132 miliardi di reddito nascosti al fisco, ovvero quasi 40 miliardi l'anno di minori entrate per lo Stato. Lo dice uno l'Ufficio Valutazione Impatto del Senato.
Questi soldi sono quelli che ci dicono sempre che non ci
sono per avere ospedali migliori, più forze dell'ordine nelle
strade per la nostra sicurezza, più manutenzione di scuole e
territorio, per ricerca, università, sussidi. Insomma, per
tutti quei servizi ed opere che servono a tutti.
Ma il paradosso è che del recupero dell'evasione fiscale -
la vera innovazione che farebbe cambiare il Paese - non se ne
può parlare in campagna elettorale, perché fa perdere voti.
Tradotto: c'è un pacchetto di consenso enorme legato
all'evasione, che vota chi diminuisce i controlli e aumenta
l'uso di contanti e di condoni.
Se l'evasione fiscale è contro la giustizia sociale, il
provvedimento che spetta alla sinistra è rendere capillare,
collaborativo ed efficace il controllo delle entrate. Ogni
ufficio postale, per esempio, dovrebbe avere l'angolo
dell'Agenzia delle Entrate, che in ogni paesino convoca e
concorda le soluzioni per le anomalie rilevate con controlli
incrociati. Prima con le buone - dialogo, consigli, inviti -
poi con le cattive - cartella esattoriale. Con il vantaggio
che il cittadino avrebbe la possibilità di spiegare,
rateizzare, differire e il fisco di incassare quanto dovuto,
con piani personalizzati comprensivi ma rigorosi.
Ma a questo piano di rientro deve corrispondere un piano
"percepito" dei servizi e opere, che facciano capire la
stretta relazione tra sacrificio fiscale e ritorno sociale.
Solo così, lo Stato diventerebbe garante dell'equità nazionale
e nessuno si azzarderderebbe più a definirlo come un
borseggiatore, "che mette le mani nelle tasche degli
italiani".
Massimo Marnetto