Viene meno il patto costituzionale
Poiché anche dalla riforma Boschi - Finocchiaro - Verdini è riconosciuta al "senato" la spettanza delle funzioni legislativa e di revisione costituzionale, sarebbe manifestamente incostituzionale se le rispettive deliberazioni, vincolanti per tutti i cittadini, non rinvenissero la loro legittimazione nel voto dei cittadini.
Al punto di motivare in ipotesi una sorta di disobbedienza civile, ove per legge si intenda rousseauianamente un comando a valenza generale
iussu populi, determinato dal patto sociale fondato sul principio di sovranità popolare.
Nel proclamare che «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», l’articolo 1 della Carta del ‘48 garantisce infatti che la funzione legislativa e la funzione di revisione costituzionale – massime espressioni della sovranità popolare – vadano ricondotte «alla volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, libero ed eguale (come non garantito dalla riforma elettorale che va sotto il nome di italicum, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare» (così la Corte costituzionale nella sentenza n.
1 del 2014 che dichiarò illegittimo il porcellum).
La frottola dell’elezione indiretta
Si afferma dai cotroriformatori che verrebbe introdotto, come in Germania per il Bundesrat , un modello di elezione "indiretta", come tale non antidemocratico e illiberale.
Falso.
Lo sciagurato testo prevede che la durata del mandato dei senatori coinciderebbe con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, su "indicazione" (sic!) degli elettori in base alle leggi elettorali regionali.
Quanto alla coincidenza del mandato senatoriale con la durata di organi territoriali regionali o locali, nulla quaestio in linea astratta, se non fosse che in tal modo non è nemmeno assicurata la contemporaneità del mandato e dell'insediamento dei componenti. dell'Organo legislativo, con inevitabili disarmonie e possibili disfunzioni..
I senatori sarebbero comunque eletti dagli «organi delle istituzioni territoriali» e non dai cittadini nell’ambito territoriale di riferimento,
consegnando al consiglio regionale il potere di scegliere i medesimi (senatori part time, in quanto anche consiglieri regionali se non sindaci anche di piccoli comuni in ipotesi, comunque in assenza di qualunque incompatibilità tra le due cariche)
Cittadini defraudati del diritto di voto
Agli elettori competerebbe unicamente «l’indicazione», ovvero una designazione, una proposta, una ipotesi di segnalazione/suggerimento, non certo il potere - diritto di scegliere i propri rappresentanti.
I cittadini «indicano», il consiglio regionale «elegge» (sic!).
Sconcertante, per in determinatezza, e incoerenza con i principi del costituzionalismo liberale e democratico, è il fatto che il tutto viene rinviato alla disciplina di futura legge regionale di ogni Regione italiana, venti, senza alcuna indicazione di principi direttivi, di tempi e comunque limiti da osservare.
Il Governo (che ha proposto la "riforma"/deforma, laddove quando sono in discussione leggi costituzionali, secondo la celebre affermazione di Calamandrei, comicamente e a sproposito citato dalla "novella" -2000" - sua pretesa sedicente emula, mancata, Miss Maria Elena Boschi, il Governo dovrebbe star fuori dal Parlamento, giacché le leggi costituzionali sono leggi squisitamente parlamentari, peraltro nel caso nostro di un parlamento illegittimamente composto da nominati non eletti) utilizza sui media falsi argomenti di natura comparativa per squalificare l'elezione diretta.
Una doccia di balle
Così si è detto, e scritto dai corifei al servizio del "principe", che la designazione indiretta dei senatori sarebbe presente in misura preponderante negli Stati federali e in quelli regionali.
Falso: l’elezione popolare del senato è prevista negli Stati Uniti (dove fu introdotta nel 1913, anche per ridurre i fenomeni di corruzione determinata dall’elezione da parte dei Parlamenti degli Stati membri), in Svizzera, in Australia e negli Stati federali latino - americani (Argen
tina, Brasile e Messico).
Quanto agli Stati regio nali, vi è la Spagna, dove i quattro quinti dei senatori sono eletti dal popolo e solo il quinto restante è designato dai Parlamenti delle Comunità autonome.
D’Alimonte, uno degli ispiratori della illiberale controriforma, su Il Sole 24 Ore del 17 settembre 2015, ha scritto che solo in cinque paesi su ventotto che compongono l'Unione Europea, è prevista l’elezione popolare della seconda camera.
Falso.
La verità è che in quindici Paesi vi è un sistema monocamerale. E tra i quindici paesi monocamerali, quattordici hanno un sistema elettorale proporzionale, che in sei di essi è imposto dalla Costituzione (coerentemente con la necessità di garantire la rappresentatività ed evitare la "tirannide della maggioranza", o meglio con il premio di maggioranza, sproporzionato ed irragionevole dell'italikum, di una minoranza fattasi maggioranza).
I correttivi adottati in alcuni paesi (soglia di sbarramento e ridotta dimensione dei collegi) non sono in grado di garantire con certezza (a differenza del ballottaggio dell'italikum, porcellum redivivo)che un partito ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. Nel solo paese, la Grecia, che prevede un premio di maggioranza al primo partito, questo è costituito solo da un numero fisso di deputati (50 su 300).
Si vuole imitare l’Ungheria?
L’unico paese monocamerale che adotta un sistema misto a prevalenza maggioritaria con meccanismi che possono dare una maggioranza abnorme al primo partito è l’Ungheria, "forse" non un modello da imitare.
Quanto ai tredici paesi bicamerali, ben dieci hanno un sistema elettorale proporzionale e due (Regno Unito e Francia) un sistema maggioritario a
uno o due turni in collegi uninominali (altra cosa rispetto al premio al partito vincitore del ballottaggio nazionale , a prescindere da qualunque soglia, e con liste sostanzialmente bloccate di nominati per circa due terzi dei deputati, dell'italikum)
Grazie all’Italicum il nostro è il solo Paese su ventotto ad avere adottato un sistema elettorale con premio di maggioranza, doppio turno di lista e attribuzione certa di una maggioranza più che assoluta dei seggi ad un solo partito.
Dagli otto Paesi bicamerali che non prevedono l’elezione popolare della seconda camera, va scorporato il Regno Unito, dove la Camera dei Lord non rappresenta certo le istituzioni territoriali e per la quale pendono progetti di legge che prevedono l'elezione popolare.
Diverso dalla deforma, distante anni luce, è il sistema tedesco. In Germania , i consiglieri che compongono il Bundesrat , sono espressione degli esecutivi dei
Laender e ogni dele gazione esprime un unico voto (certamente non persone designate con criteri opachi e non trasparenti dai consigli regionali, senatori part time).
Democrazia in pericolo
In Irlanda i senatori non rappresentano le istituzioni locali, ma diversi interessi culturali e professionali, come in Slovenia per il 40% dei senatori.
In Francia è molto ampia la platea degli elettori (circa 150.00grandi elettori ) in rappresentanza di tutte le collettività territoriali.
Non restano che Austria, Paesi Bassi e Belgio, ma nei primi due paesi, così come in Francia, può essere eletto senatore qualsiasi cittadino, mentre solo in Belgio 50 senatori su 60 sono eletti dalle assemble e rappresentative delle Comunità linguistiche tra i propri membri.
Tra i ventotto Paesi dell’Unione uno solo, il Belgio, prevede che i senatori siano designati dai Parlamenti delle istituzioni territoriali tra i propri componenti.
Infine, tra i cinque Paesi che prevedono l’elezione popolare, in due (Italia e Romania) il senato vota la fiducia al governo, negli altri tre (Repubblica Ceca, Polonia, Spagna) il rapporto di fiducia al Governo riguarda solo la Camera dei deputati. Inutile dire che in nessun paese bicamerale è previsto che i senatori siano eletti dalle assemblee territoriali «su indicazione degli elettori in base alle leggi elettorali» locali, in violazione del principio democratico fondamentale.
L’insegnamento di J. S. Mill
Sovviene a questo punto della disperante analisi critica, provvisoria, in attesa di eventi finali, speriamo più democratici, e salvo l'argine del referendum popolare (la cui attivazione felice richiederebbe un clima civile diverso e una consapevolezza della posta in gioco che è da costruire
con pazienza), ammonitore, uno dei più alti elogi dell'antagonismo che il pensiero liberale abbia mai registrato, con un brano in cui si può condensare l'essenza dell'etica liberale, di J . Stuart Mill (in Considerations on Representative Government, vol.XIX, p.406):
«Nessuna comunità ha mai durevolmente progredito se non quella in cui si è svolto un conflitto tra il potere più forte e alcuni poteri rivali; tra le autorità spirituali e quelle temporali; tra le classi militari o territoriali e quelle lavoratrici; tra il re e il popolo; tra gli ortodossi e i riformatori religuiosi":
Il che, come affermò Mill, richiede che venga assicurata una adeguata rappresentanza anche alle minoranze «ciascuna in proporzione dei voti ricevuti», per evitare e «impedire alla maggioranza lasciata sola di abusare del proprio potere e quindi alla democrazia di tralignare».
Antonio Caputo, bruniano, è Presidente Coordinatore della Federazione italiana dei Circoli di Giustizia e Libertà