Berlusconi, un governo ai suoi ordini
di Antonio Padellaro - Il Fatto Quotidiano -
12/05/2013
Dopo ciò che è successo ieri a Brescia, un governo degno di questo nome dovrebbe cessare all’istante di esistere e il premier dovrebbe altrettanto inevitabilmente dimettersi
Dopo ciò che è successo ieri a Brescia, un governo degno di questo nome dovrebbe
cessare all’istante di esistere e il premier dovrebbe altrettanto inevitabilmente
dimettersi. Per tre ragioni almeno.
Primo:
in una piazza spaccata a metà, da una parte i fans azzurri, dall’altra i
contestatori grillini e quelli con le bandiere rosse, il “delinquente”
confermato in appello per evasione fiscale Silvio Berlusconi ha sferrato l’attacco finale alla magistratura, annunciando che imporrà al governo, che lui controlla, la sua personale riforma volta a neutralizzare l’azione penale e a ridurre i pm al rango di obbedienti funzionari al servizio dei politici.
Secondo: Alfano vicepremier e ministro degli Interni e Lupi ministro delle Infrastrutture erano lì, in prima fila, ad applaudire le frasi eversive,
malgrado fino all’ultimo il Pdl avesse smentito la partecipazione di
membri del governo. Un colpo reso ancora più efficace perché sferrato di
sorpresa.
Terzo: attorniato dai suoi ministri festanti,
il Caimano
ha detto, chiaro e tondo, che si deve a lui se questo governo è nato e
che solo per generosità non lo farà cadere “con un fallo di reazione”
dopo la sentenza Mediaset che l’altroieri l’ha condannato a
4 anni di carcere e a 5 di interdizione dai pubblici uffici.
Insomma, con schietta ruvidezza Berlusconi ha finalmente detto ciò che tutti avevano capito: Enrico Letta non conta niente
e se non ubbidisce alle disposizioni di palazzo Grazioli – oggi
l’abolizione dell’Imu, domani la demolizione della giustizia e della
legalità – può tranquillamente tornarsene all’amato subbuteo.
Di
fronte a tanta insultante arroganza, il Pd riunito a Roma ha reagito con
alcuni pigolii e l’unica dichiarazione maschia è di Rosy Bindi. Dopo il
suicidio assistito (da Napolitano) del partito, l’Assemblea nazionale è
parsa una mesta cerimonia funebre con tanto di esecutore testamentario,
l’ottimo Guglielmo Epifani. Non parliamo naturalmente dei milioni di elettori
e militanti traditi da un gruppo dirigente desideroso, a quanto pare,
di farsi annettere dal Cavaliere. A un certo punto Epifani ha detto:
“Abbiamo rischiato di toccare il fondo”. Non è esatto, segretario. Dopo i
ceffoni di Brescia, adesso state scavando con buona lena.