Se tanto mi dà tanto, qui è stato il (presunto) tonno ad aprirci come una scatoletta (di ventresca). Infatti, tra maldestri rivoluzionari a fumetti e rinnovatori intermittenti, quanto infine ha prevalso è stata la determinazione proterva e inaffondabile della corporazione trasversale del Potere.
Sotto l’accorta regia di Giorgio Napolitano, il dato per morto Silvio Berlusconi è rifiorito a nuova vita, per farsi finalmente tutti gli affaracci suoi e – al tempo stesso – fornire l’abituale alto contributo all’interminabile esproprio di democrazia e decenza; esproprio che perdura dal momento lontano in cui lo strappo di Tangentopoli fu ricucito grazie alla chiamata dell’intero arco costituzionale, da allora allargato ai neo fascisti, a difesa della politica politicante e alla contestuale rimozione della “questione morale” (intorno al 1993).
Vent’anni esatti, che minacciano di proseguire ancora a lungo. Per cui fa un po’ ridere Massimo Giannini de la Repubblica quando ipotizza – alla ricerca di una linea per il quotidiano che vis-dirige, per rimediare alle cappellate del fondatore Eugenio Scalfari – l’avvio di un “governo di scopo” per fare cinque cose cinque e poi andare alle elezioni. Ma non scherziamo: le larghe intese collusive ce le dovremo sciroppare a lungo. Per cui sarebbe bene prepararci ad un’altrettanto lunga marcia attraverso la blindatura della politica contro ogni istanza di apertura.
Per di più, mentre già si intravedono segni di stanchezza che vira a fatalismo in quella parte di indignati che si erano bevuti come assoluta verità profetica le semplificazioni infantili della coppia di apprendisti stregoni Grillo e Casaleggio: ci si può illudere con qualche dato sondaggistico favorevole ma la sensazione di inutilità/impotenza prodotta dall’azione di M5S in Parlamento morde lo zoccolo dei consensi di febbraio. Per questo, al fine di offrire riferimenti alla domanda di politica dalla parte dei cittadini, occorrerà creare sponde elettorali che si assommino a quelle già offerte dal grillismo. Anche perché ci sarà da intercettare un flusso non indifferente in uscita dal PD che ha gettato la maschera, mica solo Pippo Civati.
Il problema è capire chi potrà edificare tale sponda di assoluta urgenza. Visto che ci sono ancora molte resistenze/renitenze da superare/vincere.
Un grande organizzatore come Fabrizio Barca potrebbe entrare a pieno titolo nel gruppo di questi costruttori, sempre si liberi dalle romanticherie della rinascita di un PCI del tempo che fu (non solo di suo padre, ma anche di Enrico Berlinguer) e si convinca di dover giocare la partita per linee esterne a questa sentina di vizi ormai scoperchiata che è il PD, gamba postcomunista dell’inciucio.
Un leader carismatico come Maurizio Landini potrebbe essere l’efficacissimo tribuno dello sblocco politico per una società più giusta, sempre si convinca che la ridotta della FIOM non può reggere per l’eternità all’assalto dei normalizzatori che vogliono uscire dalla crisi a spese del lavoro e delle famiglie.
Un intellettuale del calibro di Stefano Rodotà sarebbe in grado di coordinare la messa a punto di una linea tutta giocata sui diritti e i beni collettivi, alternativa a quella governativa da caporalato della plutocrazia. E forse non si dovrebbe fare troppa fatica a convincerlo dell’assoluta necessità del suo impegno.
Insomma, a pensarci bene il capitale umano ci sarebbe. Ciò che ancora non sembra ben chiaro a tutti è il senso dell’urgenza. Mentre il tempo stringe.