Il più importante è legato al fatto che, per la
prima volta da
diversi decenni nel nostro Paese, i lavoratori hanno scioperato
per cinque
giorni contro la privatizzazione in quanto tale, in un momento
in cui,
dal Governo alla quasi totalità degli enti locali, il mantra
delle
privatizzazioni viene ossessivamente ripetuto come inevitabile
panacea
per i conti pubblici.
Questa volta, i lavoratori di Genova non hanno scioperato per
ridurre il
danno di una scelta considerata inevitabile : hanno messo in
discussione
la scelta in quanto tale, costringendo le istituzioni locali, ma
anche
i media mainstream, a confrontarsi con il tema non
preventivato
della rivendicazione di un servizio che sia pubblico e di
qualità.
Sta in questo il denominatore comune con la battaglia del
movimento per
l'acqua e con la vittoriosa campagna referendaria del giugno
2011: la rottura
dello schema precostituito - privato è bello o comunque
inevitabile - e
l'apertura di uno spazio politico per un diverso modello di
pubblico.
In secondo luogo, la lotta dei lavoratori del
trasporto pubblico
di Genova è stata radicale e vissuta in prima persona: cinque
giorni di
sciopero comportano conseguenze economiche e sociali pesanti per
chiunque
vi abbia partecipato.
Ma la determinazione con cui è stato condotto segnala la
profondità di
un cambiamento culturale che, aldilà della specifica conclusione
della
vertenza, parla all'intera società e a tutti i movimenti in
campo, dichiarando
possibile l'apertura di un conflitto ampio contro il patto di
stabilità
e i vincoli monetaristi e la rivendicazione della
riappropriazione sociale
dei beni comuni e dei servizi pubblici, come già indicato
dall'esito referendario
della battaglia sull'acqua.
In terzo luogo, lo sciopero dei lavoratori di Genova
è stato capito
e compreso dagli abitanti della città, che, seppure in forma
ancora passiva,
non hanno ceduto alle sirene neoliberali che, da sempre, cercano
di trasformare
la cittadinanza in clientela e di contrapporre i diritti dei
lavoratori
ai bisogni dei cittadini.
Aggiungendo a questo dato l'attiva solidarietà promossa dal
Forum Beni
Comuni di Genova, che raccoglie decine di realtà locali, a
partire dal
Comitato Genovese Acqua Bene Comune, abbiamo il quadro di una
tessitura
potenzialmente fertile per mettere in campo un altro modello di
città,
fondato sui beni comuni, sulla funzione sociale del lavoro,
sulla democrazia
partecipativa.
Infine, la lotta dei lavoratori di Genova chiama in
causa direttamente
gli enti locali, mettendone a nudo le contraddizioni e
costringendoli a
scegliere se continuare ad essere l'ultimo terminale dei diktat
monetaristi
da scaricare su lavoratori e cittadini o decidere di essere i
primi rappresentanti
di un territorio e degli abitanti che lo abitano.
Anche in questa direzione, l'esempio di Genova parla in senso
generale
: senza una lotta condivisa e determinata contro l'attuale patto
di stabilità,
gli enti locali, per quanto cerchino di qualificare come nuova a
loro azione,
si troveranno attivi artefici della spoliazione della propria
funzione
sociale.
Lo sciopero dei lavoratori del trasporto pubblico di Genova
parla alla
società: per tutte queste ragioni il Forum italiano dei
movimenti per l'acqua
è stato e continuerà ad essere con loro.
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