L’Italikum è stato approvato, non è una sorpresa. Un Parlamento che ha attribuito a Mubarak una nipote di nome Ruby, ben poteva approvare una legge incostituzionale. L’opposizione è stata frammentata ed incoerente, persino nel voto finale: si è chiesto il voto segreto e poi non c’è stata partecipazione al voto.
Da stasera è già iniziata la grancassa del Napoleone Renzi, che passa di vittoria in vittoria. Per capire cosa è stato approvato occorre avere nozioni tecniche e il diritto elettorale è una branca poco frequentata del diritto. Normalmente non è un settore redditizio, le cause si fanno per un partito o per suoi associati, ovviamente senza onorari. Inoltre è pieno di trappole procedurali, benché fosse previsto che non c’era bisogno di avvocato.
Da sempre il processo elettorale è stato uno dei settori di accordo non dichiarato tra politica e magistratura: i risultati delle urne non andavano ribaltati con processi. Il giudice è la bocca della legge, ma il politico è il megafono del popolo. Il compromesso supremo è stato fatto grazie all’art. 66 della Costituzione, che affida solo alle Camere di appartenenza di giudicare sui titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità.
Una persona senza particolari nozioni pensa che uno diventi deputato o senatore alla fine della campagna elettorale con la proclamazione degli eletti. No uno è già predestinato appena accetta la candidatura. Per questo la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che la competenza della Camere si estende persino alle cause contro l’esclusione di liste oi candidati. Intanto stiano fuori e poi facciano ricorso. Un ricorso da proporre, ovviamente dopo le elezioni, cioè a babbo morto, alle Giunte per le elezioni delle Camere, alla cui composizione avevano tentato invano di partecipare.
Vi potete immaginare la serenità d’animo dei membri delle Giunte, che se accoglievano il ricorso nel migliore dei casi si dovevano ripetere le elezioni in una circoscrizione. Nel caso estremo si dovevano ripetere le elezioni. Infatti ad un cittadini elettore, il signor Franco Ragusa, venne l’idea di fare un ricorso alla Camera e al Senato dicendo che la legge n. 270 /2005 era incostituzionale perché prevedeva un premio di maggioranza senza soglia e che era violato l’art. 48 Cost., perché il voto non era né personale, né libero perché non potevano scegliere tra i candidati.
Senza fretta le Giunte esaminarono il ricorso nel 2009. Voi non ci crederete, ma all’unanimità decisero che il Porcellum era una legge costituzionale. I nomi dei Commissari sono stati secretati e si può sapere soltanto chi aveva presieduto la riunioni. Una ragione semplice tra di loro c’erano deputati e senatori di partiti che sparlavano nelle piazze della legge elettorale. Ma la vecchia talpa aveva incominciato a scavare o con altra immagine si era gettato il primo sasso nello stagno e grazie ai referendum del prof. Guzzetta , che, pensate!, aveva avuto l’idea di dare il premio di maggioranza alla lista piùvotata, vietando le coalizioni: un’idea che ha fatto proseliti 8 anni dopo, con il voto di oggi voi.
Quel referendum aveva indignato una serie di soggetti politici a leggere i nomi si può avere l’impressione di archeologia politica: Partito dei Comunisti Italiani, “Popolari U.D.EUR”, “Uniti a sinistra”, “Ars Associazione Rinnovamento della Sinistra”, “Associazione RossoVerde-Sinistra Europea”, “Gruppo del Cantiere”, “per la sinistra”, Socialisti Democratici Italiani (SDI), Comitato promotore nazionale per il costituendo Partito Socialista e “Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo”. Per la prima volta si erano ammessi i partiti tra i soggetti che potevano intervenire per contrastare o sostenere quesiti referendari. Non solo fu ammesso per la prima volta un cittadino elettore, l’on. avv. Felice Carlo Besostri, che era anche l’avvocato dei ricorrenti in opposizione con la sola esclusione dei Comunisti italiani e della Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo.
Le sentenze n. 15 e 16 del 2008 della Corte Costituzionaleammisero i quesiti referendari, ma il relatore Silvestri, che avrebbe presieduto 7 anni dopo la Corte che annullò nelle parti più importanti il Porcellum, inserì nella sentenza passi molto critici sul premio di maggioranza. Quei passi furono il punto di partenza dei ricorsi dell’avv. Bozzi, cui mi associai, davanti alla Giustizia Amministrativa, il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano per arrivare alla Corte di Cassazione che nel maggio 2013 mandò la legge in Corte Costituzionale, che nel dicembre dello stesso anno annullò parzialmente la legge elettorale famigerata. Potete immaginare con quale scoramento abbia sentito la dichiarazione di voto dell’on. Di Lello, motivata con la coerenza dei socialisti. Non so di quali socialisti parlasse.
Evidentemente non deve aver mai letto i discorsi di Nenni sulla legge Acerbo nel 1923 o quello pronunciato nel 1952 contro la legge truffa, che èstato citato dall’avv. Tani davanti alla Corte Costituzionale il 3 dicembre 2013. Di Lello è nato 14 febbraio 1970, quindi non era nato nel 1952 e non è mai stato un nenniano, ma nel 2007 era nella piena maturità politica con 37 anni ed è preoccupante che nel motivare il voto favorevole dei socialisti si sia dimenticato che lo SDI e la Costituente socialista mi avevano incaricato di oppormi a nome loro al premio di maggioranza alla lista più votata: la novità principale dell’Italikum. La tradizione socialista è stata sempre di opposizione alle leggi elettorali liberticide. Da oggi sarà disponibile una chiara linea di demarcazione tra chi è per la Democrazia costituzionale e chi no. No si può tollerare che si sputtani una nobile parola come Riforma, applicata ad una revisione costituzionale senza capo né coda.
Se poi poniamo al centro della nostra azione l’opposizione al Job Act, perché lo Statuto dei Lavoratori è una grande conquista. Uno spazio si è aperto a sinistra, ma niente è decisoa priori.Lo spazio può diventareuna grande prateria ricca di messi o una plaga desolata in cui ci si aggira smarriti senza punti di riferimento. Decisiva sarà la solidarietà e la generosità di chi crede che tra i beni comuni ci sono la libertà e la democrazia.
Felice Besostri