La lista della società civile alle prossime elezioni europee, il cui nome verrà deciso con una consultazione on line sul sito www.listatsipras.eu durante questo weekend, corrisponde alla lettera ai canoni di questo realismo.
Sembrava
un’impresa impossibile, la solita velleità di qualche intellettuale che
gioca all’engagement (così ghignavano i soloni dell’establishment).
Eppure, in pochi giorni, 24 mila cittadini hanno aderito, non con una
firma tanto per mettersi a posto la coscienza, ma offrendo disponibilità
a essere protagonisti attivi nel lavoro organizzativo e comunicativo
per realizzare questa lista. E in forme artigianali, dunque talvolta a
tentoni e con inevitabili errori, si stanno organizzando fin nelle più
piccole città.
D’altro canto, le adesioni più note (da fratel
Arturo Paoli, 102 anni, medaglia d’oro per la sua azione durante la
Resistenza, figura imprescindibile del cristianesimo contemporaneo, a
Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, a
Furio Colombo, Curzio Maltese, Adriano Prosperi, Lorenza Carlassare,
Corrado Stajano, Moni Ovadia, Carlo Freccero. Andrea Scanzi, Luciano
Canfora, Roberta De Monticelli, Ermanno Rea, Nadia Urbinati, Massimo
Carlotto...) testimoniano di quanto sia ampio lo spettro dell’opinione
pubblica che vive come una amputazione claustrofobica di democrazia la
prospettiva che riduce la libertà di voto all’alternativa “o Renzi o
Grillo”.
L’appello “l’Europa al bivio”, lanciato da Andrea
Camilleri, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli, Guido Viale
(e chi scrive), dopo la giornata italiana di Alexis Tsipras (il leader
greco in testa ai sondaggi nel suo paese, e che sarà il candidato alla
presidenza europea di questa lista) sta dunque diventando realtà.
L’“impossibile” – una lista autonoma della società civile che sfondi lo
sbarramento del 4% – si sta rivelando un possibile in via di
raggiungimento. Un acuto giornalista come Riccardo Barenghi,
inizialmente assai scettico, lo ha riconosciuto su La Stampa in
una cronaca esemplare per onestà. E l’ammissione che la “linea Tsipras”
è l’unica ragionevole perché l’Europa (quella dei cittadini) non
tracolli sotto le cure micidiali della cancelliera Merkel e della
finanza d’azzardo, ogni giorno che passa fa nuovi proseliti e tra breve
diventerà senso comune.
Non solo fra gli economisti
riformisti, ormai perfino dentro il Pd. Lo riconosce Civati nel suo
blog, lo riconosce Fassina in un lungo articolo su il manifesto. Peccato
che entrambi, con impavido sprezzo della logica aristotelica, restando
nel confortevole calduccio del Pd, continuino a portare vasi alla Samo
della “Grosse Koalition” europea che Merkel e Schulz (candidato del Pd)
hanno già messo nella bisaccia. Ma il coraggio..., come diceva un
personaggio del Manzoni, con quel che segue.
Cambiare
l’Europa si può. Cambiamo l’Europa, con Tsipras, è quindi il realistico
messaggio, affidato a ciascun cittadino. Perché la concreta possibilità
non si vanifichi, guardiamo però il bicchiere mezzo vuoto. Le
difficoltà. Gli ostacoli. Le insidie.
150 mila firme, di cui
almeno 30 mila in ciascuna circoscrizione (compresa quella che riguarda
solo Sicilia e Sardegna) e almeno 3 mila in ciascuna regione (compreso
il Molise e la piccolissima Valle d’Aosta), certificate da notai o
pubblici ufficiali comunali: sono una enormità. Esprimono la ferrea
volontà dei partiti già rappresentati in Parlamento di difendere
gelosamente il loro monopolio, sbarrando la porta alla società civile e
alle sue liste.
Una enormità. Che però si può raggiungere. Se
una parte rilevante dell’associazionismo democratico, impegnato in
questi venti anni in una miriade di lotte locali e nazionali, spesso
vittoriose e poi “tradite” per mancanza di rappresentanza (l’acqua
pubblica, ad esempio) si mobiliterà pienamente.
Se i
ventiquattromila cittadini che hanno firmato non aspetteranno che
“dall’alto” (siamo quattro gatti!) arrivino risorse organizzative, ma
inventeranno tutti i modi per auto-organizzarsi, utilizzando il sito www.listatsipras.eu per coordinarsi e moltiplicare le energie.
Se
i piccoli partiti che vogliono davvero combattere, in Europa come in
Italia, il regime asfittico delle larghe intese sosterranno questa
iniziativa senza pregiudiziali.
Se il mondo della cultura e
della scienza vedrà un ampliarsi ulteriore delle adesioni, e se quello
del cinema, della musica, dello spettacolo, vedrà fiorire uno slancio di
passione civile e di impegno lucido e generoso, tanto più essenziale
quando il monopolio mediatico d’establishment cerca di annegare una
iniziativa scomoda nel silenzio.
Mentre la politica “politicosa”
dei palazzi continua nelle sue beghe di potere, questi “se” possono
trasformarsi in altrettanti “sì”, dimostrando che c’è un mare di
cittadini pronto a riprendersi la politica anziché rassegnarsi.
“È perfettamente esatto, e confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile”. Non è un sognatore a parlare così, ma un classico del più esigente realismo politico, Max Weber.