Pubblichiamo la Introduzione di Luigi Ferrajoli al Rapporto di fine legislatura della “Campagna Sbilanciamoci”: “Stiamo meglio o peggio di cinque anni fa?”
Questo Rapporto offre un bilancio penoso delle politiche messe in
atto nella passata legislatura dai tre Governi di “centro-sinistra”
(Letta, Renzi e Gentiloni). Alla domanda alla quale è intitolato –
“stiamo meglio o peggio di cinque anni fa?” – la risposta, purtroppo, è
che sta meglio un’esigua minoranza di ricchi e assai peggio la grande
maggioranza della nostra popolazione, quella formata dal ceto medio e da
una massa crescente di poveri e di poverissimi. Sono infatti aumentate
le disuguaglianze e la povertà, a causa di un gigantesco trasferimento
di ricchezza dai poveri ai ricchi e dal lavoro al capitale. La nostra
Repubblica sembra dunque aver fatto esattamente il contrario del
“compito” impostole dall’articolo 3 capoverso della sua Costituzione:
non già la rimozione, ma la promozione delle disuguaglianze economiche e
sociali. Secondo il Rapporto dell’Istat pubblicato nel luglio 2017, il
numero dei poveri in Italia è negli ultimi dieci anni cresciuto
progressivamente, fino a raddoppiarsi: oggi quasi l’8% della
popolazione, pari a 4 milioni e 742mila persone (nel 2007 erano 2
milioni e 427mila), si trova in condizioni di “povertà assoluta”, e 8
milioni e 465mila persone si trovano in condizioni di “povertà
relativa”. Quasi un terzo degli italiani – 18 milioni, pari al 30% della
popolazione – è a rischio di povertà e la loro ricchezza complessiva,
come ci dice un’indagine dell’Istituto Cattaneo, è pari a quella dei 7
miliardari più ricchi del nostro Paese. Il fenomeno, come è noto, è
globale: le sue dimensioni sono massime negli Stati Uniti, in India, in
Cina e in Russia e minime in Europa, dove però l’Italia è tra i Paesi
nei quali maggiore è stata l’esplosione delle disuguaglianze. Non solo.
Questa crescita scandalosa della povertà è stata resa ancor più
drammatica dai tagli alle spese sociali.
Come ci informa il capitolo di questo libro dedicato al Welfare, tra il
2014 e il 2016 sono stati tagliati circa 30 miliardi di euro della spesa
corrente complessiva. I tagli hanno colpito soprattutto la sanità e la
scuola pubblica, provocando un abbassamento della qualità dell’una e
dell’altra. Il dato più spaventoso è che, a causa dei ticket e
super-ticket per farmaci e visite mediche – incostituzionali, a mio
parere, perché in contrasto con il carattere universale e perciò uguale e
gratuito del diritto alla salute, e al tempo stesso irragionevoli dato
che coprono una parte irrilevante del totale della spesa sanitaria –,11
milioni di persone hanno rinunciato alle cure. Ai tagli all’istruzione,
come dice il capitolo ad essa dedicato, si è poi aggiunto un sistema di
distribuzione di premi e incentivi a studenti e a docenti che hanno
avuto il solo effetto, dietro l’illusoria finalità meritocratica, di
moltiplicare disuguaglianze, discriminazioni e privilegi, perdita di
solidarietà e competizione tra i loro possibili destinatari. Si aggiunga
l’involuzione autoritaria delle istituzioni scolastiche determinata dai
poteri tanto arbitrari quanto insensati conferiti ai presidi dalla
legge cosiddetta sulla “Buona Scuola” del 2015.
Non meno regressive sono state le politiche in materia di lavoro. Il
cosiddetto Jobs Act, cioè gli otto decreti legislativi prodotti nel 2015
in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, e i cosiddetti
voucher hanno completato la demolizione del vecchio diritto del lavoro
avviata negli anni Novanta. Con l’abrogazione dell’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori sul divieto di licenziamenti senza giusta causa è
stata cancellata l’ultima garanzia della stabilità perfino nel 4
Sbilanciamoci! | Stiamo meglio o peggio di cinque anni fa? Un bilancio
di fine legislatura tradizionale rapporto di lavoro a tempo
indeterminato. La precarietà si è così generalizzata, l’arbitrio
padronale e lo sfruttamento sono diventati illimitati, le disuguaglianze
e le discriminazioni si sono moltiplicate e i lavoratori, privati di
fatto di ogni diritto, sono stati ridotti, come nell’Ottocento, a merci
in concorrenza tra loro che possono essere espulsi al prezzo di poche
mensilità.
Ancor più penose sono state, come ci dice un altro capitolo di questo
bilancio di fine legislatura, le politiche in materia di immigrazione.
Nell’ottobre 2013, dopo l’ennesima tragedia nel mar di Sicilia che costò
la vita a 366 migranti, il Governo Letta aveva organizzato l’operazione
militare e umanitaria Mare Nostrum che nel corso di un anno soccorse e
salvò la vita di circa 100.000 migranti. Ma l’operazione è stata
giudicata troppo costosa (9 milioni di euro al mese) e soprattutto
troppo contraria al razzismo montante nel nostro Paese. È stata perciò
sostituita, l’1 novembre 2014, dall’operazione a guida europea
Triton-Frontex finalizzata essenzialmente al controllo delle frontiere
(costo: 2 milioni e 900mila euro) e poi, nell’estate 2017, dai
provvedimenti del Ministro Minniti, che sull’onda della campagna
denigratoria contro le navi dei volontari colpevoli di aver salvato nel
solo 2016 ben 46.796 persone, ha varato dapprima uno strano “codice”
diretto a ostacolare le operazioni di salvataggio e poi una missione
militare finalizzata, grazie agli accordi con le autorità libiche, a
bloccare le partenze dei migranti e a consegnarli ai lager libici.
Una sostanziale indifferenza alla tutela dell’ambiente e della pace ha
informato le nostre politiche industriali e militari. Il cosiddetto
decreto “Sblocca Italia” del 2014 è stato in sostanza un provvedimento
che ha sbloccato speculazioni edilizie e inquinamenti, con agevolazioni
fiscali e riduzione dei controlli sull’impatto ambientale a favore delle
imprese edilizie e delle concessioni autostradali.
Quanto alla pace, l’Italia non ha avuto il coraggio di aderire al
Trattato di non proliferazione nucleare, sottoscritto il 7 luglio 2017
da ben 122 Paesi, sulla messa al bando non solo della produzione ma
anche del possesso e della dislocazione di armi nucleari sul proprio
territorio. E si è giunti al paradosso, riferito nel capitolo sulla
pace, che mentre gli eurodeputati italiani, inclusi quelli della
maggioranza di governo, votavano al Parlamento europeo mozioni con cui
chiedevano l’embargo delle forniture di armi all’Arabia Saudita nella
guerra che colpiva la popolazione civile dello Yemen, mozioni identiche
venivano respinte nel Parlamento italiano. Infine, il capitolo desolante
delle politiche finanziarie e fiscali. Dopo anni nei quali i nostri
governanti hanno ripetuto che le nostre banche sono sane e non hanno
bisogno di aiuti pubblici, con il decreto “Salva Banche” della fine del
2016 convertito in legge il 17 febbraio 2017 sono stati messi a
disposizione delle banche in difficoltà ben 20 miliardi di euro,
all’insegna ancora una volta della regola della socializzazione delle
perdite dopo la privatizzazione dei profitti.
Quanto alla politica fiscale, a parte lo sbandierato bonus degli 80 euro
per i redditi medio-bassi, è stata da un lato varata, con la
cancellazione per tutti della tassa sulla prima casa, una sostanziale
de-tassazione sul patrimonio e, dall’altro, non è stato introdotto
nessun aumento della progressività delle imposte, le quali dunque
continuano a colpire quasi interamente i salari e le pensioni.
Il solo terreno sul quale va riconosciuto qualche progresso è stato
quello dei diritti civili. Si ricordino la legge n. 55 del 6.5.2015 sul
divorzio breve, che ha ridotto da tre a un anno la durata della
separazione prima dello scioglimento del matrimonio; il riconoscimento
con la legge n. 76 del 20.5.2016, dopo i tentativi falliti dei Dico e
dei Pacs, delle convivenze di fatto e delle unioni civili tra coppie
dello stesso sesso; la legge n. 40 del 14.7.2017 che sia pure con molti
limiti ha introdotto, con art. 613-bis del codice penale, il delitto di
tortura; le agevolazioni a favore degli 5 Sbilanciamoci! | Stiamo meglio
o peggio di cinque anni fa? Un bilancio di fine legislatura invalidi
introdotte nella Legge di Bilancio per il 2018; la legge sul testamento
biologico contro la morte senza dignità approvata in via definitiva al
Senato il 14 dicembre 2017 ed entrata in vigore il 31 gennaio di
quest’anno. Ma anche su questo terreno la legislatura si è chiusa
ingloriosamente. Non è stata approvata la legge forse più importante in
materia di diritti civili, quella sul cosiddetto ius soli, cioè sulla
concessione della cittadinanza a persone nate in Italia da genitori
stranieri regolari e che in Italia hanno compiuto gli studi scolastici.
Ottocentomila bambini, figli di migranti regolarizzati, sono stati così
relegati nel ghetto civile e sociale dei non-cittadini, con il rischio
che il loro senso di appartenenza al nostro Paese si tramuti in rancore
anti-italiano. L’argomento dei tempi ristretti e della non tenuta della
maggioranza è ridicolo. Gran parte della legislatura è stata impegnata
dal governo in un’assurda controriforma della Costituzione, poi bocciata
dal referendum, e nell’approvazione a colpi di voti di fiducia di ben
due pessime leggi elettorali, la prima delle quali è stata annullata
dalla Corte costituzionale. Si è trattato, in realtà, di un’autentica
resa alla destra razzista, cui è stato consentito di far credere che lo
ius soli avrebbe dato la cittadinanza agli immigrati e di occultare la
sola ragione dell’opposizione, che è stata l’intolleranza per l’identità
etnica di chi in Italia è nato e cresciuto.
Il Rapporto si chiude con una parte dedicata a una lunga serie di
proposte di politiche alternative di “Sbilanciamoci!” in tutti i diversi
settori sopra illustrati nei quali le politiche governative non hanno
affrontato, bensì aggravato i problemi: dalle politiche fiscali, per le
quali viene proposta, contro le ipotesi demagogiche di flat tax avanzate
dalla destra, un’accentuazione della progressività con un’aliquota del
60% oltre i 300.000 euro di reddito, al rafforzamento dei sistemi di
accoglienza e di inclusione degli immigrati; dalla gratuità dell’intero
ciclo scolastico e della sanità, in forza del carattere universale ed
uguale dei diritti fondamentali all’istruzione e alla salute, alle
politiche industriali dirette a favorire gli investimenti in attività
produttive eco-sostenibili, nello sviluppo delle energie rinnovabili,
nella salute e nelle tecnologie dell’informazione; dalla riduzione delle
spese militari fino all’introduzione di una vera tassa sulle
transazioni finanziarie. Si tratta di proposte realistiche, che valgono a
provare la forte carica ideologica della tesi, ripetuta da oltre
vent’anni da governanti di destra e di sinistra, in Italia e in Europa,
che “non ci sono alternative” alle politiche liberiste finora praticate
di smantellamento dello Stato sociale e di subalternità ai dettami dei
mercati. Le alternative ci sono. È la volontà politica di cambiare
strada, purtroppo, che manca, nonostante i fallimenti finora
sperimentati.
Luigi Ferrajoli