreparati a fronteggiare le sopraffazioni 
loro inflitte. C’è una lunga storia di resistenza ad ogni forma di 
prevaricazione, che hanno scritto con strenua determinazione e spirito 
di sacrificio nel corso dei decenni .
Quanto sta accadendo in questi ultimi tempi ha tuttavia caratteri  
nuovi: in gioco non c’è solo il rinnovo dei contratti di lavoro e gli 
ostacoli che solitamente vi si frappongono, bensì l’attacco al potere 
contrattuale dei lavoratori. Non si vogliono nemmeno aprire tavoli di 
concertazione per il rinnovo dei contratti di lavoro se i lavoratori non
 rinunciano alla loro mobilitazione, se non smettono di lottare. Non 
solo, se non accettano di contrattare azienda per azienda, al di fuori 
di contratti provinciali e di settore.
Frantumare la contrattazione, isolando e disarticolando ogni azienda dal
 contesto delle altre imprese, significa creare le condizioni per 
indebolire in maniera formidabile le rivendicazioni, la forza 
contrattuale per sostenerle, imporre margini di contrattazione al 
ribasso in termini di costo di lavoro, contratti di lavoro, difesa dei 
diritti.
E’ il caso delle industrie conserviere di Parma, che pur a fronte di un 
aumento dell’export del 5,8%,calcano la mano, ricattano i lavoratori e 
le loro maestranze, non rinnovando il contratto scaduto nel 2013.
E’ il caso della Nestlè, che a Parma, come negli altri stabilimenti in 
Italia, subordina il rinnovo dei contratti all’accettazione da parte dei
 lavoratori di forme contrattuali nuove, a tempo determinato, 
flessibili, subordinate alle esigenze mutevoli della produzione.
E’ il caso della Tecnopali, che vuole mettere in mobilità 67 lavoratori,
 non accetta nessuna proposta dei sindacati,  e pretende che cessino 
immediatamente le mobilitazioni e le lotte.
Naturalmente tutto ciò si incrocia con la crisi e l’acuirsi delle 
contraddizioni e della concorrenza tra i grandi gruppi capitalistici.
Lo strumento fondamentale individuato per farvi fronte è sempre lo 
stesso: ridurre il costo del lavoro. E’ nuovo il modo: disarticolando le
 lotte, le forme contrattuali, le tipologie contrattuali, attraverso un 
gigantesco processo di ristrutturazione del lavoro, che è una  forma 
evoluta della più brutale divisione del lavoro, volto a renderlo sempre 
più ricattabile, disarmato sotto  il profilo contrattuale e politico, 
funzionale alle esigenze produttive delle aziende ed ai loro cicli 
temporali
Lavorare se e quando ti chiama l’azienda, a salario ridotto, con 
contratti che rendono flessibile il tuo lavoro, con la minaccia di 
essere rimpiazzabile da “giovani”con contratti di lavoro precari, 
rinnovabili sino a cinque volte, retribuiti la metà del tuo salario di 
lavoratore a tempo indeterminato.
Il decreto Poletti sui contratti a tempo determinato e apprendistato, 
che rende  ricattabile chi si affaccia al mondo del lavoro, rendendolo 
licenziabile a vista e senza possibilità di pretendere alcun diritto, e 
il Jobs Act del governo Renzi, che spaccia una maggiore flessibilità  
come maggiore opportunità di  occupazione, lasceranno mano libera alle 
aziende, riducendo i diritti e i salari. Vale la pena sottolineare che 
l’Associazione dei giuristi democratici ha denunciato alla Commissione 
dell’Unione Europea lo Stato Italiano nella persona del suo Presidente 
del Consiglio dei Ministri poichè ritiene che il decreto Renzi-Poletti 
violi gravemente la normativa comunitaria in materia sul contratto a 
termine, nonché i principi fondamentali della Carta Sociale Europea e 
delle convenzioni dell’OIL, sottolineando peraltro il rischio che la 
forma di gran lunga prevalente di accesso al mercato del lavoro diventi 
quella precaria, sottopagata e priva di numerose tutele e diritti.
Cristina Quintavalla
L’altra Europa con Tsipras

    
