In questo strano Paese può succedere che un partito che ruba 49 milioni di euro alla ricchezza collettiva ottenga di poterli risarcire in comodissime rate mensili da 50.000 euro, chiudendo la partita in soli 81 anni (partita peraltro truccata, perchè la Lega verserà nelle casse pubbliche ogni anno l’1,2% del totale, ovvero un terzo degli interessi che lo Stato dovrà pagare alle banche per ottenere quella stessa cifra).
Sempre in questo strano Paese, negli ultimi 30 anni, ben 800 comuni (10% del totale) hanno attraversato fasi acute di crisi finanziaria e ben 588 municipi (il 7% del totale) hanno certificato un vero e proprio dissesto. Nessuno di questi Comuni è stato accusato di furto – anche se, spesso, di malgoverno si è trattato – e a nessuno è venuto in mente di proporre loro di spalmare i propri debiti su un arco temporale di 80 anni.
Si sono invece imposte loro draconiane misure di rientro, scaricate, in termini di azzeramento degli investimenti e delle assunzioni, tagli alla spesa sociale, aumenti esponenziali delle tariffe, sulle condizioni di vita dei cittadini.
Ancora, in questo strano Paese, gli amministratori degli enti locali
hanno potuto per quasi venti anni infilare le casse comunali nella
spirale infernale dei contratti derivati stipulati con le banche, al
punto che oggi, 10 anni dopo il divieto subentrato per legge, risultano
ancora attivi 342 contratti detenuti da 174 Comuni per un valore
nozionale di oltre 17 miliardi di euro.
Una vera mina vagante, che tutti aspettano esploda, invece di
affrontarla come si potrebbe, soprattutto dopo la Decisione della
Commisisone Europea («caso AT 39914», del 3/12/2013, pubblicata nel
dicembre 2016), che permette l’annullamento e la richiesta di
risarcimento alle banche.
D’altronde, questo è un Paese costruito intorno alle comunità locali che, ad un certo punto, ha deciso di segare il ramo su cui le stesse erano sedute, privatizzando tutto il sistema bancario e finanziario e trasformando il circolo virtuoso «risparmio – Cassa Depositi e Prestiti-finanziamenti a tassi agevolati delle opere dei Comuni» in un circolo vizioso che spinge i Comuni ad alienare il patrimonio pubblico, a privatizzare i servizi e a mettere sul mercato finanziario i beni comuni.
Oggi, i risultati della trappola del debito e delle politiche di austerità sono sotto gli occhi di tutti e la funzione pubblica e sociale dei Comuni è profondamente messa in discussione, con sindaci e amministratori sempre proni e subalterni ai poteri forti della rendita immobiliare e finanziaria, ma sempre dritti e a petto in fuori nel comandare una guerra ai poveri chiamata «decoro».
Ma c’è chi dice «No». Dentro le comunità territoriali si sono in questi anni formate realtà di base che hanno deciso di prendere di petto la trappola del debito e di avviare, congiuntamente al lavoro di indagine sul debito pubblico nazionale fatto da Cadtm Italia (Comitato per l’annullamento dei debiti illegittimi), percorsi di audit sul debito locale, finalizzati alla riappropriazione della ricchezza sociale, dei beni comuni e di tutto ciò che, da sempre, alle comunità territoriali appartiene.
Si tratta di mettere in discussione ciò che viene dato per oggettivo e insindacabile – il debito e il suo pagamento- per rimettere al primo posto il patto di stabilità sociale e il pareggio di bilancio sociale, invece di inseguire vincoli finanziari che hanno l’unico obiettivo di mettere nelle mani del mercato tutto quello che sinora ne era stato escluso, perché terreno dei diritti e dei beni comuni.
Tutte queste realtà si sono date un nuovo appuntamento di incontro nazionale, sabato 6 ottobre a Napoli (ore 10.30-17.30, presso l’Asilo (vico Giuseppe Maffei 4). E naturalmente vi aspettano.