La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato sollevati sulle procedure di approvazione delle leggi elettorali del 2015 e del 2017. Tre dei quattro ricorsi presentati da parlamentari e senatori M5s contro la Camera di appartenenza - specifica una nota della Corte - non individuano "in modo chiaro e univoco né la qualità in cui i ricorrenti si rivolgono alla Corte né le competenze eventualmente lese né l'atto impugnato". Per i giudici, gli atti introduttivi sono caratterizzati da "gravi carenze" che "non mettono la Corte in condizione di deliberare sul merito delle questioni". Da qui la dichiarazione d'inammissibilità e il relativo laconico comunicato stampa.
Il comunicato della Corte costituzionale che ha dichiarato inammissibili alcuni ricorsi proposti da alcuni parlamentari (con cui è stato solo sollevato conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato circa lo strozzamento del dibattito parlamentare determinato dall'imposizione del voto di fiducia sul Rosatellum). Si tratta di una decisione non ancora nota nelle motivazioni che non riguarda il merito della legge e la sua evidente incostituzionalità. Derivante in primo luogo dalla violazione del principio per cui se voto Pinco pallo il voto non deve finire a Sempronio che nemmeno conosco, perché non era candidato nel mio Collegio. E dalle liste bloccate prefabbricate. Sul merito la corte si pronuncerà più avanti. Probabilmente dopo le elezioni. E se dichiarerà il Rosatellum incostituzionale sarà la quarta volta in 13 lunghi anni di eclisse parziale della democrazia parlamentare che avremmo un parlamento sostanzialmente delegittimato.
Alla faccia del corpo elettorale sempre più sfiduciato. Generosamente è stato da alcuni proposto ora un nuovo ricorso qualificato come conflitto di attribuzioni tra poterei delle stato. In cui il "potere" ricorrente sono alcuni cittadini, rappresentativi pro quota di sovranità popolare. In quanto popolo sovrano "ricorrenti" e richiedenti alla Corte una pronuncia diretta a rilevare l'illegittimità costituzionale del Rosatellum e ancor prima la prevaricazione dei poteri di un libero parlamento per effetto dell'imposizione di 8 voti di fiducia. Mi pare difficile de jure condito qualificare qualche ricorrente come "popolo sovrano" e anche quale "potere dello stato" che legittimi i ricorrenti a proporre non solo conflitto di attribuzione ma anche a impugnare tout court il Rosatellum censurandone la legittimità costituzionale. Senonché il ricorso di stampo romanistico, evocativo dell'actio popularis, evidenzia il limite del nostro ordinamento giuridico costituzionale, che dopo avere evocato la sovranità del popolo, non realizza tutti gli strumenti per rendere effettivo l'esercizio del potere. Che è potere negativo diretto a contrastare abuso e superamento del limite, ingiustizia manifesta e vessazione a opera dei poteri tripartiti costituiti. Come l'antico tribunus plebis, redivivo nella costituzione di Simon Bolivar e di molti paesi del Sudamerica e dell'area iberica. Nel nostro caso, introducendo il ricorso diretto alla Corte, a opera del nuovo tribuno, l'Ombudsman.
In questi giorni celebriamo a Roma in Campidoglio la secessione plebea sul Monte sacro, che originò il Tribunato in un importante convegno internazionale. Un monito anche per noi! Perché venga introdotto finalmente un Difensore civico per la res publica! La battaglia giuridica contro il Rosatellum bis, passato a colpi di fiducia alla vigilia delle Regionali, continua e il 12 gennaio è prevista la sentenza del Tribunale di Messina sul ricorso presentato dagli avvocati Enzo Palumbo, Tommaso Magaudda, Francesca Ugdulena, Alfonso Celotto per incostituzionalità. Come ha avuto modo di scrivere l'avv.Enzo Palombo difensore dei risorrenti, sulla rivista Non mollare, "in caso di accoglimento delle eccezioni d'incostituzionalità della nuova legge elettorale scatterebbe il caos. L'Italia andrebbe infatti a votare per le politiche di marzo con una legge che è già azzoppata. In realtà l'udienza in corso è una costola del ricorso contro l'Italicum, dichiarato incostituzionale a inizio anno". All'udienza del 17 novembre Enzo Palumbo e i suoi "compagni di viaggio" hanno infatti presentato nuove eccezioni d'incostituzionalità che riguardano la nuova legge elettorale 3 novembre 2017, n. 165, il cosiddetto Rosatellum bis, adottato dal Parlamento in modo inusuale, a colpi di fiducia e con un'operazione fulminea in particolare al Senato, al punto da scatenare le proteste dell'opposizione. In Tribunale gli avvocati dell'Anti-Rosatellum hanno sottolineato come: "1) La nuova legge introduce un sistema elettorale misto, che prevede l'attribuzione a ogni elettore di un unico voto su un'unica scheda, attraverso cui circa un terzo dei parlamentari (232 deputati e 116 senatori) verranno eletti in collegi uninominali con sistema maggioritario a turno unico, mentre gli altri (386 deputati e 193 senatori) verranno eletti in collegi plurinominali, con sistema proporzionale tra liste blindate, singole (che abbiano superato la soglia del 3% dei voti validi su base nazionale) ovvero collegate in coalizioni (che abbiano raggiunto la soglia del 10% e comprendano almeno una lista sopra il 3%)".
I legali hanno deciso di riproporre alcune questioni già avanzate per l'Italicum (ovvero l'iter legislativo seguito attraverso il voto di fiducia e la soglia d'accesso al 3%) e di aggiungere due nuove questioni: 1) Voto congiunto. Il voto che va al candidato nel collegio uninominale viene attribuito automaticamente per la lista blindata nel collegio plurinominale. Il divieto del voto disgiunto, evidenziano i ricorrenti "contraddice la stessa legge che all'art. 1 stabilisce che il voto è diretto e libero, quando invece, il voto è in gran parte indiretto e tutt'altro che libero, essendo previsto: che il voto al candidato uninominale viene trasferito automaticamente alla lista collegata e che il voto dato alle liste in coalizione che non abbiano superato la soglia dell'1%, sia distribuito alle altre liste collegate. 2) L'esenzione dalle firme di presentazione per le liste che fanno riferimento ai gruppi parlamentari costituiti alla data del 15 aprile 2017. Nella nota depositata in Tribunale, Palumbo e Celotto si soffermano su quanto accaduto in Parlamento nei giorni d'approvazione del Rosatellum bis, con particolare attenzione per la seduta fulminea del Senato. Non a caso il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha lasciato il Pd subito dopo il voto mentre non sono mancate dichiarazioni dai toni duri dello stesso ex presidente Napolitano. L'iter al Senato è stato fulmineo, in termini assolutamente irrispettosi della procedura ordinaria che deve essere garantita a una materia così delicata come quella elettorale, presidiata dall'art. 72 della Costituzione.
Nella Commissione Affari Costituzionali del Senato non si è svolto alcun vero dibattito ma un esame virtuale, frettoloso e superficiale, iniziato nel pomeriggio del 17 ottobre, con la fissazione per la mattinata del 20 ottobre del termine per la presentazione degli emendamenti, ancora prima dell'audizione dei costituzionalisti tenutasi nella giornata del 19 ottobre, mentre la discussione degli emendamenti è stata fissata per le ore 16.00 e per le ore 20.00 del 23 ottobre. Nel frattempo, era stato già fissato per le ore 13.00 dello stesso giorno il termine per la presentazione degli emendamenti per l'Aula; una prescrizione, questa, palesemente assurda, posto che gli emendamenti per l'Aula avrebbero dovuto logicamente seguire, e non precedere, il testo licenziato dalla Commissione. Insomma non sottraiamo ai cittadini il diritto di votare secondo Costituzione e ai cittadini il diritto di interpellare la Corte. Prima e non dopo che il misfatto si compia.