Voto subito o più avanti? Qualunque risposta rischia di schiantarsi sulle convenienze di alcuni partiti. Per evitare questa insidia occorre ripartire dal 4 dicembre, dalla vittoria del No. Il Comitato per il No ha dall’inizio una sua posizione originale, condivisa con il Comitato gemello contro l’Italicum. La campagna referendaria contro le deformazioni della Costituzione faceva tutt’uno con l’opposizione all’Italicum, da realizzare con il ricorso alla Corte sull’incostituzionalità della legge e la raccolta di firme per arrivare a due referendum abrogativi.
L’incostituzionalità era evidente e la furbata di approvare l’Italicum, con ben tre voti di fiducia, prima delle modifiche della Costituzione non poteva impedire il giudizio della Corte solo perché la legge non era ancora entrata in vigore. La Corte ha respinto la richiesta di inammissibilità del governo e ha cancellato il ballottaggio che era la bandiera renziana per eccellenza.
Comunque la Corte giudica con criteri diversi dal giudizio politico ed è per questo che i referendum avrebbero dovuto fare entrare in campo gli elettori su premio di maggioranza e parlamentari nominati. Purtroppo la raccolta delle firme non è arrivata alle 500.000 richieste. Questi problemi politici restano tutti da risolvere.
L’Italicum, malgrado le mutilazioni della Corte, rimane inaccettabile perché in nome della governabilità regala 90 deputati a chi arriva al 40%, che si aggiungono ai 100 capilista nominati. Questo è il cuore del problema. Una legge si giudica per i contenuti non per la speranza che le norme non scatteranno.
Premio di maggioranza e parlamentari nominati sono i problemi irrisolti e questi due aspetti debbono essere cambiati prima di votare. L’attuale Parlamento, pur eletto con l’incostituzionale Porcellum, ha il dovere di approvare una nuova legge elettorale omogenea per Camera e Senato, fortemente proporzionale e con la scelta dei parlamentari da parte degli elettori. Le elezioni politiche non sono un esercizio astratto ma, rispettando i principi costituzionali, per dare vita a un parlamento legittimo, che risponda del suo operato agli elettori. Il 2017 è l’anno in cui l’Europa deciderà sul fiscal compact e se abbandonare la cieca austerità attuale. L’Italia pensa di poter affrontare questo tornante storico con un parlamento non rappresentativo ?
Il miracolo democratico di oltre i due terzi di votanti del 4 dicembre potrebbe lasciare spazio, di nuovo, a una rabbia sorda, mentre ora è un giudizio politico duro ma intrinsecamente democratico, che pure si cerca di ignorare. Per questo i due Comitati referendari hanno deciso di restare in campo, forti del rapporto stretto con la rete di Comitati territoriali cresciuta durante la campagna referendaria. Non un partito in costruzione, ma un insieme civico, di cittadini che vogliono battersi non solo contro le deformazioni della Costituzione ma anche per aiutare la democrazia italiana a ritrovare un rapporto tra cittadini e loro rappresentanti. Per questo presto partirà una petizione di massa sulla legge elettorale, su cui costruire iniziative, avviare una raccolta di firme, inoltre verranno sostenuti i referendum della Cgil e le iniziative del mondo della scuola, perché in sostanza chiedono l’attuazione della Costituzione.
Attenzione a sbeffeggiare la volontà di contare dei cittadini. Le risposte possono essere severe sia nelle future elezioni, sia promuovendo di nuovo referendum abrogativi sulla futura legge elettorale, perchè oggi, dopo il voto del 4 dicembre, si possono raggiungere le firme necessarie e costituire così una pesante ipoteca sulla legittimità di un parlamento eletto con quel che resta dell’Italicum, non solo alla Camera ma, come viene proposto, anche al Senato.