I Comitati Dossetti per la Costituzione, visti i risultati delle elezioni amministrative in cui si sono variamente intrecciati un voto sui sindaci, un voto sul governo e un voto sulla Costituzione impropriamente chiamata in causa in ragione della sua riforma, esprimono un vivo allarme sul pericolo che il referendum costituzionale sia ora presentato e vissuto come una rivincita rispetto alla sconfitta di oggi, ciò che aggraverebbe la spaccatura del Paese e fomenterebbe il discredito della Costituzione, ridotta a trofeo della lotta per il potere.
I Comitati rinnovano la richiesta già formulata il 10 gennaio 2015 e resa nota al presidente Mattarella, di un rinvio delle riforme costituzionali alla prossima legislatura, nella quale su punti specifici relativi al funzionamento dell’ordinamento vigente potranno essere introdotti opportuni emendamenti costituzionali. Il governo pertanto dovrebbe dichiarare la propria neutralità nel referendum oppositivo che sarà indetto ai sensi dell’art. 138 della Costituzione, garantire in ogni tempo la piena e pari espressione anche delle ragioni contrarie alla riforma e predisporre una nuova legge elettorale, a Costituzione vigente, valida per le elezioni di ambedue le Camere e non gravata da vizi di costituzionalità come quelli già oggetto di pronunzie della Corte.
I Comitati per la Costituzione ricordano ciò che scriveva Giuseppe Dossetti in una analoga occasione di revisione costituzionale nel 1996, quando definiva “una contorsione violenta dell’urgente più urgente”, che si facesse ruotare per settimane intere tutto il dibattito politico intorno a problemi istituzionali, invece che sulla “soluzione politica di problemi attualissimi e preliminari, come l’avvio più deciso del risanamento delle finanze pubbliche, la crescente emergenza occupazionale soprattutto giovanile, la soluzione di certi nodi del tutto vitali del meridione, le regole per una disciplina antitrust e per una informazione pubblica oggettiva e paritaria”.
I Comitati Dossetti per la Costituzione ricordano altresì il giudizio dell’Associazione fondata da Giuseppe Lazzati, secondo la quale la proposta riforma della Carta del ‘48 contiene “diversi errori di grammatica e di sintassi costituzionale”, e quello di chi ritiene che l’attuale riforma “non giovi alla Costituzione” e che “i problemi politici dell’Italia non si risolvono con una ingegneria istituzionale che tende a ridurre il pluralismo e a sacrificare il principio di rappresentanza”.
Raniero La Valle e Luigi Ferrajoli, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Nicola Colaianni, Francesco di Matteo, Mario Dogliani, Domenico Gallo, Valerio Onida, Umberto Romagnoli, Massimo Villone.