Un anno dopo, sembra passato un lustro!
Passando per il '68, madre di tutte le battaglie, il mito del buon cittadino non corrotto dal potere si è proposto più volte.
Dal Palavobis, alla stagione dei girotondi, dopo la discesa in campo di Berlusconi col suo enorme e tuttora irrisolto conflitto di interessi, al Popolo viola, a Grillo, all'assemblearismo del Brancaccio.
Non senza contraddizioni e colpi di coda.
Sullo sfondo, i partiti divenuti nel linguaggio comune "casta" e lo sfibramento del parlamento popolato da ormai 13 anni da nominati troppo spesso inadeguati e impreparati, il contrario di un buon politico, direbbe il Max Weber de "La politica come professione" (e non come mestiere avventuroso in stile sthendaliano).
Una vera e propria epidemia di "ignoranza" che non produce effetti solo sulla società, ma mina anche la democrazia che ha bisogno di un rapporto diretto tra esperti e cittadini.
Laddove, come rilevarono due psicologi della Cornell University, David Dunning e Justin Kruger, più si è ignoranti e più si ha fiducia di non esserlo.
Un tal ceto ha generato e genera sfiducia, rischia di squalificare, così come squalifica, l'assemblea legislativa, allontanando dal voto.
Chi si sente rappresentato da un Razzi?
Quale insegnante o ricercatore si riconosce nella ministra Fedeli e quale precario dal ministro Poletti?
Un Parlamento dovrebbe essere cuore e motore della democrazia rappresentativa.
Che è sotto attacco da troppi anni, sotto il fuoco di riforme definite dai loro autori, apprendisti stregoni dotati di scarsa cultura costituzionale "grandi".
L'ultimo è un Renzi, che lascia onestamente interdetti alla Leopolda novembrina preelettorale di questi giorni.
Di questi tempi diceva e ripeteva pubblicamente, un anno fa, che se avesse perso il referendum avrebbe abbandonato la politica.
Ora dice "abbiamo perso, ma lo rifarei", usando il "noi" per dire abbiamo perso e l'"io" per dire che Lui va avanti. Beata coerenza!
Mentre il cittadino in carne e ossa, moderno Sisifo e non il cittadino "buono" della mitica "società civile", che dovrebbe supplire alla politica nei roboanti appelli spesso diffusi online a "sconosciuti" che non comunicano tra di loro e se lo fanno litigano, inciampa in interminabili liste d'attesa per raggiungere il lontano traguardo di una visita medica specialistica, con tanto di superticket o ricevere l'erogazione di servizi sociali anche vitali, come per la degenza in strutture per malati cronici non autosufficienti, l'assistenza domiciliare integrata, un sussidio di disoccupazione, servizi per l'impiego, trasporto pubblico locale e interregionale, percorsi inclusivi per persone con disabilità, adempimenti di ordinaria vita quotidiana e fiscale, alla prese con burocrazie e strutture giurisdizionali complicate e dispendiose. Razzi da una parte e le code dall'altra.
C'è il rischio di fare la fine dell'asino di Buridano, indeciso se morire di fame o di sete.
O, come dicevano gli antichi sofisti, di perdersi (l'uno è peggiore dell'altro; dunque chi è il peggiore?).
Un clima di sfiducia che non fa bene al prestigio delle istituzioni e alla vitalità delle stesse, evidente a chi frequenta quelle code, che anche dissolve il sistema delle regole e dello stato di diritto sostituito per chi può e vuole o non emigra se giovane altrove, da raccomandazioni e clientelismi assortiti, con tanto di frittura di pesce, se possibile, per gli amici degli amici.
E di nuovi nominati dai diversi gigli più o meno magici.
Sfiducia cresciuta, da ultimo, per effetto della peraltro, intrinsecamente pessima, sconclusionata e ingestibile riforma costituzionale, prodotta da un Parlamento di nominati iperpremiati dal Porcellum, che senza il premio illegittimo non avrebbero avuto i numeri, bocciata dagli elettori il 4 dicembre 2016.
Mentre parallelamente crollava il famoso combinato disposto con l'Italicum, dissolutore della forma parlamentare di governo, soltanto a seguito delle azioni giudiziarie promosse da un gruppo di volenterosi avvocati, unicamente mossi da spirito civico, che definiremmo repubblicano se una repubblica vi fosse, che hanno indotto la Corte costituzionale a dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge, la migliore del mondo secondo il suo autore.
Tutto ciò sta sgretolando le basi della democrazia parlamentare.
Che significa rispetto e fiducia nelle istituzioni rappresentative e nella loro stabilità; in "regole del gioco" neutrali e imparziali, come un buon arbitro di una competizione sportiva, direbbe Bobbio.
Ora col Rosatellum altri nominati e, alle porte, un supplemento di sfiducia, anticipato dalle urne semi deserte di Ostia.
Un colpo mortale, senza anticorpi efficaci?
In questi giorni si compie l'anniversario del 4 dicembre 2016 e della grande vittoria referendaria che bocciò la riforma Boschi/Renzi, i due che se ne volevano andare a casa lasciando la politica.
"Grande" obiettivamente in senso quantitativo, perché segnò, con l'alta affluenza alle urne, in netta controtendenza con numeri miserrimi di altre elezioni, anche non vicine come quelle emiliane, con poco più del 35% di votanti o da ultimo quelle di Ostia, lo spartiacque tra fiducia possibile e sfiducia nelle istituzioni democratiche.
Fu momento di riappropriazione delle ragioni di una buona politica, frutto di partecipazione e segno della volontà di tanti cittadini di recuperare i valori e principi, e soprattutto la pratica di una democrazia parlamentare costituzionale da anni sotto attacco.
La volontà di contare.
Di avere istituzioni rappresentative al cui interno si possano esprimere pienamente le ragioni e motivazioni e i diversi punti di vista, anche conflittuali che vivono all'interno della società e i diversi interessi.
Società civile, crocevia e luogo degli interessi e dei bisogni e delle persone, non necessariamente tutte "buone" o "cattive", di cui la buona politica dovrebbe farsi carico mediando e rappresentando quegli interessi e quei bisogni e coltivando un progetto, nel rispetto di procedure "democratiche" e trasparenti, le regole del gioco che precedono il gioco.
Grande soggettivamente per chi partecipò e sostenne quell'impresa con passione civile repubblicana, intesa a non assistere alla morte dei principi stessi del costituzionalismo parlamentare democratico, nel disperato tentativo di ridare linfa a un Parlamento molto malato, addirittura incostituzionale nella sua composizione, come affermarono i giudici della Consulta bocciando il Porcellum.
Con lo spirito che mosse don Luigi Sturzo a scrivere: "La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà" (Scritti di carattere giuridico. Discorsi e attività parlamentare).
Ignorare quella richiesta di contare, sempre più flebile e solitaria, considerando anche le condizioni esterne e internazionali, specie le difficoltà grandi di costruzione di un'Europa dei cittadini, una delle ultime opportunità se non anche un ultimatum, mentre i protagonisti della scena politica animano un teatrino sempre più lontano, con pochi spettatori comuni e quasi sola clientela, può risultare fatale.
Sotto l'onda di un sentimento crescente, non solo in Italia, nemico della democrazia, della società aperta direbbe Popper, sotto la spinta di paure xenofobe e razziste fomentate a fini elettorali con la complicità di media irresponsabili, come ha denunciato Papa Francesco.
In un avvitamento in cui quel che pare unicamente contare sono i modi per nominare i prossimi parlamentari, al servizio di alcuni capi partito e della loro sopravvivenza, nel caso di Berlusconi sfidando anche il tempo.
In assenza o insufficiente e latitante presenza di anticorpi, come anche di reali soggetti politici rappresentativi, democratici, visibili e riconoscibili sul territorio.
Usando la pessima legge elettorale che ora paradossalmente, dopo averla imposta con ben 8 voti di fiducia, segnale anche questo inequivoco di ulteriore irrilevanza sostanziale del Parlamento, nessuno afferma essere propria.
Usata ora, anche per costruire a propria immagine e somiglianza i collegi elettorali.
Mentre a destra si stringono alleanze, vincenti nei mitici sondaggi, col redivivo Berlusconi resuscitato a viva forza da un suicida Rosatellum, con una coalizione a cui egli finora non aveva mostrato di pensare.
E, a sinistra, si manda in missione impossibile il buon Fassino per stringere nell'angolo gli scissionisti di Bersani/D'Alema, con una campagna martellante di media compiacenti sul cosiddetto "voto utile".
Mentre Scalfari dice di preferire Berlusconi a Di Maio, ciò che ricorda, nel secolo scorso e cambiando l'ordine dei fattori o anche il prodotto, il Berlusconi novecentesco che preferiva lo sdoganato Fini a Rutelli come sindaco della capitale.
E a "sinistra", che più a sinistra non si può, si affaccia l'idea di due se non tre liste, possibilmente "unitarie".
Ovviamente l'una più a sinistra dell'altra.
Mentre Emma Bonino, per presentare la sua lista europeista dichiara di non avere la forza per raccogliere le firme necessarie, più di 50mila e in pochi giorni (ma mancano ancora i moduli che per il Rosatellum arriveranno anche solo 45 giorni prima delle elezioni) .
Firme impossibili, macchinosamente autenticate da consiglieri comunali, sindaci o notai e cancellieri , ora anche avvocati cassazionisti sia pure transitoriamente prescrive un truce Rosato per ostacolare nuovi arrivi.
Il prodotto è una fiducia ai minimi termini che rischia di far collassate la democrazia parlamentare, sempre più debole e indifesa e il rischio, più di un rischio, dell'assuefazione al declino, irrilevanza e svilimento della forma parlamentare.
Buttando via tutto.
Di uno sgretolamento delle motivazioni della partecipazione, sempre più residuale e sempre meno civica, incarnata da clientele e surrogata, spesso, da predicatori o profeti inautentici o populisti che si pretenderebbero rappresentanti della società civile cosiddetta "buona" o tout court del popolo.
Sgretolamento dello stesso impegno civile disinteressato, che non sia maschera deforme di interessi o qualcos'altro.
Continuare a fare prediche sta diventando inutile.
Alla domanda "perché lo abbiamo fatto?", c'è una risposta:
In un clima da 8 settembre '43, ripetendo il gesto di Valentino Mazzola, grande capitano granata del mitico Toro, tragicamente perito a Superga nel 1949, per chiamare i suoi "invincibili" alla pugna, rimboccarsi le maniche!