C’è una cosa più imbarazzante dei renziani dello Sblocca Italia che aggrediscono il Movimento 5 Stelle per il condono di Ischia? Sì: c’è il fatto che hanno ragione, anche se sono gli ultimi a poterlo dire. Il giudizio più azzeccato e sintetico è quello di Italia Nostra, la gloriosa associazione ambientalista che per il 6 novembre ha indetto un incontro pubblico a Napoli sul tema: “Condonite italiana. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio”. Laddove il lupo è il potere: che, almeno su alcuni temi, rimane orrendamente simile a se stesso che abbia il volto di Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, Matteo Renzi o Luigi Di Maio.
La brutta storia del condono ad Ischia (capitale dell’abusivismo costiero) infilato nelle pieghe del fantasmatico decreto per Genova è, in questo senso, esemplare. Nonostante gli emendamenti delle ultime ore e un fitto fumo di propaganda, Italia Nostra, Legambiente e Verdi hanno ragione: il condono resta, ed è un condono pesante. A poco giova aver precisato, solo dopo le polemiche, l’ovvio: e cioè che non potranno usufruirne i mafiosi (ci mancava pure) e che in zone vincolate resta competente la Soprintendenza (ci mancava pure bis).
Il decreto governativo continua a stabilire che le istanze di condono presentate ai sensi della legge introduttiva del “terzo condono” in Italia (Berlusconi, l. 326/03), la cui proposizione era già inammissibile nelle zone tutelate, divengano d’incanto “ammissibili”: e anzi che i soldi pubblici potranno servire a ricostruire quelle case in quegli stessi posti in cui non devono stare. Come se non bastasse, sia le sanatorie ammesse dalla legge introduttiva del “secondo condono” (Berlusconi, l. 724/94) che soprattutto quelle del terzo, godrebbero di forte sconto sulle sanzioni pecuniarie, applicandosi quelle infinitamente più basse stabilite dalla legge introduttiva del “primo condono” (Craxi, l. 47/85). Infine, vengono condonati anche “i grandi abusi” (con volume superiore ai 750 metri cubi: all’incirca 250 metri quadrati) che nemmeno il Berlusconi del 1994 aveva la faccia di ammettere, limitando la sanatoria solo ai cosiddetti “abusi di necessità” (formula, peraltro, in sè menzognera). Chi a suo tempo ha inoltrato un’improponibile domanda per gli abusi compresi tra il 1994 e il 2003 ben sapeva di non poterla presentare, ma lo ha fatto perché la legge consente ai notai di rogitare gli atti di vendita di un immobile anche abusivo purché all’atto stesso sia allegata la copia della domanda di condono, e soprattutto per bloccare gli effetti delle ordinanze di demolizione, in quanto la legge stabilisce che solo all’esito (negativo) dell’istanza possa procedersi ad abbattere l’abuso: è questa la ragione per la quale non si è mai demolito nulla, con la indegna complicità dei Comuni che da anni lasciano dormire le domande negli armadi, e delle Regioni che non attivano le procedure sostitutive fissate dalle leggi. Ebbene oggi, gli sfacciati e impuniti che presentarono quella indebita domanda di condono sono favoriti rispetto a coloro che se ne vergognarono.
Ciò che lascia sconcertati è che tutto questo non si deve (una volta tanto) alla Lega, navigatissimo perno del sistema dotatosi di una retorica neofascista: no, lo si deve al partito dell’onestà. Ed è del tutto evidente che in un colpo solo il M5s tradisca l’onestà di chi per tutta la vita non ha commesso abusi ed è stato umiliato dai condoni per i disonesti, e tradisca la legalità costituzionale dell’articolo 9, che tutela paesaggio e ambiente. L’ambiente era una delle 5 Stelle, già assai offuscata dalla brutta storia dello Stadio della Roma e dal voltafaccia sul Tap: un conto sono i 5 Stelle di opposizione (tutti Costituzione e ambiente) ben altri i 5 Stelle di governo. Con fermezza e pazienza confuciana il benemerito ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato di confidare che il condono ischitano (evidente apripista per un condono nazionale) sparisca nel corso dei lavori parlamentari. È quel che sperano gli italiani di buona volontà. Ma a questo punto non basta: per chi si presenta come governo del cambiamento il cambiamento di rimangiarsi le proprie porcate è, per quanto necessario, non sufficiente.
Allora, ecco un bel banco di prova. L’architetto Luigi De Falco, consigliere di Italia Nostra, ha proposto di affidare per legge al Genio Militare le demolizioni delle case abusive. Oggi non lo si fa, perché i tribunali devono scegliere la via più economica e dunque scelgono quella del Genio Civile, che però dovendo collaborare con gli inadempienti Comuni risulta inefficace: e infatti nulla si demolisce. Ma perché ricorrere all’esercito sarebbe così costoso? Il tariffario dei lavori edili del Genio Militare ancora vigente è fissato da un protocollo del 1995 che mediamente triplica i prezzi dei tariffari degli uffici regionali del Genio Civile ed esclude la demolizione delle opere in sottosuolo (fondazioni, volumi interrati, eccetera), e addirittura la bonifica e lo smaltimento delle macerie. Questo capolavoro si deve ad un accordo tra un ministro leghista ai Lavori Pubblici e uno forzista alla Difesa. La domanda è: il partito di maggioranza relativa e principale azionista del governo, il partito che sta ingoiando una politica migratoria razzista e incostituzionale, ha almeno la forza morale e politica per una piccola-grande riforma come questa? O la clientela elettorale degli abusivi è troppo forte anche per il partito degli onesti, perno del governo del cambiamento?