Domenica 17 aprile 2016 si vota per il referendum contro le trivellazioni in mare. Se vincerà il sì, come auspichiamo, sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dove si prevede che le trivellazioni continuino fino a quando il giacimento lo consente. La vittoria del sì bloccherà la proroga a tempo indeterminato delle concessioni per estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana introdotta nella legge di stabilità del dicembre 2015. Le estrazioni potranno comunque proseguire fino alla scadenza delle concessioni attualmente vigenti. Il quesito di fatto interessa 26 concessioni attive che comprendono 79 piattaforme e 463 pozzi. Di queste, 9 concessioni sono scadute o in scadenza ma con proroga già richiesta; le altre 17 concessioni scadranno tra il 2017 e il 2027. In caso di vittoria dei no invece, tutte le estrazioni continueranno a tempo indeterminato “per la durata di vita utile del giacimento”.
L’Italia si è presa l’impegno di accelerare la transizione dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili già dalla Conferenza di Parigi, insieme ad altri 185 (!) paesi, al fine di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 gradi centigradi entro il 2020. Non mantenere questo impegno vuol dire lasciare una situazione deteriorata a chi verrà dopo di noi. In più, bisogna sapere che a pagare di più per le catastrofi ambientali saranno proprio quelli con meno mezzi per difendersi. I poveri insomma. Ma per rispettare gli impegni qualcosa va fatto: ad esempio dobbiamo lasciare dove sono, parte delle fonti fossili che già conosciamo. L’Italia si è già presa questo impegno.
Con questa consapevolezza procediamo per punti, partendo dagli argomenti di chi è favorevole alle trivelle.
1. Smettere di trivellare significa dover importare idrocarburi, legandoci mani e piedi a Putin o al caos libico. FALSO.
Innanzitutto il referendum è soprattutto sui giacimenti di gas, i cui consumi sono in continuo calo
(e con essi la produzione nazionale di gas), quindi una diminuzione
della produzione di fonti fossili può essere compensata da un risparmio
energetico che è anche la soluzione migliore dal punto di vista
ambientale, economico e occupazionale.
Ovviamente questo calo del fabbisogno di gas ha avuto delle ripercussioni: dal 2017 in poi sono almeno 60 le centrali che dovremo chiudere. In sostanza abbiamo il parco di centrali a turbogas migliore d’Europa ma lo usiamo pochissimo a causa del boom delle rinnovabili, dell’aumento di efficienza del sistema e dell’assenza di un piano energetico nazionale (l’ultimo è di 40 anni fa). Infatti anche i teorici della realpolitik possono mettersi il cuore in pace: la dipendenza energetica italiana non è mai stata così bassa dal 1990, anche grazie alle fonti rinnovabili che sono passate dal soddisfare il 5% dei consumi finali lordi di energia del 2005, al 21% del 2014 (avevamo un obiettivo al 17% al 2020). Dovremmo piuttosto pensare a spostare verso il settore elettrico molti degli usi finali che attualmente non lo sono, come ad esempio la mobilità e la climatizzazione degli ambienti.
2. Il referendum sulle trivelle è come quello sul nucleare del 2011, votando SI’ perderemmo un’occasione come allora. FALSO
Il NO al nucleare del 2011 è stata una scelta lungimirante.
Niente scorie, disastri e investimenti e tempi fuori controllo per la
costruzione di centrali. Per contro, il NO al nucleare ha reso possibile
il decollo delle energie rinnovabili: il fotovoltaico produce oggi una
quantità di energia paragonabile a quella che avrebbero generata due
reattori nucleari che, nella migliore delle ipotesi, sarebbero stati
pronti nel 2025. Non a caso chi aveva in programma di costruire nuovi
impianti, come l’Inghilterra con Hinkley Point, è in un mare di guai.
3. Le piattaforme ci sono già e non inquinano, quindi non ci sono problemi ambientali. FALSO
Come dimostrano i dati ISPRA per
il triennio 2012-2014 diffusi da Greenpeace la situazione ambientale
non è delle più rosee: ben oltre il 70% delle piattaforme presenta
sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme
comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Cioè gli Standard di
Qualità Ambientale vengono sistematicamente superati, spesso per
sostanze cancerogene in grado di risalire la catena alimentare
raggiungendo l’uomo.
4. Ma allora voi pensate di fare immediatamente a meno delle fonti fossili e di usare solo le rinnovabili, è impossibile. FALSO
Siamo in una fase di transizione e abbiamo di fronte una
scelta: continuare ad investire in ricerca di fonti fossili oppure
accelerare verso il futuro e porci come paese che, per una volta, guidi
l’inevitabile transizione energetica e non la subisca. Per questo la
strategia del governo Monti prima e di quello Renzi poi penalizzano
l’innovazione tecnologica e la ricerca e sono profondamente
sbagliate. Anche perché i risultati delle rinnovabili sono incredibili:
le rinnovabili nel 2014 in Italia hanno generato il 38% dell’elettricità
complessivamente prodotta, il 33% dell’elettricità consumata e il 21%
dell’energia totale consumata. Ma questo grazie soprattutto agli sforzi
fatti prima del 2011. Questa crescita dei volumi ha ovviamente portato
un calo drastico dei costi e ha reso il fotovoltaico e le altre
rinnovabili un’alternativa competitiva: il rapporto di Lazard (una
banca d’affari non un commando ecologista) dice che, dal 2009 ad oggi,
negli USA il costo del fotovoltaico è sceso dell’82% e quello
dell’eolico del 61%. Ormai sono competitive con le fonti fossili (e
molto di più del nucleare).
5. Lo stop alle trivelle ci farà perdere un sacco di posti di lavoro. FALSO
Qualcuno ha
detto che il referendum mette a rischio posti di lavoro e quindi
bisogna schierarsi a favore delle trivelle. Oltre che una battaglia di
retroguardia, è anche una battaglia sbagliata. Con un Pil italiano che
dal 2000 ad oggi è cresciuto con fatica, le rinnovabili sono uno dei
pochi settori i cui consumi sono in forte crescita (tra l’altro
smentendo l’adagio per cui per fare sviluppo bisogna necessariamente
consumare più energia).
In più, i posti di lavoro legati alle rinnovabili sono tutt’altro che
trascurabili: 7,7 milioni nel mondo nel 2014 e con un ritorno, per ogni
1$ investito, tre volte maggiore in termini occupazionali.
6. Se non trivelliamo noi, trivella la Croazia e si prende tutti i vantaggi lasciandoci il rischio ambientale. FALSO
A fine ottobre 2015 il premier socialdemocratico uscente Zoran Milanovic
aveva rinviato a dopo le elezioni ogni pronunciamento sul progetto
delle trivellazioni in Adriatico e, nel gennaio 2016, il nuovo premier
conservatore ha confermato lo stop.
7. Se smettiamo di trivellare e diminuisce la nostra
produzione, aumenterà il traffico delle petroliere nei nostri mari per
le importazioni. Verrà così vanificato il vantaggio ambientale e
sopporteremo costi più alti. FALSO
Innanzitutto non è detto che le importazioni debbano aumentare, anzi
(vedi punto 1). Gli impianti coinvolti dal referendum estraggono gas
naturale che arriva in Italia in larghissima maggioranza attraverso i
gasdotti che portano il gas da Russia, Olanda e Norvegia, Libia e
Algeria. Nel 2015 solo il 9,9% del gas importato
in Italia è arrivato via mare in forma liquida (GNL) presso i
rigassificatori di La Spezia, Rovigo e Livorno. Quindi nessuna invasione
delle petroliere nel mediterraneo.