intervista a Gaetano Azzariti di Giacomo Russo Spena
“L’introduzione del pareggio di bilancio rappresenta una rottura con la
storia del costituzionalismo pluralista e democratico del nostro Paese.
Come si può pensare di escludere dalla Carta ogni opzione diversa da
quella neoliberista?”. Archiviate le elezioni del 4 marzo, il professor
Gaetano Azzariti – dopo aver avuto un ruolo di rilievo nella vittoria
del NO per bloccare la riforma Renzi-Boschi – si appresta alla prossima
battaglia: una legge di iniziativa popolare per modificare l’articolo
81. Il pareggio di bilancio in Costituzione è stato inserito, di
soppiatto e nel silenzio generale, nel 2012 dal governo Monti e
sostenuto da centrosinistra e centrodestra. Contrari soltanto M5S e
sinistra radicale. Ora la sfida per eliminarlo. Serviranno 50mila firme
da raccogliere, entro la fine di luglio. “Il Parlamento appena eletto
deve invertire la rotta – sostiene Azzariti – Quella riforma, votata
quasi all’unanimità, è espressione di una povera visione neo-totalitaria
nonché il frutto del peggior revisionismo costituzionale”.
Professore,
facciamo un passo indietro. Dopo la vittoria referendaria del 4
dicembre 2016 si aspettava altri scenari rispetto a quelli attuali?
Possiamo dire che quel voto ha tradito le aspettative?
Senza alcun dubbio. E non è neanche una storia nuova: evidenzia tutta
la fragilità del nostro sistema di rappresentanza. La totale
impermeabilità dei nostri governanti rispetto a certi decisioni del
corpo elettorale. Un’amara conferma.
Si sta riferendo ad altri episodi nei quali i governati hanno disatteso le volontà popolari?
Ci sono due espliciti precedenti: la riforma costituzionale respinta
dal corpo elettorale nel 2005 che non ha interrotto la smania
revisionista, e il referendum sull’acqua pubblica vinto nel 2011. In
quest’ultimo caso, i cittadini si espressero in maniera inequivocabile,
eppure due mesi dopo il governo ripropose la normativa appena abrogata,
sterilizzando il voto popolare. È un fenomeno preoccupante. Se tanto ci
dà tanto, rischiamo con questa legislatura di vedere anche di peggio.
Diceva Marx: “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come
tragedia, la seconda come farsa”. La tragedia l’abbiamo già avuto nel
2005, la farsa nel 2016. La terza volta non so come si ripresenterà.
Perché
il Coordinamento per la democrazia costituzionale (erede del comitato
per il No) ha rilanciato depositando in Cassazione una proposta di legge
di iniziativa popolare per eliminare il pareggio di bilancio in
Costituzione? Perché sposare questa battaglia?
Innanzitutto per reagire alla stasi, rilanciando con una proposta che
riaffermi il valore dei diritti. In secondo luogo, per dimostrare – al
di là della propaganda e dei falsi miti – chi sono i conservatori e chi
gli innovatori.
Chi sarebbero i veri conservatori?
Sono coloro che vogliono perpetuare lo status quo
adeguando la Carta alle peggiori ricette economiche di natura
restrittiva, misure lesive dei diritti fondamentali delle persone. I
veri conservatori sono tutti coloro che vogliono fermare la spinta
rivoluzionaria e di cambiamento insita nella nostra Costituzione.
Conservatore è chi, accecato dall’ideologia, tende a limitare, in ogni
caso, la spesa pubblica, dimenticando che è dovere della Repubblica
riconoscere e garantire i diritti inviolabili. Il pareggio di bilancio è
frutto di questa visione.
Centrosinistra e
centrodestra – che hanno voluto la riforma dell’art 81 – potrebbero
replicare dicendole che nel Paese esiste un problema di disavanzo e che
va arginato il debito pubblico...
Ma questo è un
problema di natura propriamente politica (e i diversi governi
proporranno le loro ricette), non si può pensare di indicare un’unica
soluzione in Costituzione, a pena di negare la sua natura più profonda.
Il costituzionalismo che si è affermato nel Dopoguerra è definito
“democratico e pluralista”. “Pluralista” non è una qualificazione
generica, indica un carattere preciso che deve essere rispettato nella
fissazione dei principi in Costituzione: essi non possono imporre
un’unica ideologia, né liberista né comunista né socialdemocratica. La
nostra Carta, infatti, è il frutto di una sintesi tra le culture
liberale, comunista e cattolica, e ha retto per ben 70 anni. È per
questo che i nostri costituenti hanno assegnato al Parlamento la scelta
del tipo di politica economica e sociale da attuare. Con la modifica
dell’art 81 si è rotto tale schema: il liberismo entra ufficialmente in
Costituzione, come unica ideologia, come pensiero unico. Si impone una
specifica politica economica a scapito di ogni altra. E sto parlando
solo di garantire il pluralismo costituzionale... non sono neanche
entrato nel merito delle politiche liberiste imposte con la modifica
dell’art 81.
Allora entriamoci... qual è il suo giudizio?
La politica del pareggio di bilancio si è rilevata fallimentare. Non
solo non ha assicurato alcun vantaggio all’economia reale, ma la norma
costituzionale è sempre stata derogata. Mai applicata direttamente, ha
prodotto solo perversi effetti collaterali. È un atteggiamento che
dimostra la scarsa lungimiranza del nostro revisore costituzionale. Per
mostrarsi compiacenti coi Paesi del Nord Europa, il governo Monti ha
inserito in Costituzione una norma ineseguibile. Un monumento alla
miopia di una classe dirigente incapace di perseguire gli obiettivi che
essa stessa si impone.
Qui, però, introduciamo il
discorso dell’Europa. Non è Bruxelles che ci ha chiesto di introdurre il
pareggio di bilancio in Costituzione?
È un falso, non
ce l’ha imposto l’Europa! L’art 3 secondo paragrafo del Fiscal Compact,
a cui si imputa questo obbligo, in realtà parla di porre vincoli di
natura permanente ai bilanci, per poi aggiungere “preferibilmente a
livello costituzionale”. Già dal punto di vista grammaticale mi pare
chiaro, basta conoscere il senso delle parole. “Preferibilmente” indica
una possibilità. Spetta poi ad ogni singolo Stato valutare se ritenere
politicamente opportuna, o meno, la modifica della propria Carta.
D’altronde v’è una riprova empirica: alcuni Paesi non hanno toccato la
propria Costituzione, altri sì. Quindi nessun obbligo europeo. La scelta
di “costituzionalizzare” il principio del pareggio di bilancio ricade
pienamente nella responsabilità politica del Parlamento italiano. Altra
cosa, ovviamente, è dire che la normativa europea è stringente sui
vincoli di bilancio, ma allora dovremmo allargare il discorso al
complesso delle regole che operano entro lo spazio europeo: dal Patto
Euro Plus al Two Packs, alle altre tante ricette di austerity.
Possibile che da anni in Italia si cerca soltanto di manomettere la Costituzione e si rifiuta, invece, di applicarla?
Dopo il 4 dicembre, la questione è ripartire dai valori della Carta per
realizzare un reale cambio di passo. Molti esponenti politici
promettono, a parole, un cambiamento ma poi indugiano in una stasi
mortifera. Basterebbe guardare ai primi cinque articoli della nostra
Costituzione che salvaguardano i diritti fondamentali delle persone,
essi ci indicano la rotta da intraprendere.
In che consiste la vostra proposta di legge popolare?
Oltre a pretendere il ritorno al vecchio art 81, afferma che i vincoli
di bilancio debbano essere definiti non in Costituzione ma dalla legge
generale sulla contabilità e la finanza pubblica. In tal modo
l’equilibrio necessario per chiudere i bilanci opererebbe entro la
complessiva manovra di politica economica. Questo renderebbe possibile
anche il rispetto degli obblighi contratti in Europa ma con un
fondamentale limite: i vincoli devono sempre operare nel rispetto dei
diritti fondamentali della persona. È un’indicazione chiara.
Chi vi sta sostenendo finora in questa campagna?
Abbiamo incontrato diversi partiti e forze sindacali, in alcuni casi
abbiamo riscontrato freddezza, altre volte no. Conclusa la campagna
elettorale, spero si riescano a superare certe reticenze. Vorrei capire
chi, in questa fase, a sinistra, possa sottrarsi dalla riaffermazione di
politiche economiche solidali? Per chi ci dirà no, sono curioso di
sentire le argomentazioni.
La sinistra è morta definitivamente o può rinascere da questa battaglia sul pareggio di bilancio?
La sinistra sta morendo perché s’è chiusa in se stessa. Non riesce più a
prospettare un cambiamento reale della vita delle persone, le quali si
sentono sempre più abbandonate dalle forze politiche di sinistra. E
infatti i “dimenticati” guardano altrove, spesso alla destra populista.
Per provare a sopravvivere la sinistra deve smetterla di pensare alle
proprie piccole cose, che troppo spesso coincidono con la difesa di
rendite di posizione personale e la voglia di regolare i conti solo
all’interno delle proprie organizzazioni politiche ormai esangui. La
battaglia per modificare le regole d’equilibrio finanziario a favore di
una tutela rafforzata dei diritti fondamentali che noi proponiamo è una
prospettiva “coraggiosa” e “concreta”. Per mio conto posso solo sperare
che la sinistra non si faccia sfuggire l’occasione. Non ce ne saranno
molte altre.
Il M5S è uscito vincitore dalle elezioni
di domenica. E i grillini sono stati anche protagonisti nella battaglia
per bloccare la riforma Renzi-Boschi nel referendum del 4 dicembre 2016,
oltre ad aver votato contro l’introduzione del pareggio in bilancio in
Costituzione. Il loro trionfo è una buona notizia, o no? Il M5S non può
aiutarvi a sostenere questa battaglia sulla modifica dell’art 81?
Sarà un ottimo modo per mettere alla prova i nuovi governanti. I 5
Stelle sino ad ora hanno potuto sfruttare la condizione di oppositori.
Hanno svolto in alcuni casi una importante funzione di argine alle
degenerazioni della politica. La battaglia contro la controriforma
costituzionale, che lei richiamava, è assai indicativa e, personalmente,
la ritengo la loro migliore performance. Ora però – se
vogliono realmente governare il Paese – dovranno passare dalla
contestazione alla realizzazione di politiche sociali condivise. Mi
auguro che ci possano stupire e superare le ambiguità (né destra né
sinistra) o le incompetenze (dimostrate da diversi amministratori
locali) facendosi promotori di una reale inversione di rotta
raccogliendo le bandiere del costituzionalismo democratico e
progressista. Se dovessero sostenere la proposta di modifica
dell’articolo 81 sarebbe un ottimo segnale. E magari, in tal modo,
potrebbero trovare anche i numeri e le alleanze per governare l’Italia
in nome dei diritti fondamentali delle persone e non più dei mercati e
della finanza.
Depositata in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per modificare l’articolo 81 della Costituzione, il giurista ci spiega le ragioni: “Quella riforma, votata quasi all’unanimità, è espressione di una povera visione neo-totalitaria nonché il frutto del peggior revisionismo costituzionale”. Una lotta che ora spera sia appoggiata dalla sinistra – che deve ripartire da scelte “coerenti e coraggiose” – e dal M5S: “Governino l’Italia in nome dei diritti fondamentali delle persone e non più dei mercati”.