L’EUROPA AL BIVIO
L’Europa è a un bivio, i suoi cittadini devono riprendersela. Dicono i
cultori dell’immobilità che sono solo due le risposte al male che in
questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità nato a Ventotene
nell'ultima guerra, ha spento le speranze dei suoi popoli, ha
risvegliato i nazionalismi e l’equilibrio fra potenze che la Comunità
doveva abbattere. La prima risposta è di chi si compiace: passo dopo
passo, con aggiustamenti minimi, l’Unione sta guarendo grazie alle
terapie di austerità. La seconda risposta è catastrofista: una comunità
solidale si è rivelata impossibile, urge riprendersi la sovranità
monetaria sconsideratamente sacrificata e uscire dall’Euro. Noi siamo
convinti che ambedue le risposte siano conservatrici, e proponiamo
un’alternativa di tipo rivoluzionario. È nostra convinzione che la crisi
non sia solo economica e finanziaria, ma essenzialmente politica e
sociale. L’Euro non resisterà, se non diventa la moneta di un governo
democratico sovranazionale e di politiche non calate dall'alto, ma
discusse a approvate dalle donne e dagli uomini europei. È nostra
convinzione che l’Europa debba restare l’orizzonte, perché gli Stati da
soli non sono in grado di esercitare sovranità, a meno di chiudere le
frontiere, far finta che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre
più. Solo attraverso l’Europa gli europei possono ridivenire padroni di
sé.
Per questo facciamo nostre le proposte di Alexis Tsipras,
leader del partito unitario greco Syriza, e nelle elezioni europee del
25 maggio lo indichiamo come nostro candidato alla presidenza della
Commissione Europea. Il suo paese, la Grecia, è stato utilizzato come
cavia durante la crisi ed è stato messo a terra: in quanto tale è nostro
portabandiera. Tsipras ha detto che l’Europa, se vuol sopravvivere,
deve cambiare fondamentalmente. Deve darsi i mezzi finanziari per un
piano Marshall dell’Unione, che crei posti di lavoro con comuni piani di
investimento e colmi il divario tra l’Europa che ce la fa e l’Europa
che non ce la fa, offrendo sostegno a quest’ultima. Deve divenire unione
politica, dunque darsi una nuova Costituzione: scritta non più dai
governi ma dal suo Parlamento, dopo un'ampia consultazione di tutte le
organizzazioni associative e di base presenti nei paesi europei.
Deve
respingere il fiscal compact che oggi punisce il Sud Europa
considerandolo peccatore e addestrandolo alla sudditanza, e che domani
punirà, probabilmente, anche i paesi che si sentono più forti. Al centro
di tutto, deve mettere il superamento della disuguaglianza, lo stato di
diritto, la comune difesa di un patrimonio culturale e artistico che
l’Italia ha malridotto e maltrattato per troppo tempo. La Banca centrale
europea dovrà avere poteri simili a quelli esercitati dalla Banca
d'Inghilterra o dalla FED, garantendo non solo prezzi stabili ma lo
sviluppo del reddito e dell'occupazione, la salvaguardia dell'ambiente,
della cultura, delle autonomie locali e dei servizi sociali, e divenendo
prestatrice di ultima istanza in tempi di recessione. Non dimentichiamo
che la Comunità nacque per debellare le dittature e la povertà. Le due
cose andavano insieme allora, e di nuovo oggi.
Oggi abbiamo di
fronte una grande questione ambientale di dimensioni planetarie, che può
travolgere tutti i popoli, e un insieme di politiche tese a svalutare
il lavoro, mentre una corretta politica ambientale può essere fonte di
nuova occupazione, di redditi adeguati, di maggiore benessere e di
riappropriazione dei beni comuni. È il motivo per cui contesteremo
duramente il mito della crescita economica così come l’abbiamo fin qui
conosciuta. Esigeremo investimenti su ricerca, energie rinnovabili,
formazione, trasporti comuni, difesa del patrimonio culturale. Sappiamo
che per una riconversione così vasta avremo bisogno di più, non di meno
Europa.
Proprio come Tsipras dice riferendosi alla Grecia, in
Italia tutto questo significa rimettere in questione due patti-capestro.
Primo, il fiscal compact: il pareggio di bilancio che esso prescrive è
entrato proditoriamente nella nostra costituzione, l’Europa non ce lo
chiedeva, limitandosi a indicare sue «preferenze». Secondo, il patto di
complicità che lega il nostro sistema politico cleptocratico alle
domande dei mercati: chiediamo una politica di contrasto contro le
mafie, il riciclaggio, l’evasione fiscale, la protezione e l’anonimato
di capitali grigi, la corruzione, in un’Europa dove non sia più
consentito opporre il segreto bancario alle indagini della magistratura.
Significa infine difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, e non
violarne i principi base come suggerito dalla JP Morgan in un rapporto
del 28 maggio 2013, cui i governanti italiani hanno assentito col loro
silenzio. Significa metter fine ai morti nel Mediterraneo: i migranti
non sono un peso ma il sale della crescita diversa che vogliamo.
Significa darsi una politica estera, non più al rimorchio di un paese–
gli Stati Uniti– che perde potenza ma non prepotenza. La pax americana
produce guerre, caos, stati di sorveglianza. È ora di fondare una pax
europea.
Le larghe intese, le rifiutiamo in Italia e in Europa:
sono fatte per conservare l’esistente. Per questo diciamo no alla grande
coalizione parlamentare che si prepara fra socialisti e democristiani
europei, presentandoci alle elezioni di maggio con una piattaforma di
sinistra alternativa e di rottura. Nostro scopo: un Parlamento
costituente, che si divida fra immobilisti e innovatori. Siamo sicuri
fin d’ora che gran parte dei cittadini voglia proprio questo: non
l’Unione mal ricucita, non la fuga dall’Euro, ma un’altra Europa,
rifatta alle radici. La chiediamo subito: il tempo è scaduto e la casa
di tutti noi è in fiamme, anche se ognuno cercasse rifugio nella sua
tana minuscola e illusoria.
L’Italia al bivio
Questo
è l’orizzonte. A partire da qui avanziamo la proposta di dare vita in
Italia a una lista che alle prossime elezioni europee faccia valere i
principi e i programmi delineati.
Una lista promossa da movimenti
e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici,
che sia una risposta radicale alla debolezza italiana. Una lista
composta in coerenza con il programma, che candidi persone, anche con
appartenenze partitiche, che non abbiano avuto incarichi elettivi e
responsabilità di rilievo nell’ultimo decennio.
Una lista che
sostiene Tsipras ma non fa parte del Partito della Sinistra Europea che
lo ha espresso come candidato. I nostri eletti siederanno
nell’europarlamento nel gruppo con Tsipras (GUE-Sinistra Unitaria
europea). Una lista che potrà essere sostenuta, come nel referendum
acqua, dal più grande insieme di realtà organizzate e che non si
manterrà con i rimborsi elettorali.
Una lista che con Tsipras candidato mobiliti cittadine e cittadini verso un’Altra Europa.