Il tripudio di congratulazioni al babbo di Renzi (e al figliolo) ricordano gli scalmanati festeggiamenti a Minzolini per la scampata decadenza. La casta è così: basta un niente e si esalta stringendosi a protezione del perseguitato di turno. Il teorema stavolta è che un errore nell'indagine Consip ne comprometta tutto l'impianto. E da lì, alla proclamazione dell'innocenza con canonizzazione incorporata, è un attimo.
Eppure, il fatto emerso non era nascosto. L'errore si
riferisce alla trascrizione del carabiniere Scafarto della
frase sulla frequentazione di Renzi - erroneamente imputata a
Romeo invece che al suo consigliere Bocchino - come emerso
dall'ascolto delle bobine delle intercettazioni, che lo stesso
militare ha consegnato ai giudici. Se il gesto fosse stato
doloso, sarebbero state manomesse o danneggiate anche quelle.
Modestamente, in fatto di servizi deviati e distruzione di
prove in Italia abbiamo una certa esperienza. Questo semplice
ragionamento dovrebbe ridimensionare l'affare Scafarto a
dettaglio da chiarire, ma non tale da dissipare le pesanti
ombre che ancora si allungano sulla Consip, visto che altri
indizi e testimoni fanno ritenere tuttora pesantemente
coinvolti negli appalti della centrale acquisti dello Stato,
Renzi Padre, il Figlio e lo spirito infranto del PD.
Partito che si sente accerchiato. E minaccia querele per
chi - come la trasmissione d'inchiesta Report - mette in
dubbio l'onore del proprio giornale, L'Unità. Mentre la
versione più realistica è che la testata - benché
pesantemente indebitata - porti fortuna agli altri. Infatti
da quando un imprenditore con poche commesse l'ha rilevata,
non fa che vincere appalti pubblici. La fortuna, si sa,
bacia gli amici. E Consip fan tutti.
Massimo Marnetto