Il 9 febbraio la Corte costituzionale ha depositato la sentenza sull'Italicum, con le motivazioni che bocciano il ballottaggio e danno il via libera al premio di maggioranza, giudicando illegittima anche la disposizione che consentiva al capolista bloccato eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione.
La decisione era stata presa il 24 gennaio 2017. Nel comunicato del 25 gennaio la Consulta aveva precisato che "all'esito della sentenza la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione". Lo stesso giorno, la Commissione Affari costituzionali della Camera ha incardinato ben 18 proposte di riforma della legge elettorale e il presidente della commissione, Andrea Mazziotti (Ci), nella relazione introduttiva ha evidenziato "la necessità di rendere il sistema elettorale omogeneo tra i due rami del Parlamento."
Heri dicebamus.
Il 9 febbraio, del 1849, è anche anniversario dell'entrata in vigore di una delle prime costituzioni democratiche dell'Italia preunitaria, con la mazziniana Repubblica romana che segnò la temporanea fine del potere temporale dei papi. Dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre, che ha plastificato con il No la volontà dei cittadini di riappropriarsi di sovranità, restituendo rappresentatività alle Assemblee elettive e a un tempo creando lo spazio di partecipazione ai processi decisionali che riguardano la cosa pubblica, impediti prima dall'illegittimo porcellum e poi dall'illegittimo italicum, i principi di quella costituzione acquistano nuova vita.
"La sovranità è per diritto eterno nel popolo", recita l'art.1 della Costituzione di Saffi e Mazzini, che attribuisce l'elettorato attivo ai ventunenni e stabilisce un sistema rigorosamente proporzionale per l'elezione dei rappresentanti," in proporzione di uno ogni 20mila abitanti".
Come ha constatato Gustavo Zagrebelsky, Repubblica del 7 febbraio,"in Italia, l'abitudine di cambiare le regole del gioco a pochi mesi dalle elezioni è prassi che pare normale. Così è accaduto nel 1923-4 con la "legge Acerbo"; nel 1953 con la "legge-truffa"; nel 1993-4 con la "legge Mattarella"; nel 2005-6 con la "legge Calderoli". La stessa cosa potrebbe avvenire oggi con una legge modificativa del cosiddetto Italicum a seguito della recente sentenza della Corte costituzionale. Il sospetto che questa modifica sia inficiata da ragioni di convenienza politica, in queste circostanze, è più che un sospetto".
Restituire la sovranità agli elettori è allora il mezzo per rimettere in piedi il sistema della democrazia parlamentare rappresentativa, secondo l'indicazione del padre costituente. Prima che sia troppo tardi e il sistema si perverta definitivamente, evitando l'ennesimo affronto, diretto a tutelare interessi di parte, prodotto di un parlamento sostanzialmente illegittimo, in quanto figliastro dell'illegittimo porcellum.
Raccogliere in tal senso, sia pure tardivamente, il monito della Corte costituzionale nella sentenza 1/2014 che dichiarò illegittimo il porcellum, più volte richiamata anche nella sentenza del 9 febbraio, che ha invano additato al parlamento la necessità allora impellente (e che avrebbe risparmiato al paese l'avventura della riforma Renzi/Boschi) di pervenire a un sistema elettorale coerente con i principi costituzionali e con le prescrizioni indicate dalla stessa sentenza prima di sciogliersi (al più presto sottintendeva la Corte nel 2014) e dare la parola ai cittadini.
Forte è il rischio di una nuova frattura, che segnerebbe l'ulteriore tracollo della residua fiducia dei cittadini nei riguardi delle Istituzioni rappresentative, in uno scenario che potrebbe riesumare il fantasma di Weimar, qualora venga prodotta una ennesima legge incostituzionale e "interessata". È un contesto che impone la responsabiltà di ridare la parola ai cittadini, omogeneizzando i due sistemi di Camera e Senato.
Come raccomanda la stessa Corte nella sentenza del 9 febbraio: "questa Corte non può esimersi dal sottolineare che l'esito del referendum ex art. 138 Cost. del 4 dicembre 2016 ha confermato un assetto costituzionale basato sulla parità di posizione e funzioni delle due Camere elettive. In tale contesto, la Costituzione, se non impone al legislatore di introdurre, per i due rami del Parlamento, sistemi elettorali identici, tuttavia esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non ostacolino, all'esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee"
Certo è anche che per ricreare o recuperare le fondamenta di una più ampia legittimità del sistema istituzionale, traballante sotto i colpi della Corte costituzionale, evitando qualsiasi nuovo papocchio legislativo dell'ultima ora, insopportabile dopo ormai quasi 12 anni di "sospensione" della pienezza di espressione dei diritti politici, non può essere dimenticata la prescrizione, che è a un tempo precetto, suscettibile di sanzioni dinanzi alla Corte europea di Strasburgo, del "codice delle buone pratiche in materia elettorale".
Che integra l'articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, diritto a elezioni libere ed eque. Articolo 3 che recita: "Le Alte Parti contraenti si impegnano a organizzare, a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo".
Codice delle buone pratiche adottato dalla Commissione di Venezia nel corso della 52ª sessione (Venezia, 18-19 ottobre 2002) che recita:
"Livelli normativi e stabilità del diritto elettorale
A. A eccezione delle disposizioni tecniche e di
dettaglio - che possono avere un carattere regolamentare - le norme del
diritto elettorale devono essere almeno di rango legislativo.
B. Gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e
in particolare del sistema elettorale propriamente detto, la
composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle
circoscrizioni non devono poter essere modificati nell'anno che precede
l'elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o a
un livello superiore a quello della legge ordinaria."
Per riconciliarsi con la politica, va data la parola ai cittadini, prima che il tappo esploda. Secondo un criterio proporzionalistico, (e senza capilista bloccati), che non faccia sentire nessuno prevaricato e/o escluso dalla rappresentanza, mantenendo la sola soglia di sbarramento, nella sostanza legittimata dalla sentenza della Corte sul porcellum e ribadita anche da ultimo il 9 febbraio come costituzionalmente legittima.
Laddove la Corte nella sentenza del 9 febbraio, si è limitata sostanzialmente a non cassare il premio di maggioranza del primo e ora unico turno, per altri profili, peraltro affini e non del tutto diversi, bocciato inesorabilmente dalla stessa Corte nel 2014, nella sostanza per ragioni di ordine meramente processuale ( il contenuto e gli argomenti contenuti nelle ordinanze dei Tribunali che hanno posto la questione, Messina, Torino, Genova, Trieste, Perugia, quale limite del giudicato costituzionale e del relativo esame).
Limiti
legali del giudizio di costituzionalità che vanno ripensati,consentendo
a certe condizioni l'accesso diretto alla Corte, anche tramite
Istituzioni di garanzia della effettività dei diritti fondamentali,
quali l'Ombudsman, e come in altri sistemi, Spagna e Francia per primi, o
come in America Latina con il Defensor del Pueblo, legittimati a
ricorrere alla Corte a tutela di diritti primari e nell'interesse
generale.
E chissa', come diceva Giorgio Agosti, grande comandante partigiano di
GL e padre della Liberta', "Una volta al secolo,qualcosa di serio e di
pulito puo' accadere anche in questo paese"!