Controriforme: la misura è colma. Lettera ai segretari regionali e provinciali del Pd

di Domenico Gallo - MicroMega - 27/07/2014

Gravissima é la responsabilità del Pd per quel che sta succedendo. La tagliola al dibattito sulla riforma costituzionale é la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Gli elettori del Partito democratico non hanno mai dato alcun mandato a nessuno per demolire l'equilibrio dei poteri come delineato nella Costituzione repubblicana, al contrario nella stragrande maggioranza rispettano ed amano la Costituzione. In questo momento é necessario che si organizzino delle proteste e delle forme di pressione sul Partito democratico, specialmente in sede locale. Propongo uno schema di lettera ai segretari regionali e provinciali del Pd da inviarsi dai cittadini elettori per contestare le scelte del gruppo dirigente che si é impadronito del partito.

Al segretario Provinciale/Regionale del Pd

Noi sottoscritti, elettori dell'area politica di sinistra e centro-sinistra, intendiamo esprimerle pubblicamente la nostra più profonda riprovazione per la svolta politica che il Pd ha assunto dopo l'avvento della Segreteria Renzi che, prima ancora di assumere le funzioni di Presidente del consiglio dei ministri, ha stipulato un oscuro patto di potere con Berlusconi (il c.d. Patto del Nazareno) avente ad oggetto lo stravolgimento dell'architettura dei poteri come disegnata dalla Costituzione repubblicana. I due principali oggetti di questo patto, la riforma elettorale e la riforma costituzionale, interagendo fra di loro, comportano uno stravolgimento dei connotati della democrazia costituzionale, demoliscono l'equilibrio dei poteri e determinano l'istituzione di un diverso ordine politico, che riporta indietro l'orologio della storia cancellando il lascito della Resistenza.

Il problema non è se il bicameralismo perfetto debba essere superato, se debba essere conservata una seconda Camera e quali debbano essere le sue funzioni. Il modello istituzionale messo in campo dalle due riforme che il governo Renzi vuole imporre alle Camere sostituisce alla centralità del Parlamento (che viene dimezzato attraverso la sostanziale eliminazione di una Camera) la supremazia del Governo sul Parlamento; consente al Capo del Governo di eleggersi una sua maggioranza parlamentare; di eliminare le opposizioni, più di quanto fece la legge Acerbo, voluta da Mussolini per sottomettere il Parlamento ai suoi voleri; di nominare il Capo dello Stato; di controllare la Corte costituzionale, svuotandone le funzioni di garanzia. In questo modo si realizza una diversa forma di governo, una sorta di "Premierato assoluto", ovvero di "Governo del Primo ministro", che i costituenti avevano rinnegato per scongiurare ogni pericolo di dittatura della maggioranza.

Adesso la decisione di attuare la ghigliottina al dibattito parlamentare sulla riforma della Costituzione è la goccia che fa traboccare il vaso.
La Costituzione non è usa e getta, la sua revisione non può essere imposta dal governo sotto la sferza di un diktat. Quando è in gioco l'edificio della democrazia non sono ammissibili forzature, nè ordini di partito ai parlamentari che, per quanto nominati, sono rappresentanti del popolo, non delegati del Capo politico.

Grande è la responsabilità del Partito democratico, che è divenuto il motore dello stesso progetto di devastazione della Costituzione repubblicana che Berlusconi sta cercando di realizzare da un ventennio. In questo modo il Partito democratico tradisce la cultura dei principali partiti di cui é erede, il Partito comunista e la Democrazia Cristiana, e tradisce i suoi elettori che hanno investito il Pd della responsabilità di governo, confidando in una risposta ai problemi che affliggono la società italiana, devastata dalla crescente disoccupazione e dalla mancanza di una prospettiva di futuro per i suoi figli: una risposta che non può consistere nell'affidarsi ad un nuovo uomo della Provvidenza.

Per questi motivi le comunichiamo la nostra sfiducia attiva nel partito democratico ed invitiamo tutti i potenziali elettori del Partito democratico a disertare il voto per punire l'arroganza del gruppo dirigente che si è impadronito del partito stesso.

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