In attesa della pubblicazione della Legge di Stabilità 2016 sulla Gazzetta Ufficiale e della preannunciata Circolare MISE che andrà a chiarire taluni aspetti della nuova disciplina dei procedimenti in corso relativi ad istanze di ricerca e concessione di coltivazione off shore entro le 12 miglia marine, è possibile tracciare un primo bilancio provvisorio della campagna referendaria no triv avviata la scorsa estate da oltre 200 associazioni, movimenti e comitati, che ha spinto ben 10 Assemblee elettive regionali a deliberare la richiesta di referendum.
Dopo aver superato indenni il controllo di regolarità della Corte di Cassazione, il 13 gennaio prossimo i 6 quesiti saranno al vaglio della Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sulla loro ammissibilità anche alla luce di una serie di norme che il Governo ha inserito con apposito emendamento nella Legge di Stabilità 2016 sotto la minaccia incombente del referendum.
Per valutare a pieno le immediate ricadute della Legge di Stabilità sul futuro energetico del nostro Paese, bisognerà attendere la richiamata circolare del MISE. Tuttavia, una volta entrate in vigore, le modifiche normative approvate dal Parlamento determineranno comunque un punto a favore della battaglia no triv; produrranno risultati certi, ancorché molto parziali e non appaganti, che vanno ascritti per intero alle capacità di intuizione, elaborazione e mobilitazione di quanti hanno individuato nel referendum lo strumento più efficace e immediato per cogliere obiettivi mai ottenuti per altra via se non, una volta sola, per concessione del Governo Berlusconi a seguito del disastro della Deepwater Horizon nel 2010.
Secondo dati del Ministero diffusi da "La Staffetta Quotidiana" (v. anche tavole) e secondo unanime opinione espressa da media ed analisti, la pressione referendaria ha prodotto la sospensione di numerosi procedimenti autorizzativi; in particolare di:
- 15 istanze di ricerca di cui 3 hanno avuto già una V.I.A. favorevole da parte del Ministero dell'ambiente, 11 hanno il procedimento di VIA in corso ed 1 deve ancora ottenere il parere da parte della CIRM. Attualmente sono in corso ben 41 istanze di permesso in mare;
- 8 istanze di concessione di coltivazione. Ben 5 di queste si trovano completamente all'interno della zona interdetta; 6 sono in corso di VIA, 1 in fase CIRM e di 1 (Ombrina Mare) si attende la pubblicazione del relativo decreto di concessione;
- 4 istanze di permesso di prospezione; tra queste spiccano le 2 della Spectrum Geo, sui cui si pronuncerà il TAR Lazio nel corso del 2016 a seguito del ricorso presentato dalla Provincia di Teramo e da alcuni Comuni abruzzesi e marchigiani.
Con la Legge di Stabilità, che recepisce formalmente 3 dei 6 quesiti referendari, vengono meno i caratteri di “strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere” ed il “vincolo preordinato all’esproprio della proprietà privata”, prevista dallo Sblocca Italia già a partire dalla fase di ricerca degli idrocarburi.
Prendendo ad esempio una delle 55 istanze di ricerca su terraferma in corso, la "Corropoli", rimasta incagliata nelle secche del rilascio dell'Intesa, se nel 2004 il soggetto proponente avesse potuto avvalersi dell'opportunità prevista nell'art. 38 comma 1 dello Sblocca Italia, avrebbe richiesto senz'altro il rilascio del titolo unico concessorio e l'esproprio dell'intera area interessata dall'istanza, pari a 172 kmq., fin dalla fase della ricerca.
Si deve alla spada di Damocle del referendum se oggi pericoli simili possano dirsi momentaneamente scampati.
Infine, per evitare nell'immediato uno scontro istituzionale che sarà comunque inevitabile tra qualche mese in occasione del referendum sulla revisione del Titolo V della Costituzione, il Governo ha ripristinato il principio di leale collaborazione con le Regioni che, come nel recente passato, sono nuovamente chiamate ad esprimere un’Intesa "forte" sul rilascio dei titoli minerari.
Grazie alla minaccia del referendum, l'Intesa torna ad essere atto a struttura bilaterale, non più nella sola disponibilità dello Stato.
Appena un anno fa numerose Regioni si apprestavano a presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro l'art 38 comma 1 dello Sblocca Italia e contro la Legge di Stabilità 2015. Si sarebbero poi ripetute in occasione della pubblicazione del Disciplinare-tipo ma senza ottenere da parte del Governo alcuna apertura al confronto e, men che meno, un'inversione di rotta.
Fin qui i fatti che necessitano di essere analizzati, soppesati e contestualizzati.
Il Coordinamento Nazionale No Triv ha manifestato fin da principio
gravi e motivate perplessità sulle reali intenzioni del Governo,
evidenziando le minacce insite nell'emendamento approvato in prima
istanza alla Camera in Commissione Bilancio (in primis, abrogazione del
Piano delle Aree tanto avversato dalle compagnie petrolifere e doppio
binario per il rilascio dei titoli) e facendosi esso stesso promotore di
adeguate contromosse sul piano normativo per ottenere, ad esempio,
l'immediato ripristino del Piano delle Aree e, più in generale, per
salvaguardare lo spirito e gli obiettivi del referendum mentre Governo e
Parlamento hanno preferito battere altra strada per ingabbiarlo.
Del
resto, a supporto di un'insospettabile sensibilità ecologista il
Governo avrebbe potuto semplicemente riprodurre integralmente e
fedelmente i quesiti referendari, inserendoli tout court nella Legge di
Stabilità. Il che non è stato.
Preoccupato per via di
un'opinione pubblica che recenti sondaggi danno in larga maggioranza
schierata su posizioni No Triv, l'Esecutivo è stato costretto ad un
riposizionamento tattico per di tentare di eludere il referendum,
rinviando a tempi più fausti lo scontro finale con le forze che
compongono il cartello referendario e preventivando, da qui a un anno,
un nuovo cambio di rotta, questa volta manifestamente in senso Sì Triv.
Intervenendo sulla Legge di Stabilità, il Governo ha tentato di disinnescare il primo di una serie di referendum che ne minacciano la tranquilla navigazione fino al referendum sulla revisione della Costituzione e, in prospettiva, fino alla scadenza naturale della legislatura: Italicum, riforma del mercato del lavoro, cattiva scuola, ecc.. Sciogliere tutti i nodi contemporaneamente sarebbe stato rischioso per chiunque.
Renzi
ha pagato dazio: pur facendo di necessità virtù, rispondendo alla sfida
No Triv ha evidenziato la sua vulnerabilità ed i suoi punti deboli. Il
Presidente del Consiglio non è più in grado di garantire certezze alla
City londinese ed agli investitori interessati a scommettere sul futuro
prossimo dell'Oil&Gas in Italia.
Le compagnie più
colpite dalla sospensione dei procedimenti saranno costrette a rivedere
le loro previsioni al ribasso ed i loro progetti di investimento più di
quanto avrebbero dovuto fare a causa della tendenza ribassista del
prezzo del greggio.
Confidiamo dunque che alla ExxonMobil, andata via dalla Val D’Agri in Basilicata, possano seguire, anche per effetto del referendum, altre compagnie petrolifere, Rockhopper Exploration in testa.
L'incertezza normativa generata dalla Legge di Stabilità è un dato di realtà con cui i mercati mal volentieri si stanno confrontando: l'Italia ha confermato la sua fama di Paese imprevedibile, in cui investire nell'Oil&Gas riserva enormi incognite; è quel Paese in cui, nonostante il piglio decisionista ed irriverente di Renzi, unito alla frammentazione delle opposizioni parlamentari, "quattro comitatini" possono indurre un Governo a rivedere i propri piani, a soprassedere dall'assumere decisioni impopolari ma vitali per l'establishment finanziario.
L'approvazione della Legge di Stabilità è oggettivamente la prima battuta d'arresto per il Presidente del Consiglio, considerato finora "affidabile" dai poteri forti e dalle lobbies del gas e del petrolio.
Al netto da ogni contrapposizione tra fautori e detrattori del referendum, tra minoranze e maggioranza parlamentare, tra chi è amante e cultore dell'estetica della lotta e chi invece ritiene -come noi- che i nodi politici debbano essere sciolti misurandosi sul campo e nel merito con gli avversari, e senza nulla voler anticipare rispetto a considerazioni il cui tempo è rinviato a dopo il 13 gennaio, l'esperienza degli ultimi mesi dimostra che la partecipazione, la pressione che in modo unitario e trasversale le associazioni, i movimenti ed i comitati possono esercitare sulle istituzioni, sono in grado di influenzare e determinare le scelte della "politica".