Le amnesie dell’ex presidente

di Massimo Villone - Il Manifesto - 07/08/2015

Napo­li­tano scende in campo e difende a spada tratta le riforme, nel metodo e nel merito, con una let­tera al Cor­riere della Sera. Tutto bene, è impos­si­bile tor­nare indie­tro, avanti tutta. In par­ti­co­lare sul senato non elet­tivo, visto come scelta impre­scin­di­bile. Capiamo bene che difen­dendo la pro­po­sta in discus­sione Napo­li­tano difende se stesso, essen­done stato da capo dello Stato arte­fice. Tutti ricor­diamo le sue ripe­tute ester­na­zioni sulle «neces­sa­rie riforme». E rispet­tiamo la sua scelta di inter­pre­tare come ha fatto il ruolo di pre­si­dente della Repubblica.

Vor­remmo ricor­dasse, però, che l’interpretazione avrebbe potuto essere diversa. E che una parte non insi­gni­fi­cante del paese pensa che avrebbe dovuto essere diversa. E che un sena­tore a vita ex pre­si­dente della Repub­blica ha un onere di rap­pre­sen­tanza intrin­se­ca­mente più ampio di quello che cade su un qual­siasi uomo di par­tito, e di parte.

Vor­remmo che Napo­li­tano ricor­dasse che siamo già in cam­pa­gna refe­ren­da­ria. L’ha lan­ciata Renzi, che anzi l’ha gio­cata dal primo momento come un ple­bi­scito su se stesso. Come accade nelle corse cicli­sti­che, vediamo ora par­tire la volata, con l’occasione volta a met­tere nell’angolo le voci dis­si­denti nella fase con­clu­siva dei lavori par­la­men­tari. Vor­remmo ricor­dasse che anzi sarà una bat­ta­glia ple­bi­sci­ta­ria. Ne vediamo le argo­men­ta­zioni rozze, sem­pli­fi­cate, e qual­cuno direbbe almeno in parte men­daci. Così accade quando Renzi dice che è cru­ciale togliere l’indennità ai sena­tori, senza dire che i costi diversi dell’istituzione — immo­bili, ser­vizi, per­so­nale — riman­gono comun­que, e sono la parte di gran lunga pre­va­lente. E che dun­que mag­giori risparmi si avreb­bero ridu­cendo in paral­lelo il numero dei com­po­nenti di cia­scuna camera. Ancora è così quando si dice che un senato di seconda scelta è indi­spen­sa­bile a supe­rare i bica­me­ra­li­smo pari­ta­rio, occul­tando il fatto che bene – e anzi meglio — si potrebbe supe­rarlo man­te­nendo l’elezione diretta dei senatori.

Vor­remmo ricor­dasse da quale accordo, tra chi, e con quali moti­va­zioni viene il pro­getto poli­tico rifor­ma­tore. Il fami­ge­rato patto del Naza­reno, e già que­sto era per molti intol­le­ra­bile. Il pro­getto poli­tico è stato por­tato avanti tra for­za­ture e vio­la­zioni dei rego­la­menti par­la­men­tari e della stessa Costi­tu­zione. Il man­tra è ora che non si può tor­nare indie­tro. Ma non si dice che quell’accordo non c’è più, che se la pro­po­sta di riforma va avanti può farlo solo con l’appoggio di tran­sfu­ghi il cui cam­bio di casacca nulla ha a che fare con il bene della Repub­blica. Per tanti una Costi­tu­zione che nascesse su que­sti fon­da­menti non meri­te­rebbe lealtà e osser­vanza. È così che si pensa di dare con­ti­nuità e forza alla Costi­tu­zione nata dalla Resistenza?

Vor­remmo ricor­dasse che — come ha ben visto negli anni bui del ter­ro­ri­smo — la tenuta di un paese viene dalla con­di­vi­sione e dall’ampia par­te­ci­pa­zione rese pos­si­bili dalla piena rap­pre­sen­ta­ti­vità delle isti­tu­zioni. Viene dalla fibra morale e poli­tica, prima che dalla forza pub­blica. Dalla libertà degli animi e delle voci prima che dai bava­gli, dalla com­pres­sione degli spazi di demo­cra­zia e di rap­pre­sen­tanza poli­tica, dallo schiac­cia­mento dei corpi intermedi.

Vor­remmo ricor­dasse che il par­la­mento cui oggi si affida una radi­cale riscrit­tura della Costi­tu­zione è stato ful­mi­nato nei suoi fon­da­menti da una sen­tenza della corte costi­tu­zio­nale che ha posto pre­cisi paletti. Per molti, la sen­tenza è stata già disat­tesa dalla legge 52/2015, ed è in sé grave. Ma ancor più grave è che un par­la­mento privo di legit­ti­ma­zione sostan­ziale capo­volga alcuni dei fon­da­menti della Costi­tu­zione vigente, che tutti i par­la­men­tari hanno il dovere di osser­vare eser­ci­tando le pro­prie fun­zioni con «disci­plina e onore».
Vor­remmo pren­desse atto che altre solu­zioni sono pos­si­bili. Una potenza glo­bale come gli Stati uniti abban­donò un secolo fa il senato non elet­tivo, per porre fine a una situa­zione di degrado e cor­ru­zione. Oggi il senato elet­tivo del con­gresso sta­tu­ni­tense è ele­mento di un sistema bica­me­rale sostan­zial­mente pari­ta­rio, ed è ben più del senato di garan­zia che inti­mo­ri­sce i rifor­ma­tori ita­liani. La Fran­cia sta pro­gres­si­va­mente uscendo dalla com­mi­stione tra il senato e le isti­tu­zioni locali. E allora?

Vor­remmo pren­desse atto che il nucleo fon­da­men­tale del pro­getto di riforma è nella cen­tra­lità dell’esecutivo e in pro­ie­zione nell’uomo solo al comando. Comun­que, in una ridu­zione spazi di demo­cra­zia, e nella con­cen­tra­zione del potere. Se non è così, per­ché non ci dice qual è invece il punto focale del dise­gno rifor­ma­tore? Mat­ta­rella, nel chia­marsi fuori dalla mischia, ci ha detto che l’uomo solo al comando non esi­ste. Oggi, forse. Ma domani?

Vor­remmo capisse che lo slo­gan avanti a tutta forza può solo peg­gio­rare le con­di­zioni del con­fronto poli­tico. Per­ché non rimane altra via che radi­ca­liz­zare le posi­zioni. Ancor più se i capi di stato abdi­cano dal pro­prio ruolo di garanti delle Costi­tu­zioni. Del resto, il sospetto l’avevamo, che le costi­tu­zioni le difen­dono i popoli, non i governi o i capi di stato.

Infine, a chi pen­sasse con le scelte di oggi di acqui­sire un busto nel pan­theon della nuova Repub­blica, vogliamo ricor­dare che la grande ruota della sto­ria gira. I meno gio­vani hanno in memo­ria le imma­gini in bianco e nero dei busti dell’uomo solo al comando abbat­tuti e in fran­tumi. Que­sta volta le vedrebbe tutto il mondo, a colori e su Youtube.

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