Ovvero un'informazione che l'allora premier avrebbe anticipato all'ingegnere, su un decreto per trasformare le casse di risparmio in spa, valorizzandone il valore sul mercato. La transazione su queste azioni frutta all'editore de la Repubblica 600 mila euro in pochi giorni, perché la acquista basse prima del decreto e le rivende alte dopo. L'urgenza dell'operazione si manifesta in una conversazione telefonica tra De Benedetti e il suo agente, durante la quale il primo parla esplicitamente di una notizia sicura, ricevuta di prima mano da Renzi, circa l'imminente decreto di trasformazione. Il broker ascolta, conviene e esegue l'acquisto al volo di un bel "cesto" di azioni. Gli interessati smentiscono che ci siano state "soffiate" privilegiate (inside trading), dicendo che era tutto già noto, con il conforto di periti e Consob. Insomma, va tutto in archiviazione.
Ora, la cosa potrebbe essere circoscritta a una vicenda
tra compagni di tartine. Ma De Benedetti è editore de la
Reppubblica.
E c'è una concomitanza che colpisce. Repubblica inizia
ad avere una linea filo-renziana sempre più marcata, che
sorprende e allontana molti lettori, che invece vedono
nell'emergente politico di Riano una spregiudicatezza in
continuità con quella di B. Siamo nel 2015 quando De
Benedetti incassa la plusvalenza delle casse di risparmio
e nello stesso anno sente il bisogno di sostituire il
direttore Ezio Mauro - un mastino dell'antiberlusconismo
che non ha soggezione del potere - con Calabresi. Scalfari
subisce il cambio con un netto fastidio iniziale per non
essere stato coinvolto, al punto che sembra imminente un
suo ritiro, ma poi fa buon viso. Anzi, inizia sempre più a
manifestare apprezzamento per Renzi nei suoi fondi
domenicali.
Repubblica tratta bene Renzi, perché il suo editore ne
è intimo amico? Non ci sono prove, ma i lettori sono più
intelligenti di quanto li reputi l'establishment.
Massimo Marnetto