Il pacchetto delle riforme costituzionali è nato sotto una costellazione
confusa: mille tira e molla, voltafaccia, modifiche su singoli punti
nate da trattative plurilaterali. Il caos ha indotto i più a pensare a
faciloneria, scarsa dimestichezza con la materia, fretta soprattutto. E
se invece dietro il disordine ci fosse un disegno consapevole? “A mio
avviso è ben chiara l’idea di concentrare i poteri nella Camera dei
deputati e, in definitiva, nella coalizione di maggioranza”, spiega
Alessandro Pace, professore emerito di Diritto Costituzionale alla
Sapienza di Roma.
Partiamo dalla madre di tutti i guasti: la legge elettorale.
L’Italicum,
con l’abnorme premio di maggioranza, riproduce nella sostanza il
Porcellum bocciato dalla Consulta. L’altro aspetto, unanimemente
criticato, riguarda la disparità di trattamento dei partiti rispetto
alle coalizioni, che si risolve di fatto nell’impedimento alla
partecipazione alle elezioni dei partiti che non raggiungano l’8 per
cento. Non solo: la trasformazione dei voti in seggi non si produce
nelle circoscrizioni dove si vota, ma nell’ufficio centrale
circoscrizionale, per cui sarà un diverso candidato a beneficiare di
quel voto. Detto ciò, se analizziamo il ddl costituzionale Renzi-Boschi
alla luce dell’Italicum, che garantisce il premio di maggioranza (pari a
340 deputati) a una coalizione ancorché assai lontana da quel
traguardo, ci avvediamo della gravità delle conseguenze.
Che sarebbero?
Fino
a ieri, in forza del testo originario del ddl Renzi-Boschi, la
coalizione di governo, già dal quarto scrutinio, avrebbe potuto disporre
della maggioranza sufficiente di 366 parlamentari (26 senatori oltre ai
340 deputati) per eleggere anche il presidente della Repubblica. Grazie
al sub-emendamento Gotor, questa possibilità è stata spostata al nono
scrutinio: un traguardo lontano, ma non impossibile, sempre che la
maggioranza resti rigidamente inquadrata dopo le molte votazioni. Invece
non sarebbe affatto difficile, per la coalizione di governo, riuscire a
eleggere tutti e i cinque i giudici costituzionali, date le maggioranze
politiche attualmente esistenti nei consigli regionali. Infatti
l’articolo 31 del ddl Renzi-Boschi (diversamente dall’attuale articolo
135 della Costituzione) non prevede esplicitamente che i giudici
costituzionali debbano essere eletti dal Parlamento in seduta comune.
Per cui, verificandosi l’abrogazione implicita (“per nuova disciplina
della materia”) dell’articolo 5 della legge costituzionale n. 2 del 1967
che disciplinava il voto nel Parlamento in seduta comune, basterebbe la
maggioranza relativa per la loro elezione sia alla Camera (tre giudici)
che al Senato (due giudici).
Qual è il disegno di Matteo Renzi secondo lei?
Il
disegno iniziale portato avanti da Renzi - da un lato una Camera dei
deputati al centro del sistema dominata dalla coalizione di governo
grazie all’Italicum, dall’altro un Senato non eletto dal popolo, i cui
componenti sarebbero sindaci e consiglieri regionali part time - ha
trovato qualche ostacolo in commissione. Tuttavia le materie nelle quali
la funzione legislativa è esercitata collettivamente da Camera e Senato
sono poche. Per il resto, le altre competenze legislative che il
“nuovo” art. 70 attribuisce al Senato sono più illusorie che effettive
perché sono comunque superabili dal voto contrario della Camera, semmai a
maggioranza assoluta, che è un obiettivo tutt’altro che irraggiungibile
grazie all’Italicum.
Oltre a ciò il Senato non sarebbe elettivo.
Il
fatto che le materie di competenza legislativa siano poche e il voto
del Senato sia superabile da parte della Camera non esclude che quelle
approvate dal Senato – tra cui le modifiche della Costituzione!– siano
leggi a tutti gli effetti. Se ciò è vero, è altrettanto vero che il ddl
Renzi-Boschi viola un principio basilare dello Stato di diritto secondo
il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non
delle persone elette ad altri incarichi che fanno i senatori part time.
Né l’elezione indiretta da parte dei Consigli regionali e dai Consigli
delle Province autonome risolverebbe il problema. Ma c’è dell’altro…
Cioè?
Il
secondo comma del primo articolo della Carta dice che la sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione. Ne discende chi i poteri pubblici sono sempre
essenzialmente limitati. Diminuire radicalmente le funzioni del Senato
oltre a eliminarne l’eleggibilità significa che il Senato non potrà più
svolgere il suo ruolo di contropotere della Camera. E ciò urta contro un
altro principio fondamentale, proprio delle democrazie pluraliste, la
necessità dei contro-poteri. Una siffatta concentrazione di potere in
capo ad un solo organo e a una sola coalizione (per non dire in capo ad
un solo partito e al suo leader) è impensabile in una democrazia
liberale. Lo affermò esplicitamente lo stesso Presidente Napolitano nel
suo bellissimo discorso per il 60° anniversario della Costituzione,
allorché prese le distanze dal semipresidenzialismo francese, di cui
lamentava l’assenza di contropoteri. Ebbene una delle caratteristiche di
quel sistema è il criticatissimo “voto bloccato”, che - guarda caso! - è
stato previsto, ciò nondimeno, nel ddl Renzi-Boschi.
E l’immunità dei senatori?
Se
il Senato resta elettivo, ai suoi componenti competono insindacabilità e
immunità. Altrimenti dovrebbe restare soltanto l’insindacabilità per le
opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle proprie funzioni.
Cosa
pensa della proposta di innalzare la soglia minima di firme necessarie
per la legge d’iniziativa popolare da 50mila a 250mila?
È
sbagliata. Si giustifica tale restrizione sostenendo che verrebbero
garantite a tali proposte di legge “tempi, forme e …limiti”. Il che è
uno specchietto per le allodole, in quanto serve nel frattempo a non
agevolare (come dovrebbe) ma a limitare l’iniziativa legislativa
popolare, violando così, ulteriormente, l’articolo 1 della Costituzione
che proclama la sovranità popolare.
Ma se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi?
Saremmo
tutti quanti saltati per aria. Renzi ragiona come se le maggioranze
siano destinate a rimanere invariate per l’eternità. Ma sbaglia, questo
non lo può non sapere.
intervista di Silvia Truzzi, da Il Fatto quotidiano, 10 luglio 2014