Secondo l’ultimo rapporto dell’ISTAT, diffuso il 26 giugno 2018, la povertà in Italia è in crescita ed ha raggiunto livelli intollerabili. “Nel 2017 si stimano in povertà assoluta1 milione e 778 mila famiglie residenti in cui vivono 5 milioni e 58 mila individui; rispetto al 2016 la povertà assoluta cresce in termini sia di famiglie sia di individui.
L’incidenza della povertà assoluta aumenta prevalentemente nel Mezzogiorno sia per le famiglie (da 8,5% del 2016 al 10,3%) sia per gli individui (da 9,8% a 11,4%), soprattutto per il peggioramento registrato nei comuni Centro di area metropolitana (da 5,8% a 10,1%) e nei comuni più piccoli fino a 50mila abitanti (da 7,8% del 2016 a 9,8%). La povertà aumenta anche nei centri e nelle periferie delle aree metropolitane del Nord.” La crescita della povertà non è frutto soltanto della crisi economica che ha pesantemente colpito il nostro paese a partire dal 2008.
Infatti dopo anni di depressione il Pil è ritornato a crescere è nel 2017 è aumentato dell’1,6% rispetto all’anno precedente. Quindi sì è verificato un paradosso, è aumentata la ricchezza e nello stesso tempo è aumentata la povertà. Ciò significa che è aumentata la disuguaglianza: una piccola fetta della popolazione è diventata più ricca, mentre l’area della sofferenza sociale si è allargata.
Questo è il problema fondamentale con cui ogni governo, quale che sia il colore, si deve confrontare allorchè deve impostare la manovra di bilancio. Sempre secondo l’Istat (comunicato del 21/9/2018), nel 2017 il rapporto deficit/pil si è attestato al 2,4%. Non bisogna scandalizzarsi, dunque, se il Governo in carica preveda di mantenere il rapporto deficit/pil al 2,4% per avere le risorse
necessarie per le indispensabili misure di contrasto alla povertà. E’ anche vero che un governo sempre più isolato sul piano internazionale per il suo nazionalismo becero ed incapace di parlare in Europa il linguaggio della solidarietà, nel braccio di ferro con la governance europea rischia di perdere per strada quelle risorse a cui aveva puntato, come dimostra l’impennata dello spread.
Però è inaccettabile che i principali organi di informazione facciano una bagarre indicando nelle misure contro la povertà (il c.d. reddito di cittadinanza) il punto di crisi del bilancio nazionale che espone l’Italia alla collera del Dio mercato finanziario. Al contrario sono proprio le misure contro la povertà, comportando un immediato aumento della domanda, che possono trainare la crescita economica ed incidere positivamente sul rapporto deficit/pil, che tanto sta a cuore a Bruxelles. In realtà il rischio di crisi dell’equilibrio dei conti pubblici nasce dall’ambiguità della politica.
Non si può pretendere di incrementare le spese sociali e le spese per investimenti pubblici al contempo progettando di ridurre il prelievo fiscale ed assolvendo le fasce più ricche della popolazione dai doveri inderogabili di solidarietà prescritti dagli artt. 2 e 53 della Costituzione.
Quello che più ci fa specie però è che questo pane che viene offerto da questo governo ai poveri è un pane amaro. Non è un pane che deriva dalla solidarietà e dall’amicizia, non è impastato con l’acqua pura della condivisione, ma è condito con il veleno della discriminazione e del disprezzo ed è bagnato dalle lacrime delle madri che hanno visto i loro figli sommersi dai flutti, in un mare in
cui è stato proibito il soccorso e messa al bando l’umanità.