La legge elettorale che la maggioranza ha approvato alla Camera, nonostante il dichiarato dissenso di tutte le opposizioni e della minoranza Pd, ci sembra presenti chiari profili di incostituzionalità anche e soprattutto alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 1 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del cosiddetto “Porcellum”.
Le censure di incostituzionalità riscontrate dall'autorevole consesso nella legge elettorale allora in vigore sono due: per un verso, l'esorbitante entità e l'irragionevolezza di un premio di maggioranza la cui attribuzione non veniva subordinata al raggiungimento da parte della formazione vincente di una soglia minima di voti, con l'aggravante dell'assegnazione del premio medesimo determinando un sistema che poteva dar luogo alla formazione di maggioranze non coincidenti nei due rami del Parlamento e, per altro verso, la privazione in danno degli elettori della possibilità di scegliere i propri rappresentanti parlamentari col voto di preferenza.
Quanto all'abnormità del premio di maggioranza la Corte osservava tra l'altro che la disciplina determinava una compressione della funzione rappresentativa delle assemblee, incidendo anche negativamente sull'uguaglianza del valore del voto fra i cittadini, eccessiva e tale da produrre "una alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica sulla quale si fonda l'intera architettura dell'ordinamento vigente". Con riferimento poi alle disposizioni che non consentono all'elettore di esprimere una preferenza per i candidati, rilevava la Consulta che col sistema delle liste lunghe e bloccate, formate sulla base di scelte operate dai partiti, veniva a mancare il sostegno dell'indicazione personale dei cittadini con un vulnus della rappresentanza voluta dalla Costituzione.
In relazione alla rappresentanza della Camera va tenuto presente che l’“Italicum” concede un premio di maggioranza assoluta anche a una lista vincitrice che abbia ottenuto un quoziente assai modesto di consensi e prevede i “capolista” bloccati in tutti i 100 collegi introducendo il sistema delle preferenze per gli altri candidati. E a quest’ultimo riguardo si utilizza, per sostenere la legittimità costituzionale del disegno di legge, il passaggio della citata sentenza col quale la Consulta definisce il sistema delle liste bloccate "non comparabile con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte di seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l'effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l'effettività della scelta e la libertà del voto(al pari di quanto accade nei collegi uninominali)".
E’ di tutta evidenza che i sistemi misti e le liste “corte” di cui parla la Consulta devono essere tali da assicurare la libertà del voto che, anche per la scelta dei singoli candidati, la Corte considera indispensabile. Ne è conferma il fatto che sia nella motivazione che nel dispositivo la Corte medesima censurava le norme sottoposte al suo esame "nella parte in cui non consentono all'elettore di esprimere una preferenza per i candidati".
D’altro canto la Consulta non ha in alcun modo affermato la legittimità costituzionale di liste bloccate “corte” o di sistemi misti che non assicurino la “conoscibilità” dei candidati e la libertà di scelta degli elettori. Situazione che si verifica quando vi sia una preponderanza dei parlamentari “nominati” dalle segreterie di partito su quelli in qualche modo “scelti”. E proprio questa preponderanza ricorre, eccome, nel caso dell’“Italicum”, tenuto anche conto della progettata riforma del Senato destinato ad essere composto solo da “nominati”.
Si vuol quindi varare una legge intesa ad eludere le decisioni e le indicazioni che la Consulta ha dato con la citata pronuncia. Una legge che, messa in rapporto con la riforma del Senato, finirebbe per favorire l’avvento di un presidenzialismo di fatto privo di contrappesi e di adeguati controlli.
Con la presente nota, Signor Presidente, uniamo la nostra voce a quanti auspicano che Lei, utilizzando i poteri riconosciuti al Capo dello Stato dall’art. 74 della Costituzione, si determini a inviare “un messaggio motivato alle Camere” per “chiedere una nuova deliberazione” sulla legge.
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