Il 7
maggio la Francia sceglierà tra Macron e Le Pen, rispetto al 2002 il candidato
del FN raddoppierà i voti, anzi di più perché la figlia parte già con uno score superiore al primo turno del
misero 17,7% del padre al secondo turno delle presidenziali 2002 .
Tutto
cambierà perché quello che nel 2002 fu un incidente dovuto la frammentazione
della sinistra e del campo socialista con Jospin al 16,18% e Chevènement al 5,33
% ( e un’estrema sinistra LCR e LO che con il PCF aveva il 13,34%) nel 2017 è
un dato strutturale perché il FN appare essere il primo partito francese ed è
cambiata la natura delle elezioni presidenziali al primo turno: buona parte dei
cittadini elettori hanno votato, come se fosse un secondo turno, cioè voto
utile di testa e non di cuore o di pancia per il candidato espressione dei suoi
convincimenti politici.
Per gli elettori non del FN si trattava di scegliere
chi dovesse andare al secondo turno, anche se i sondaggi davano tutti vincenti
contro la Le Pen, compreso Mélenchon. Tuttavia le lezioni di giugno per
l’Assemblea Nazionale potrebbero portare ad una situazione confusa, perché
Macron è espressione di un movimento e non di un partito, una specie di Renzi
senza PD. Il suo risultato, 23,9% è paragonabile a quello dei centristi Alain
Poher, 23,31%, nel 1969o di Bayrou, suo sostenitore in questa elezione, con il
18,57% nel 2007.
Le forze politiche organizzate restano 3, socialisti, gollisti
e FN e questo avrà ancora un peso, sempre che
specialmente a sinistra non si capirà la lezione. Nel presidenziali del
1969, le seconde ad elezioni diretta si
produsse un fenomeno analogo con il candidato socialista della SFIO Gaston
Defferre al 5,01% /(Hamon con il 6,35% ha fatto meglio ). Non fu l’inizio della
fine dell’area socialista, perché anche l’alternativa di sinistra Rocard era la
3,61% e spiccava ancora con Duclos un partito comunista al 21,27%, cioè una
percentuale superiore a quella di Mélenchon
2017 con il suo 19,62%.
Rispetto a quell’anno l’unico elemento di
continuità è quello dei trozskyisti di LutteOvriere con lo 0,6% di Nathalie
Arthaud oggi e lo 1,06% di Alain Krivine allora. Per le legislative bisogna
fare un passio avanti per allargare gli accordi tra socialisti, ecologisti e
radicali di sinistra con alleanze al primo turno e desistenze programmate al
secondo turno.
La prima difficoltà è che a differenza della Unione de la Gauche
di Mitterrand l’interlocutore a sinistra non è un partito come il PCF, ma uno
stato d’animo rappresentato da Mélenchon, che è allergico ai partiti come
dimostrato dai suoi trascorsi socialisti in posizione eccentrica anche rispetto
alla sinistra di Emmanuelli e il contributo decisivo alla dissoluzione al Front
de la Gauche.
Se l’asse tradizionale destra/sinistra è sostituito da altre contrapposizioni del tipo populisti/responsabili o europeisti/sovranisti, altrettanto generiche ed indeterminate, cioè se la sinistra non ha programmi credibili per un’altra politica economica o per un processo alternativo di integrazione europea, la sua crisi in Italia ed in Europa è destinata ad aggravarsi, chiunque vinca le primarie del PD ovvero se Pisapia diventasse una sorte di Mélenchon, ma più moderato.