L'Associazione Nazionale Giuristi Democratici a fronte delle
anticipazioni circa la annunciata eliminazione dell'art. 18
Statuto Lavoratori, da attuarsi con ricorso alla
decretazione d'urgenza, rileva come un simile modo di
procedere sia errato, strumentale, oltre che illegittimo.
Infatti, il Governo parte dal presupposto, indimostrato ed
indimostrabile, che l'abrogazione del diritto alla
reintegrazione del lavoratore licenziato senza giusta causa
porterebbe come conseguenza un rilancio dell'occupazione; la
tesi non viene supportata da alcun dato scientifico ed è,
viceversa, smentita da quanto avvenuto dopo l'entrata in
vigore della legge Fornero, di cui oggi più nessuno parla,
che ha drasticamente ridotto le possibilità di applicazione
della reintegra del lavoratore licenziato: nessun incremento
di occupazione si è avuto, infatti, dal 2012, anzi!
Non si dimentichi, poi, che la recente, e sciagurata,
introduzione del contratto a termine acausale, munito di
infinite proroghe, ha dato ai datori di lavoro lo strumento
più semplice per evitare di doversi confrontare, per tutta
la durata del contratto a termine, con il problema del
licenziamento e della possibile reintegrazione del
lavoratore.
Ma anche da un punto di vista meramente logico, non si
comprende perché una norma, in vigore dal 1970,che ha
consentito momenti di sviluppo industriale ed economico
dell'Italia, sia improvvisamente divenuta la causa dei
mancati investimenti da parte dell'imprenditoria, italiana
ed internazionale.
Inoltre, se è vero che l'area di lavoratori tutelati
dall'art. 18 è pari a circa un terzo degli occupati, senza
considerare, ovviamente, i lavoratori in nero, come si può
pensare che l'eliminazione della reintegrazione nei casi di
licenziamento senza giusta causa possa risolvere il problema
dell'occupazione e del suo rilancio?
Si coglie, dunque, in pieno l'intento strumentale e questo
sì ideologico, dell'abrogazione di tale norma, che ha finito
davvero per costituire una bandiera per entrambe le parti:
da abbattere per gli imprenditori, da difendere ad ogni
costo per i lavoratori e per il popolo della sinistra.
E' evidente che l'intento di Renzi è quello di eliminare o
quantomeno indebolire il potere delle organizzazioni
sindacali, onde aver maggior libertà nell'applicazione delle
sue "riforme" e ciò sia per una ragione di affermazione
personale, sia per far ottenere alle destre quel risultato,
sempre agognato e mai raggiunto, rappresentato
dall'eliminazione dell'art. 18.
Tutti ricordano i numerosi tentativi che erano stati posti
in essere in passato, sia a livello governativo, che con lo
strumento referendario, sempre falliti per la forte
opposizione della classe lavoratrice e delle forze di
sinistra.,
Oggi, si tenta un colpo ancora più ambizioso: si giustifica
l'abrogazione della reintegrazione dietro lo schermo della
disuguaglianza tra cittadini di serie A, assistiti dall'art.
18, e cittadini di serie B, non tutelati da quella norma,
addossando, così, la responsabilità di detta disparità di
trattamento all'assenza di iniziativa da parte delle
organizzazioni sindacali, tese esclusivamente a difendere i
lavoratori già maggiormente tutelati.
Così facendo, si cerca di chiudere la bocca al Sindacato,
che certo ha responsabilità nel non essere riuscito a
difendere in maniera organizzata i lavoratori precari,
nonostante qualche sforzo in tal senso sia stato fatto, che
non avrebbe legittimazione ad intervenire sul tema perché,
se lo facesse, sarebbe immediatamente tacciato di bieco
conservatorismo.
Dunque, iniziativa errata, ingiustificata e strumentale e
per di più annunciata come attuabile con lo strumento del
decreto legge, applicabile, come è noto, solo per i casi di
estrema necessità ed urgenza, come più volte sottolineato,
in passato, dal Presidente della Repubblica: vedremo se, nel
caso di effettivo ricorso al decreto legge in questa
materia, il Presidente della Repubblica manterrà la stessa
posizione.
Tra l'altro, non è ancora dato conoscere con esattezza il
contenuto del provvedimento che il Governo intenderebbe
assumere, al punto che, ad esempio, non è nemmeno sicuro che
la reintegrazione permanga nel caso di licenziamento
discriminatorio, fattispecie peraltro, sempre più frequente
nella realtà aziendale, ma di assai difficile prova .
Le reazioni del mondo politico e sindacale agli annunci
provocatori di Renzi sono assai ondeggianti e paiono
risentire di un'accettazione implicita di alcuni temi
basilari dell'impostazione renziana, che rappresentano
autentiche sconfitte per i diritti dei lavoratori.
Occorre, invece, individuare un piano comune alle forze
sindacali, politiche e associazionistiche che si faccia
carico di rispondere ancora una volta al tentativo, questa
volta non solo padronale e della destra, di depotenziare, se
non annullare i diritti dei lavoratori, e forse di
trasformare il diritto del lavoro in una mera branca del
diritto civile, governato esclusivamente dai concetti di
iniziativa privata e dal mercato.
Per tali ragioni, l'Associazione Nazionale Giuristi
Democratici chiama a raccolta tutti coloro che abbiano a
cuore la difesa dei principi costituzionali in tema di
diritto al lavoro, onde si realizzi una forte campagna di
informazione dei cittadini e di opposizione alle recenti,
annunciate iniziative del Governo in tema di lavoro.
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