Israele ha schierato oltre all’esercito anche tutta la sua potenza mediatica.
Va ripetendo che difendersi dall’aggressione palestinese è diritto inalienabile, anche se viene difficile credere che una delle maggiori superpotenze mondiali in ambito militare possa in qualche modo temere gli obsoleti razzi di Hamas.
Di fatto, secondo quanto stabilito dal diritto internazionale, gli israeliani stanno attuando una vera e propria aggressione contro i palestinesi che, non va dimenticato, vivono in uno stato sovrano.
Mentre circolano sempre più insistenti e ignorate dai grandi media internazionali le indiscrezioni sulla estraneità di Hamas in merito alla barbara esecuzione dei tre giovani israeliani, le manipolazioni politiche e le campagne mediatiche distolgono l’attenzione su una realtà che ben poco a ha che fare con la sovranità, la religione o la sicurezza, la guerra nella Striscia di Gaza è strettamente collegata con l’energia, con lo sfruttamento dei giacimenti di gas: miliardi di dollari in gioco.
Andiamo al 2000, British Gas scopre che nel sottosuolo di Gaza c’è un tesoro che vale miliardi di dollari, gas naturale, una ricchezza paragonabile a quella del Kuwait. Uno shock per Israele che corre ai ripari attuando un blocco marittimo, impedendo di fatto ai palestinesi di avere accesso alle proprie acque territoriali, di fatto ponendo Gaza sotto assedio.
Arrivano in proposito le inaccettabili dichiarazioni del capo dell’Israeli Defence Force, Moshe Ya’lon “I proventi del gas non ricadrebbero sul popolo palestinese, ma sarebbero utilizzati per incrementare e finanziare gli attacchi terroristici contro il popolo ebraico”.
Facile comprendere che, molto pragmaticamente, Israele e i suoi alleati occidentali vogliono mettere le mani sul gas palestinese e attuare un controllo assoluto su un territorio strategico dell’area mediorientale.
Senza dimenticare che Israele ha bisogno di gas, è una nazione che sta vivendo gravi difficoltà economiche, aumentano inflazione e disoccupazione, i costi militari sono elevatissimi e dovrà far fronte ad una grave crisi energetica entro il 2020.
Lo conferma una relazione recentissima del Ministero dell’Energia israeliano "Crediamo che Israele dovrebbe aumentare l’ uso del gas naturale [nazionale] entro il 2020 e non dovrebbe esportarlo. Le stime da parte dell’Autorità nazionale del gas -Natural Gas Authority- dicono che le riserve sono scarse. C'è però un gap che va tra i 100 e i 150 miliardi di metri cubi derivante dalle proiezioni della domanda che sono stati presentati al comitato e le altre e più recenti proiezioni. Le riserve di gas dureranno anche meno di 40 anni!".
Hamas si oppone a qualsiasi accordo con Israele e con altre potenze occidentali, cerca accordi con Gazprom e la Russia di Putin, nessuna condivisione di energia, Hamas va eliminata: Tel Aviv non intende rinunciare a risorse che valgono miliardi di dollari.
Nessuna crociata, tantomeno radicalismi insensati, semplice pragmatismo che mira all’accesso delle ricchezze sotterranee palestinesi, quello che accade in superficie non è altro che fumo negli occhi per l’opinione pubblica mondiale, in modo da garantirsi l’impunità: evitare un nuovo martirio sionista.
Ma la posta in gioco è appunto altra e sta determinando un conflitto coloniale, slegato da questioni di autodifesa dal pericolo terrorista. Si tratta di giganteschi giacimenti situati anche al largo delle coste palestinesi, nel Mediterraneo orientale.
Sarà anche complottiamo, ma dopo dieci giorni dall’accordo tra il governo palestinese e la russa Gazprom è avvenuto il rapimento e l’assassinio dei tre studenti ebrei, che ha scatenato la rappresaglia israeliana.
Coincidenza forse, ma la tempistica è alquanto sospetta.