Il ddl firmato dal presidente della commissione Giustizia Nitto Palma per trasferire d’ufficio e allontanare definitivamente dai processi di cui sono“giudici naturali precostituiti per legge”, ex art.25 della Costituzione, i magistrati ”politicizzati” ha avuto, per ora, vita breve ed è stato relegato in un trafiletto o sterilizzato nelle pagine interne dalle “grandi testate”.
Si è assistito a una gara per ridurre la portata incostituzionale e intimidatoria dell’”uscita” di Nitto Palma in cui il Corriere si è impegnato al massimo sottolineando tra l’altro come nella logica delle larghe intese il compito di fare da relatore sia toccato a Felice Casson (Pd), ex pm a Venezia e titolare di inchieste storiche che, testuale, non ha demonizzato in alcun modo il testo Palma pur evidenziandone “alcuni punti critici”.
Insomma i soliti che vogliono vederci un vulnus alla indipendenza della magistratura e alla libertà di espressione e che, sottinteso, sono sempre pronti a “insorgere” per un nonnulla sarebbero quelli dell’Anm che peraltro si è limitata a segnalare il rischio di condizionamento indiretto sull’esercizio della funzione giudiziaria.
Quelle che vengono chiamate eufemisticamente criticità riguardano due questioni fondamentali: la incredibile cancellazione della tipizzazione degli illeciti disciplinari che non essendo definiti possono prevedere tutto e la possibilità di intervento sanzionatorio che include una misura estrema come il trasferimento d’ufficio del magistrato. E’ facilmente comprensibile anche per i non addetti ai lavori che al di là della polemica sul presunto stop di sei mesi ai processi, una manna per Berlusconi sul fronte Mediaset e Ruby, trasferire un magistrato comporta “fisiologicamente” come conseguenza un rallentamento del procedimento.
L’”uscita” di Nitto Palma che ha suscitato perplessità anche in Sandro Bondi, forse per un consolidato gioco delle parti, viene circa una settimana dopo il tentativo di dimezzare la pena per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, un reato da sempre in cima agli incubi di B. and friends e che ha relegato Marcello Dell’Utri dietro le quinte, dove per altro si muove molto a suo agio, come conferma il rinvio a giudizio per l’inchiesta sulla P3. Un’inchiesta, non a caso oggetto di molte apprensioni e dunque di reiterati tentativi di azzoppamento soprattutto attraverso il nuovo bavaglio sulle intercettazioni.
Il progetto-sogno di tenere i magistrati alla catena non è certamente nuovo e sappiamo per esperienza che la sua realizzazione appare molto concreta quando domina lo spirito “bicamerale” e prosperano “le larghe intese”.
Che la bicamerale di Berlusconi-D’Alema realizzasse sul fronte della giustizia il progetto della P2 non se lo sono inventato i soliti accusati di vedere complotti e inciuci in ogni tentativo di mediazione politica: lo ha dichiarato a più riprese e in varie interviste Licio Gelli che ha comprensibilmente rivendicato il copyright sulle bozze Boato.
Ora abbiamo il governo Berlusconi-Napolitano e abbiamo già avuto modo di assistere a silenzi vergognosi o a balbettii impercettibili da parte del Pd ma soprattutto del Capo dello Stato, presiedente dell’organo di autogoverno della magistratura, davanti alle aggressioni del partito di Berlusconi nei confronti della Cassazione, quando ha rigettato con parole chiare il legittimo sospetto sollevato contro il tribunale di Milano.
Il clima è dunque dei migliori per lanciare in ogni occasione qualsiasi scorreria anti-magistrati; i precedenti non mancano.
E la continuità con i peggiori anni della nostra storia di cui la P2 è la suprema sintesi, è più salda che mai come conferma, al di là delle sue reali intenzioni, l’ineffabile Luigi Bisignani nel suo libro illuminante già dal titolo “L’uomo che sussurra ai potenti”.