Eppure mi pareva di averla già sentita la storia delle rinnovabili elettriche al 50%…
E non parlo di ieri in mondo visione da New York, parlo dell’autunno del 2013, nel corso delle primarie del partito di maggioranza del Paese, quando Renzi non era ancora né segretario del PD, né, tantomeno, presidente del Consiglio. Una fissazione che viene da lontano, la sua! Almeno parrebbe…
Peccato che da quando è al Governo di questo Paese le rinnovabili le abbia solo citate in alcuni contesti internazionali, ma che, provvedimenti alla mano, abbia nel frattempo sostanzialmente fatto peggio dei tre governi che l’hanno preceduto (e non era impresa semplice!).
Si inizia nel 2014 con lo “Spalma incentivi”, atto gravissimo, unilaterale (per cui sono in valutazione numerosissimi ricorsi, che il TAR ha portato alla Corte Costituzionale), che ha modificato al ribasso le condizioni contrattualizzate con i proprietari di impianti alimentati da fonti rinnovabili di taglia medio-grande provocando ingenti danni agli investimenti e immediata fuga degli investitori del settore.
Poco dopo arriva lo “Sblocca Italia” (con i noti semafori verdi per trivelle, inceneritori, autostrade, eccetera) che aveva, tra i pochissimi pregi, l’indicazione di riformare entro dicembre 2014 il conto termico. Lo strumento, che prevede incentivi a cittadini, enti locali ed imprese per impianti alimentati da fonti rinnovabili ed interventi di efficientamento energetico, aveva infatti mostrato in maniera lampante di non funzionare adeguatamente. Malgrado la norma, il nuovo conto termico è arrivato solo qualche giorno fa, con il risultato che dei 900 milioni di euro a disposizione per il 2015, solo 31 siano stati effettivamente spesi.
Che dire, poi, del nuovo decreto per le fonti rinnovabili non fotovoltaiche? Doveva essere pubblicato entro la fine del 2014 e, invece, è, a pochi mesi dalla scadenza del decreto attualmente in vigore, ancora in corso di negoziazione/definizione (anche visti i fortissimi dubbi che ha suscitato in commissione UE) e che prevede alcuni orrori tipo gli incentivi agli inceneritori (si, perché quei mostri mica sono economicamente sostenibili senza supporto, eh!), agli ex-zuccherifici e riduzioni drastiche agli incentivi dedicati alle rinnovabili vere.
Da qualche tempo, senza che il governo facesse assolutamente nulla, malgrado le mille segnalazioni, è inoltre stata approvata una riforma della tariffa elettrica che penalizza pesantemente l’auto-produzione (che era uno dei pochissimi strumenti su cui poteva puntare il fotovoltaico, finita in maniera dissennata e drastica la stagione degli incentivi) e chi investe in risparmio energetico.
A causa di pratiche per cui sarebbe arrossito persino l’azzeccagarbugli di Manzoni, inoltre, è completamente bloccato da due anni buoni anche il promettentissimo settore del bio-metano, il cui potenziale sul territorio nazionale è 4 volte superiore ai quantitativi di metano a cui non si è assolutamente voluto rinunciare in 10 anni, perché strategici e irrinunciabili (si tratta di ricavare gas con le stesse caratteristiche del metano “fossile”, producendolo attraverso processi di fermentazione della frazione umida dei rifiuti, degli scarti dell’industria agro-alimentare, delle deiezioni animali).
Nessunissimo accenno concreto, in tutto ciò, ad una revisione del piano energetico nazionale, all’incentivazione delle nuove tecnologia (come gli accumuli, su cui, ad esempio, la Germania ha puntato fortemente), alla semplificazione degli iter-burocratici, all’istituzione di una carbon-tax, a finanziamenti per la ricerca e l’innovazione, e via discorrendo.
E, al danno la beffa: mentre si dice che le rinnovabili costano troppo e che non ci sono soldi, si continuano a sovvenzionare in mille modi le fossili (Legambiente parla di oltre 14 miliardi di euro lo scorso anno). E’ vero, qualcosina di buono nel collegato ambientale ci sarebbe anche… Peccato che manchino diversi dei decreti attuativi (e siamo a fine aprile).
Insomma, l’unico interesse dimostrabile e reale nel settore delle fonti rinnovabili, sembrerebbe, almeno fino ad ora, quello di affossarlo. Il grafico che segue mostra più chiaramente la situazione di altre mille parole che si potrebbero scrivere, come anche fanno le decine di migliaia di posti lavoro persi nel settore negli ultimi 3 anni, le aziende chiuse e quelle, anche italiane, che devono investire all’estero perché qui proprio non si può.
Sarebbe persino bello poter credere alle recenti parole del premier… Ma dai primi annunci del GreenAct (ormai quasi vintage il tweet “istitutivo” del 2 gennaio 2015) di acqua sotto i ponti ne è passata molta, davvero troppa!
E, se posso dirlo, a me sembra sporca di petrolio, come quella del Polcevera.