Quando i cittadini non vogliono o non sanno ricordare con solennità e senza vuota retorica le date che segnano la nascita della loro libertà, è impossibile che sappiano vivere liberi. Dimenticare o celebrare svogliatamente, per pura abitudine, il 25 aprile o il 2 giugno vuol dire essere ingrati: non riconoscere il bene ricevuto e non volerlo in alcun modo restituire a chi verrà dopo di noi. Vivere liberi esige quella grandezza e nobiltà d’animo che dà ai cittadini la forza per difendere il bene comune da chi vuole farsi padrone della Repubblica. Per questa ragione gli ingrati, con il loro animo meschino, non possono vivere liberi.
So bene che molte cerimonie ufficiali per il 25 aprile ispirano sentimenti di ribrezzo, soprattutto quando vediamo sul palco figuri che parlano di libertà e dignità civile e nella loro vita non hanno fatto altro che offendere l’una e l’altra. Ma questa non è ragione sufficiente per proporre di abolire le cerimonie. La via giusta è piuttosto impegnarci per fare sì che le celebrazioni siano dignitose, i simboli siano coerenti con i valori della libertà, gli oratori siano persone che hanno testimoniato con le azioni la sincerità del loro antifascismo.
La regola aurea delle celebrazioni del 25 aprile deve essere l’unità, o meglio lo sforzo di tutti i partiti, i movimenti e le associazioni che si richiamano all’antifascismo per rinnovare l’impegno a difendere la Costituzione e le istituzioni repubblicane nonostante i contrasti di interessi, le ambizioni personali, le differenze culturali e religiose.
Non bisogna mai dimenticare che nella Resistenza hanno militato comunisti e monarchici, liberali e socialisti, cattolici, protestanti, ebrei e atei: chi auspicava una repubblica dei Soviet e chi voleva salvare la monarchia; chi propugnava profonde riforme sociali e chi intendeva difendere privilegi e diseguaglianze antichi; chi sperava di veder nascere uno stato laico e chi preferiva rinsaldare il ruolo della Chiesa cattolica. Non bisogna neppure dimenticare che il fascismo salì al potere (chiamato da re Vittorio Emanuele III) grazie, in buona misura, alle divisioni degli antifascisti e che la Repubblica democratica non sarebbe sopravvissuta all’attacco convergente del terrorismo rosso e nero, se non ci fosse stata l’unità antifascista attorno alla Costituzione Repubblicana.
Ma, evidentemente, queste considerazioni che erano l’abc dei vecchi partiti di sinistra, e di tutti i politici seri dei primi decenni di storia repubblicana, sfuggono ai moderni, spregiudicati e innovatori dirigenti del Pd, a tal segno da non trattenerli dall’annunciare che non parteciperanno alla manifestazione romana promossa dall’Anpi perché la giudicano “divisiva”.
Prendiamo atto, con profonda commozione, della sincera preoccupazione per le divisioni che i dirigenti del Pd esprimono in occasione della manifestazione romana, quegli stessi dirigenti che non hanno avuto alcun ritegno ad approvare a colpi di maggioranza una riforma costituzionale che, se fosse passata, avrebbe creato una profonda lacerazione nel corpo politico e avrebbe alienato molti italiani dalla Costituzione e dalla Repubblica. Sia detto senza polemica, ma credete proprio di poterci sempre ingannare? Dovere principale di un partito che si chiama democratico sarebbe di agire in modo del tutto opposto, vale a dire gettare il proprio peso politico e la propria autorevolezza (ammesso che ne abbia) per attenuare i contrasti e per permettere a tutti gli antifascisti di sfilare con piena dignità e, se necessario, fare un bel servizio d’ordine attorno alla Brigata Ebraica.
La scelta di non partecipare alla manifestazione romana nasce probabilmente dal calcolo politico di avvicinarsi ulteriormente a Forza Italia, e alla varie componenti del centrodestra, in vista di un’alleanza di governo. Sappiamo tutti che Forza Italia, a cominciare dal suo fondatore che in tempi poi non così lontani manifestò la sua ammirazione per Benito Mussolini, è un partito che ha poche simpatie per l’antifascismo e dunque sarebbe ancora meglio disposto ad allearsi con un Pd che non sfila con gli antifascisti.
Matteo Renzi e i suoi potrebbero organizzare per il 25 aprile una manifestazione con Forza Italia, Alfano e Verdini, marciare compatti sotto uno striscione nuovo di zecca con la scritta ‘Partito della Nazione’ tenendo alti poster giganteschi con l’effigie di Minzolini, simbolo dello strenuo impegno del Pd e di Forza Italia a combattere la corruzione politica. Gli amici dell’Anpi rechino invece in bella evidenza la nostra Costituzione antifascista che abbiamo salvato dal Pd, e forse arriveranno molti giovani che sarebbero rimasti a casa, se il corteo lo aprissero Renzi e Matteo Orfini.