Come noto, Il Presidente del Senato Pietro Grasso, seconda carica dello stato, ha spiegato le ragioni della scelta di dimettersi dal gruppo dei senatori del PD, che viene da lontano, maturata con la mancata difesa da parte del suo partito al momento della richiesta della fiducia sulla legge elettorale. "Ho ritenuto di lasciare questo Pd perché non mi riconosco più né nel merito né nel metodo", ha detto. Il presidente del Senato ha spiegato che il punto di non ritorno è stato raggiunto proprio con la richiesta della fiducia: "il fatto che il presidente del Senato veda passare una legge elettorale redatta in altra Camera senza poter discutere, senza poter cambiare nemmeno una virgola è stata una sorta di violenza che ho voluto rappresentare". E come ha detto Napolitano, il partito democratico, ha fatto pressioni a suo avviso indebite su Gentiloni" (ANSA 28 ottobre2017).
Per la prima volta nella storia del Parlamento italiano, una legge elettorale è passata a seguito dell'imposizione del voto di fiducia, molto controvertibile ex art.72 co.4 cost. che non la prevede in materia elettorale e costituzionale. La legge è stata approvata senza discussione e dibattito, a scatola chiusa.
Il 12 dicembre 2017, a seguito di ricorso che ha sollevato conflitto di attribuzioni tra poteri dello stato, proposto dai parlamentari Mannino Claudia, Galgano Adriana, Menorello Domenico, Nuti Riccardo, la Corte Costituzionale ha fissato udienza avanti a sé, per decidere circa l'ammissibilità del ricorso. Il ricorso, proposto nei confronti della Camera dei deputati e, ove occorra, del Governo, è inteso a sentir dichiarare la menomazione delle attribuzioni costituzionali dei parlamentari in quanto rappresentanti della Nazione senza vincoli di mandato ex art. 67 Cost. – e come tali titolari pro quota del potere di determinare la politica nazionale, nel rispetto del Regolamento di cui all'articolo 64 Cost., e nella funzione legislativa ex articolo 70 Cost. – menomazione derivante dall'approvazione in via definitiva, da parte della Camera dei deputati, della legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 8 maggio 2015) che veniva approvata con voto di fiducia, con procedura incostituzionale, tale da ostacolare indebitamente l’espressione della sovranità del popolo ex art. 1 c. 2 Cost.; menomazione derivante dalle violazioni costituzionali degli articoli 1, 48, 51, 64, 67, 70, 72 e 94 Cost., operate nell'iter di approvazione della legge 6 maggio 2015, n. 52.
L'iter di aprovazione della c.d. legge rosatellum bis è stato identico. E identica è stata la menomazione subita dai parlamentari e dall'intero Organo legislativo. E analoghi ricorsi sono in via di presentazione con riguardo alla nuova legge che attende la firma presidenziale, come previsto dall'art.73 Costituzione.
Il Presidente, prima di promulgare la legge, ha il potere di chiedere alle Camere una nuova deliberazione, inviando alle stesse un messaggio motivato ( art.74 Cost.).
Le considerazioni molto amare svolte dal Presidente Grasso e dal Presidente emrito Giorgio Napolitano, considerandosi altri profili di illegittimità costituzionale del nuovo articolato, in specie la violazione del principio per cui il voto è libero, diretto ed uguale, tanto in entrata che in uscita, e il permanere di liste bloccate, anche in elusione della sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale che dichiarò illegittima la legge Calderoli, c.d. porcellum, suggeriscono la massima attenzione da parte del Presidente Mattarella. Tanto più, a seguito della promulgazione dell'italicum, intervenuta uin epoca anteriore al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, viceversa dichiarato parzialmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza 35/2016. Una nuova pronuncia della Corte, in specie sulla questione della legittimità in termini costituzionali dell'iter di approvazione con voto di fiducia anche del rosatellum, ad opera di un Parlamento la cui maggioranza artificiale è determinata dal premio dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, esporrebbe il sistema delle regole a una grave e pericolosa crisi, menomando potenzialmente la credibiltà delle Istituzioni e il loro prestigio. E' da augurarsi che il Presidente possa invitare le Camere ad una nuova deliberazione, in specie sottoponendo alla loro attenzione, se non altro per ragioni di coerenza logica e razionalità dell'intero sistema, la valutazione delle ragioni esposte nel procedimento per conflitto di attribuzioni sollevato da alcuni parlamentari e fin visto l'esito dello stesso ricorso, anche valutando le ragioni esposte dal Presidente Grasso; salva ogni altra questione.